Le dimissioni del Ceo di Stellantis Carlos Tavares stanno scuotendo il mondo dell'auto e della politica. Il manager portoghese, che sembra aver ricevuto una liquidazione di 100 milioni di euro (ma lui ha smentito), come mai è entrato così in rotta con gli azionisti? E quali sono i veri problemi alla base delle sue dimissioni? Ha influito il fatto di aver puntato tutto sulle auto elettriche? E quanto è stato privilegiato il mercato francese a discapito di quello italiano? Hanno pensato le divergenze con il Cda da un punto di vista strategico, poi i pessimi numeri del terzo trimestre, che hanno visto un crollo consistente rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente? Sono tutte domande che abbiamo rivolto al super esperto, ex giornalista di Repubblica Valerio Berruti, ora editorialista per l'Espresso, che ci ha chiarito il futuro di Stellantis, le mosse del Governo francese e di quello italiano, quali sono i possibili sostituti di Tavares, quali i motivi che hanno incrinato il rapporto con gli azionisti e perché un ruolo cruciale lo hanno avuto gli Stati Uniti. Poi ci ha anche parlato di Formula 1, di cosa vuol dire per Ferrari non vincere il premio costruttori e come mai ha puntato su un profilo come Lewis Hamilton per il 2025 e non un giovane. E, Charles Leclerc, è davvero il predestinato come lo definisce Vanzini? O non ne nascono più fenomeni come Ayrton Senna e Michael Schumacher?
Dimissioni di Tavares, cosa ne pensa?
Erano dimissioni che erano state annunciate a inizio 2026. Un anticipo di questo genere sicuramente è il segnale di una profonda rottura tra Tavares, l'amministratore delegato di Stellantis e gli azionisti. Rottura che mi sembra sia caratterizzata da una serie di mancati obiettivi raggiunti, da una serie di stati critici sui vari mercati, a cominciare soprattutto dagli Stati Uniti.
Mercato degli Stati Uniti entrato in crisi.
Sì, gli Stati Uniti rappresentano da sempre la gallina dalle uova d'oro di Stellantis, ma quella parte è entrata fortemente in crisi per una serie di incomprensioni e vedute diverse tra Tavares e i manager americani, che hanno fatto sì che le macchine venissero accantonate sui piazzali, che le vendite scarseggiassero, che nessun tipo di programmazione e strategia venisse applicata da loro. Questo ha fatto sì che il crollo delle vendite e dei ricavi fosse abbastanza importante: questo è stato uno dei motivi principali della rottura. Poi ci sono altri motivi che ci riguardano forse più da vicino.
Quali?
Sono i cosiddetti mercati europei e italiani, che non hanno funzionato. I mercati sono in crisi, le vendite di Stellantis sono state abbastanza ridimensionate sia in Europa che in Italia. Ma soprattutto in Italia c'è una situazione molto difficile per Stellantis, ci sono gli stabilimenti praticamente fermi e le vendite sono assolutamente in discesa. I dati di lunedì ci dicono che Stellantis ha perso circa il 24%, difronte a un mercato che ne ha perso il 10%. La Fiat addirittura ha perso il primato di marchio più venduto in Italia, primato che penso avesse da sempre. L'ha perso ad agosto a scapito di Toyota e Renault. Tutta questa situazione ha fatto sì che scoppiasse il problema.
Quante le responsabilità di Tavares e quanto, invece, l’errore di una scelta strategica comune?
Tavares ci ha messo del suo, perché quando sono state annunciate le sue dimissioni con un anno di anticipo, si è compiuta una prima rottura perché lì si sono un po' esasperate le diverse posizioni. Vi faccio un esempio?
Certo.
