Per il settore dell’automotive questo 2024 non si è aperto proprio nei migliori dei modi, e più si va avanti, più la situazione peggiora; e di tanto anche. Insomma, già solo la grande crisi di Volkswagen, uno dei più grandi produttori al mondo, dovrebbe accendere vari campanelli di allarme, ma sono solamente i numeri delle vendite che mostrano con effetto il quadro reale delle quattro ruote in Europa. Un quadro a dir poco deprimente. A riportare questi dati è il quotidiano La Verità in un articolo a firma di Sergio Giraldo, in cui si dimostra come “rispetto all’agosto del 2023 le immatricolazioni di nuove auto nell’Ue […] hanno registrato un grosso calo (-18,3%) con i risultati peggiori nei quattro principali mercati perdite a due cifre in Germania (-27,8%), in Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%), con il mercato spagnolo che è risultato in calo del 6,5%”. Ciò che fa più preoccupare è che a crollare sono state le vendite di tutte le tipologie vetture, anche quelle con motore endotermico tradizionale, quindi alimentate o a benzina o con gasolio. Per quanto riguarda, invece, le auto elettriche, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, si segnala “un meno 36% in agosto che diventa un meno 44% se si considera tutta l’Unione europea”. L’unica eccezione è rappresentata dai veicoli ibridi puri, questi saliti del 6,6%. Numeri che, inevitabilmente, si riversano anche sugli stessi produttori. Tra i peggiori, però, spicca il gruppo italofrancese Stellantis, guidato da John Elkann e Carlos Tavares, che ha fatto segnare un -29,5% nel mese di agosto, peggio addirittura della stessa Volkswagen (fonte La Verità). E in questa situazione che sfiora la tragedia, il ceo portoghese dell’azienda si è tirato fuori dalla richiesta dell’Acea alla Ue di rivedere i termini del Green Deal, rimanendo di fatto isolato in tutto il settore. Intanto l’associazione, in una nota ufficiale, ha voluto ribadire che “mancano le condizioni cruciali per raggiungere la spinta necessaria nella produzione e nell’adozione di veicoli a zero emissioni: infrastrutture di ricarica e rifornimento di idrogeno, nonché un ambiente di produzione competitivo, energia verde accessibile, incentivi fiscali e di acquisto e una fornitura sicura di materie prime, idrogeno e batterie”. Ma, prima che l’intero automotive europeo rischi il fallimento, esiste una soluzione a tutto ciò?
Secondo quanto riportato da Claudio Antonelli su La Verità, ci potrebbero essere alcuni, pochi, spiragli di speranza. Per esempio, “il ministro Adolfo Urso ha incontrato virtualmente il collega ceco, Josef Sìkela. Hanno concordato di anticipare dalla fine del 2026 ai primi mesi del 2025 l’attivazione della clausola di revisione prevista dal ‘Regolamento in materia di emissioni di Co2 delle autovetture nuove e dei veicoli leggeri’”. Ma non è tutto, infatti, scrive lo stesso giornalista, “la scorsa settimana in una lettera al neo commissario al clima […] Ursula von der Leye sottolineava la necessità di avviare emendamenti a favore dell’e-fuel (i carburanti alternativi, ndr). Chiaramente – specifica Antonelli- in rappresentanza delle istanze tedesche”. E questo potrebbe rivelarsi sicuramente un punto a favore per l’Italia, che “può cercare l’altro spicchio di alleanza. Appoggiare Berlino in cambio dell’emendamento al biofuel. Si tratta – sottolinea il giornalista – della nostra industria e della capacità di fornire carburanti con livelli di eccellenza e con vantaggio di non dover modificare né le linee produttive delle auto, né la catena di approvvigionamento”. Inoltre, negli scorsi giorni ci sono state delle prove di disgelo tra l’Ue e la Cina, separate dai dazi sulle auto elettriche del Dragone. Infatti, “sembra – scrive Bianca Carretto sul Corriere – che le parti vogliano condividere l’interesse a instaurare relazioni stabili e costruttive, basate sul rispetto delle regole […] Necessariamente dovranno essere instaurate relazioni economiche più equilibrate”.