“Non rimpiangeremo Carlos Tavares. Il sostenitore della teoria darwiniana applicata però solo ai lavoratori. Ora diventa ancora più urgente riconvocare John Elkann in Parlamento. Domani scriverò a Fontana”, ha detto Carlo Calenda sulle dimissioni, accettate dal consiglio di amministrazione, del Ceo di Stellantis. Già in passato il segretario di Azione aveva criticato l’operato del manager, sottolineando come, a suo parere, il piano industriale fosse insufficiente (se non addirittura assente). Le reazioni politiche sono tante: dalla Lega di Matteo Salvini, che ha diffuso una nota molto dura (“Siamo curiosi di sapere quanto prenderà Carlos Tavares come ‘premio’ economico dopo la sua disastrosa gestione”), ad Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che hanno posto l’accento sul “processo di delocalizzazione”, passando per Maurizio Gasparri, il quale ha invece parlato via social (“Tavares non ci mancherà”). Ma cosa succede ora a Stellantis? John Elkann ha già detto che il cda è alla ricerca di un sostituto, e nel frattempo sono filtrate le cifre della liquidazione dell’ormai ex Ceo: si parla di 100 milioni di euro (il suo stipendio era di 40 milioni all’anno). E altri dati certificano la crisi dell’azienda. A ottobre le vendite sono calate del 17%, con poco meno di 130mila vetture vendute in Europa. Anche le quote di mercato sono diminuite: 14,4% a fronte del 17,4% di un anno fa. Nel terzo trimestre del 2024 c’era stato anche il crollo del 27% dei ricavi. Oltre al nuovo manager al posto di Tavares, però, si discute su che direzione debba prendere l’azienda: che fare con l’elettrico? Forse meglio concentrarsi sulle auto ibride? E gli stabilimenti fermi fino a gennaio 2025 che fine faranno? La politica, indipendentemente dall’orientamento, si è rivolta in maniera decisamente critica nei confronti di Elkann, Stellantis e di Tavares. E anche la Stampa ha speso parole durissime.
“Tavares è un duro con una fama di tagliatore di costi. Ma chi lo ha paragonato a Marchionne ha clamorosamente sbagliato. La capacità di Marchionne di analizzare i punti di forza e di debolezza di un’azienda e la rapidità e determinazione nell’agire sono purtroppo rimasti ineguagliati”, leggiamo nel pezzo di Teodoro Chiarelli, “Tavares ha deciso di adeguare velocemente l’azienda allo scenario elettrico imposto dall’Unione Europea. Peccato che il mercato non abbia risposto e la politica neppure: le auto elettriche costano troppo e gli incentivi sono insufficienti”. Incentivi insufficienti ma comunque cospicui, come avevamo scritto qui. Per l’elettrico, invece, la concorrenza cinese è sempre più dura. Sempre sulla Stampa si sottolinea che Tavares ha avuto molte difficoltà a muoversi con la politica sia dal lato del governo, sia con i sindacati. A questi ultimi infatti non è mai stata garantita la quota di un milione di auto prodotte in Italia. E certamente il suo successore avrà un’eredità ancora più pesante.