Elkann e una parte di Stellantis non erano proprio così favorevoli sul puntare tutto sull'auto elettrica. Tavares invece ha fatto il contrario, cioè ha puntato tutte le sue carte sull'auto elettrica e questo ha comportato diversità di visioni. Poi un altro motivo di rottura è stata l'audizione in Parlamento, perché Tavares si è scontrato in maniera molto dura con il Governo accusandolo di non fare niente per l'industria italiana, di avere in realtà aumentato soltanto i prezzi, dicendo che l'energia in Italia costa più di qualsiasi altro paese europeo, che il costo del lavoro è altissimo e che quindi lui non avrebbe potuto più produrre a quelle condizioni. In sostanza chiedeva nuove sovvenzioni, nuovi incentivi, cosa che non era più possibile.
Quindi gli Elkann, anche tramite le dimissioni di Tavares, stanno tentando di dialogare nuovamente con il Governo?
Gli Elkann, quello che era la Fiat prima e oggi Stellantis, sono sempre stati gruppi di aziende filogovernative, perché tutti avevano bisogno di dialogare con il Governo, quindi sicuramente questa costituisce una riapertura, una prova di dialogo, dove l'azionista principale, cioè Elkann, scende in campo in prima persona. Adesso è lui l'unico responsabile, l'unico con cui trattare. Adesso bisognerà vedere cosa accade in Francia, ma il governo italiano ha fatto sapere da subito che si poteva riaprire il dialogo con Stellantis per poi realizzare le operazioni europee nei confronti dell'opposizione alle norme che prevedono per il 2035 l'abolizione dei motori endotermici, il Green Deal… Insomma, avere Stellantis a fianco. Sicuramente l'uscita di Tavares rappresenta la possibilità che questo accada o che comunque si ricominci. Tavares però è stata una persona che ha garantito agli azionisti super ritorni.
Ovvero?
Parliamo di 23 miliardi di dividendi in quattro anni, quindi il suo mestiere sotto quel punto di vista lo ha fatto abbastanza bene, e gli azionisti per questo lo ringrazieranno. La sua buonuscita, che si dice sia intorno ai 100 milioni, è anche frutto di questo lavoro finanziario che rappresenta anche uno dei limiti di Tavares. Si è occupato molto della finanza e poco dell'industria, di progettazione, piani prodotto. Al momento molti dei marchi di Stellantis non hanno modelli nel cassetto, non hanno strategie per il futuro. Parlo di Lancia, Alfa Romeo, Abarth, sono marchi che stanno perdendo molto dell’appeal e che hanno pochissimo prodotto, sia odierno che per il futuro.
Se il governo italiano ha teso una mano, come stanno le cose con quello francese?
Quello francese è azionista della parte Psa, quindi è direttamente interessato e adesso la partita si giocherà anche su quello. Perché Stellantis è un gruppo composto da una parte francese e da una parte italiana, è divisa equamente e fino a lunedì l'amministratore delegato era espressione dei francesi. Quando è stata costituita Stellantis, Tavares era il capo di Peugeot, quindi adesso questo equilibrio potrebbe rompersi. Il governo francese ancora non ha espresso nessun giudizio, ma presto anche loro si faranno sentire. Questo è il motivo per cui il successore di Tavares non arriverà domani, ma i tempi saranno molto lunghi, il che fa presupporre l'accordo di tante parti. Tempi che non aiutano né dal punto di vista finanziario né industriale. Il giorno dopo le dimissioni di Tavares il titolo in borsa non riusciva neanche a riaprire in Italia, così come nel resto d'Europa, e a fine giornata ha perso circa 7%. Ora rischia di incrinarsi anche quell'aspetto finanziario che finora aveva funzionato. Bisognerebbe dare delle certezze agli azionisti, e in questo potrebbe contribuire sicuramente anche il governo francese.
Nella questione Stellantis, secondo una certa narrazione, sembra che tutte le colpe siano del Governo italiano.
