Alla fine dello scorso anno, la notizia dei 100 milioni di euro di liquidazione previsti sul contratto del manager portoghese di Stellantis, Carlos Tavares, aveva scatenato una raffica di polemiche, soprattutto se messa in relazione all’andamento non positivo dell’azienda ancora radicata sul territorio italiano in termini di posti di lavoro. Oggi dalle pagine della Verità l’editorialista Mario Giordano è tornato prepotentemente sull’argomento attaccando Tavares e, neanche troppo indirettamente, gli Elkann: “Nell’ultimo anno – scrive Giordano – la produzione di automobili della ex Fiat è scesa a 283.000 esemplari, come non accadeva dal 1956, prima del boom economico. Le vendite sono diminuite del 12 per cento, i ricavi del 17 per cento, gli utili del 70 per cento; gli operai in cassa integrazione sono aumentati al numero record di 20.000, in pratica uno su due”. Ma i sussidi statali non sono bastati, dal momento che, continua Giordano, sotto la guida di Tavares il personale è stato ampiamente ridimensionato: “Ha buttato fuori 15 lavoratori su 100”.

Citando il calcolo del giornalista Gianni Dragoni sul Fatto Quotidiano, Giordano continua a colpi di cannone tirando in ballo un bottino di “solo 52 milioni di Euro” – un dimezzamento, dunque, rispetto alle cifre che circolavano in passato – per la buonuscita di Tavares a cui si aggiungono a cui si aggiungono i compensi guadagnati alle dipendenze di Elkann: “23 milioni di euro (63.000 euro al giorno) nel 2022 e 36 milioni di euro (quasi 100.000 euro al giorno nel 2023)”, continua Giordano. Tavares è approdato in Stellantis dopo l’esperienza come amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione di Groupe PSA, gruppo industriale francese che raccoglie al suo interno, tra gli altri, i marchi Peugeot, Citroën e DS Automobiles. In quegli anni il gruppo ha acquisito il marchio tedesco Opel, operando tagli drastici alle spese per la ricerca e il personale, con il licenziamento di oltre il 50% della forza lavoro del marchio tedesco. “L’ascia” di Tavares è diventata la spada di Damocle pendente sulle teste degli operai, fino ai tagli che hanno riguardato anche lo storico stabilimento di Mirafiori a Torino: “Dicono che si sia appassionato di auto frequentando l’autodromo di Estoril. Ha corso rally, ha una scuderia tutta sua, colleziona auto d’epoca… insomma di auto sa proprio tutto, tranne come si fa a produrle e a venderle. È per questo che la pagavano così bene: per chiudere le fabbriche”, conclude tagliente Giordano.

Il giornalista non è nuovo a frontali di questo tipo, specie nei confronti degli gli Agnelli-Elkann. Solo pochi giorni fa Giordano si era scagliato contro le grandi famiglie dell’economia italiana, in particolare contro di discendenti di quei capitani d’impresa che negli anni hanno costruito veri e propri imperi industriali dando seguito alle rispettive dinastie imprenditoriali: “Prendete gli Agnelli, fabbriche vuote e tasche piene mentre gli operai sono per strada loro sono lì a contendersi tesori infiniti, quadri, gioielli, soldi nascosti nei paradisi fiscali accusandosi l'un l'altro di maltrattamento e di evasione. Gli eredi delle grandi famiglie dell'economia italiana che stanno disperdendo immensi patrimoni di soldi e di credibilità rotolandosi nel fango e nella vergogna non sono le vittime, le uniche vittime sono gli italiani”, aveva tuonato, come sempre, Giordano.
