Osservando il (triste) andamento del mercato delle quattro ruote europeo, ma soprattutto italiano, siamo arrivati a un punto in cui è possibile affermare con grande certezza, e con assoluta onestà, che le auto elettriche non hanno avuto quel grande successo che tutti, o quasi, si aspettavano. Insomma, questi veicoli ecologici e a zero emissioni avrebbero dovuto cambiare le nostre abitudini, migliorandole, rivoluzionare la mobilità e abbattere le emissioni. Beh, non è successo nulla di tutto ciò, e adesso, dopo le grandi imposizioni volute dall’Unione europea negli anni scorsi, ci troviamo ad analizzare quello che sembra assumere i tratti di un grande, colossale fallimento; ma le conseguenze non sono mica finite qui. Già, perché secondo quanto riportato da Carlo Cambi su la Verità, “accecata dal miraggio verde l’Europa è finita in un vicolo senza uscita”, e adesso, per il consulente strategico del ministro della difesa Gianclaudio Torlizzi, adesso “si rischia di distruggere un intero comparto industriale e di obbligare gli Stati a spese fuori controllo”. Sintetizzando il pensiero dell’esperto: “Andare avanti costa moltissimo, tornare indietro è insostenibile”. E adesso il 2035, anno in cui l’intero parco auto del Vecchio continente dovrebbe diventare elettrico al cento per cento, si è trasformato una sorta di minaccia che mette con le spalle alle spalle al muro produttori, cittadini, e gli stessi Paesi. Insomma, si legge ancora sul quotidiano, la messa al bando dei motori termici “ha messo in gravissima crisi la prima industria del continente: quella dell’auto”. E adesso sembra non esserci più soluzione, anche se…
Il primo campanello d’allarme è suonato in Germania, dove le case automobilistiche, scrive Cambi, “hanno piani d’investimento per 900 miliardi sull’elettrico, ma stanno tutte tornando indietro. Le auto a pila non si vendono – sottolinea il giornalista – e quelle che si vendono sono cinesi, ma tutto il mercato dell’auto è in panne”. Arrivati a questo punto, dunque, non resta che far parlare i dati del mercato. Questi affermano che “le macchine alla spina - nei primi sette mesi di quest’anno - in Europa sono ferme alla quota d’immatricolazioni del 13,8% e in Italia al 3,9%”. Stessa considerazione per la produzione, che “nei primi sei mesi del 2024 in Italia si è contratta del 32%, in Francia del 7,6%, in Germania del 6%. Con questi numeri […] uno dei settori trainanti della nostra industria, quello della componentistica per auto che vale l’8% del Pil e raggruppa in 2.200 aziende 168mila occupanti, è destinato da qui al 2030 a dimezzarsi”. Ma a risentire del flop delle elettriche è anche il lavoro, visto che “nei primi sette mesi dell’anno le ore di cassa integrazione sono aumentate del 28% […] – di conseguenza – le incertezze sui motori endotermici porteranno da qui a sei anni a una contrazione di fatturato di sette miliardi nel settore, a meno 20mila post di lavoro, con un’azienda su due che chiuderà”. Non il massimo delle aspettative, e una situazione che conferma la previsione di Eric Heymann, allora capo economista della Deutsche Bank, per cui “il green deal provocherà una caduta del benessere con una notevole emorragia di posti di lavoro, l’industria dell’auto in Germania perderà 840mila occupati se si vuole attuare il green deal bisogna imporre un’eco-dittatura”. Ma c’è una via di uscita? Per Torlizzi, parole riportate sempre da Cambi, “bisogna subito revocare la scadenza del 2035, poi impostare un piano industriale […] È un fallimento madornale […] Potrebbe essere colmato solo se la Bce intervenisse emettendo debito da lei garantito che non grava sui singoli Stati. Non c’è una sola economia in Ue capace di reggere il fallimento dell’auto elettrica e se ne esce solo smontando il green deal. Ma la Bce non lo può fare perché non è la banca centrale dello Stato europeo …] L’unica speranza è che arrivino i cinesi a produrre in Europa”. Inoltre, scrive Cambi, “c’è uno studio fatto dall’Università del Nevada che spiega: in Europa si sono fatti cento regolamenti e zero incentivi, in America cinque protocolli e 740miliardi di dollari d’investimenti. Così gli Usa continuano ad andare in macchina e l’Europa resta a piedi”.