Noi la vediamo dal nostro punto di vista perché Stellantis ha diverse fabbriche in Italia. La maggior parte delle fabbriche sono divise tra Italia, Francia e Stati Uniti. Gli stabilimenti, al momento sono praticamente fermi: Mirafiori è ferma fino all'8 gennaio, Pomigliano altrettanto, Melfi cammina a turni ridotti e blocchi. Sono decine di migliaia i lavoratori in cassa integrazione, ma questo non riguarda solo ora. Negli ultimi due anni la cassa integrazione e il fermo degli stabilimenti è stato un elemento molto importante, che quindi ha creato dei malesseri sociali, problemi con i lavoratori, i dipendenti e le famiglie. Quindi è chiaro che il governo italiano, in questo senso, è abbastanza coinvolto, soprattutto perché questo gruppo, come altri, ha usufruito di sovvenzioni statali, dalla cassa integrazione fino agli incentivi. Ma la Francia è altrettanto coinvolta perché, tra l'altro, lo Stato è azionista. Però è anche vero che in questi quattro anni diversi stabilimenti si sono concentrati proprio in Francia, a discapito di quanto è accaduto in Italia, molte delle produzioni che prima Marchionne aveva spostato in Italia ora torneranno all’estero. Aveva portato la Panda dalla Polonia in Italia, e adesso ritornerà in Serbia.
A proposito di Marchionne, c’è chi ha paragonato Tavares a lui.
Non è assolutamente un paragone fattibile, anche solo per formazione. Tavares è un uomo nato sull'automobile, è uno di quelli che vengono definiti "car guys", mentre Marchionne è sempre stato un uomo di finanza, di Borsa, che quando arrivò in Fiat sapeva veramente poco di automobili, ma era un grande manager che si è messo a studiare che cosa poteva significare produrre automobili per poi diventare piuttosto esperto. Ma le due figure sono diverse. Marchionne aveva anche delle intuizioni, oltre che industriali, anche politiche: decidere di spostare la produzione della Panda in Italia è stata un'operazione abbastanza importante. È l'automobile più venduta dalla Fiat, è un'auto che esiste dal 1980 e c'è ancora oggi, in Europa è la Citycar più venduta, quindi un'automobile di straordinario successo. Lui stesso diceva che su quello ci avrebbe perso sotto altri punti di vista, ma da un punto di vista d'immagine e di occasione per il paese ha svolto il suo ruolo. Una cosa del genere ovviamente Tavares e chi stava dietro di lui, ovvero gli azionisti, non l'hanno mai fatta.
Semmai hanno fatto il contrario.
Sì, hanno spostato quelle produzioni. La nuova Panda non verrà più prodotta in Italia, quindi questo anche è parte di una strategia che porta il gruppo Stellantis più lontano dall'Italia, non più vicino. La parte italiana di Stellantis è stata in qualche modo trascurata, non valorizzata, l'accusa che ha fatto il governo italiano non è un'accusa così campata in aria, quando dice che Stellantis ha trascurato e non ha valorizzato i marchi italiani o comunque ha fatto finta di valorizzarli.
In che senso finta di valorizzarli?
C'è un caso che è quello dell'ultima Alfa Romeo. L'Alfa aveva deciso di chiamare "Milano" il nuovo modello e lì c'è stata un'opposizione del ministro Urso, quindi del governo, che ha obiettato sul nome, perché non si può utilizzare il nome di una città italiana per chiamare un'auto che di italiano non ha niente, che è prodotta fuori dall'Italia, ma è stata solo progettata qui. Ci sono stati degli attriti su questo punto, tant'è che Stellantis ci ha messo 24 ore per tornare indietro e quel Milano è diventato a Junior… Quindi il governo italiano fa il suo mestiere, e se ognuno facesse il proprio mestiere forse la cosa funzionerebbe meglio. Ma in questo caso, trattandosi di una multinazionale, gli equilibri non sono proprio perfetti, anche perché fino a lunedì quello che teneva il comando della nave, Tavares, era un'espressione della Francia, che probabilmente è stata favorita. Ora che l'azionista di riferimento è Elkann probabilmente ci può essere un riequilibrio delle forze, ma questo è tutto da vedere, da qua ai prossimi mesi poi capiremo meglio quello che succederà.
Il 17 dicembre c'è il tavolo al Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) con il governo, che cosa ci dobbiamo aspettare?
Niente di particolare, anche perché il nuovo assetto di Stellantis non c'è, quindi prima di poter vedere qualche cosa di importante e concreto dovremo aspettare il nuovo anno.
Chi potrebbe essere il sostituto di Tavares?
L’uomo di cui si parla molto è Luca De Meo, il capo di Renault, ex principale collaboratore di Marchionne, uno dei "Marchionne boys", anche se questo ovviamente è stato smentito, ma la smentita sappiamo che conta poco. Solo che il suo arrivo presupporrebbe nuove alleanze, perché se Renault entrasse in Stellantis come si era ipotizzato qualche tempo fa, cambierebbero completamente gli assetti a favore della Francia e sicuramente De Meo potrebbe essere il capo di tutto. Ma parliamo di un futuro non vicinissimo, prima bisognerà risolvere il problema del nuovo assetto di Stellantis. Tra i nomi che circolano, ci sono soluzioni interne con Jean-Philippe Imparato, di Antonio Filosa che è il capo dell'America, un italiano che potrebbe guidare questa fase. Ci potrebbe essere una fase di transizione fino a una scelta più definitiva in base a nuove alleanze.
Intanto, la Ferrari rischia di non vincere il mondiale costruttori, ma è uno scenario ancora aperto. Che cosa vorrebbe dire un’eventuale sconfitta?
Vincere non vuol dire niente. Ci arriverà sicuramente vicino, ma quello della Ferrari è un anno di transizione. La Ferrari ha un valore talmente forte che sia che vinca o che perda sempre Ferrari rimane. Certo, è importante recuperare competitività in Formula 1, ma la Ferrari, essendo il centro della Formula 1, questa non esisterebbe senza la Ferrari. Per cui il titolo sarà sempre incentrato su di lei, sarà sempre “ha vinto la Ferrari” o “ha perso la Ferrari”. Ciò che c'è intorno è sicuramente importante, nascono delle scuderie nuove e il caso della Red Bull è molto sintomatico, ma quasi tutto gira attorno alla Ferrari, che ha dei bilanci incredibili, guadagni pazzeschi e valori che non ha nessuna casa automobilistica.
È significativo nell’ottica della competitività di Ferrari aver scelto un profilo come quello di Lewis Hamilton per il 2025?
È una scelta tecnica, sicuramente, perché Hamilton ancora qualcosa la può dire, ma è anche una scelta di immagine perché lui è il pilota più rappresentativo come volto della Formula 1, è il pilota che ha vinto maggiormente rispetto a quelli che corrono oggi. Ma è comunque una persona a fine carriera. Per cui, se si vuole muovere una critica, si può dire che non hanno certo investito su un profilo giovane. Ma a volte servono anche operazioni così per rilanciare un sistema. Che nel 2025 Hamilton vinca è tutto da vedere: dipenderà da lui ma anche dalla macchina.
E su che giovane avrebbe dovuto puntare la Ferrari?
Bisogna andarseli a cercare, ma ci sono giovani che stanno esplodendo come Oscar Piastri, è un mercato molto complicato quello della Formula 1. Un altro nome su cui avrei puntato è quello di Verstappen. Chiaramente uno pensa sempre di prendere Maradona, ma magari gli sfugge o non c'è. Forse profili come Schumacher o Senna non ci sono più. Per quanto riguarda i giovani bisogna avere la capacità di coltivarli, di trovarli, cosa che però la Ferrari ha sempre fatto. Anche Leclerc è stata una scelta importante, che però ha attraversato un periodo in cui la macchina non era delle migliori. Se non avesse avuto questi problemi forse Leclerc avrebbe vinto due titoli mondiali.
Leclerc è davvero “il predestinato” come lo chiama Carlo Vanzini?
Potrebbe essere. Sicuramente è un grande pilota, per cui al momento mi trovo d’accordo con la definizione di Vanzini.