Per i produttori di auto, soprattutto quelli europei, il 2024 non dev’essere il migliore dei momenti. La crisi che ha investito, ormai dal post pandemia, l’intero settore delle quattro ruote sembra inasprirsi sempre di più. Molti, infatti, sono i costruttori in difficoltà, incluso Volkswagen, quasi un totem nello scenario del Vecchio continente. A soffrire di più, però, sembra essere Stellantis. Per il colosso italofrancese, nato dalla fusione di Fca (ex Fiat) e Psa (Peugeot), dopo la spinta degli incentivi elargiti dal governo per l’acquisto delle nuove automobili, sono tornati i problemi; e adesso il gruppo guidato da John Elkann (presidente) e Carlos Tavares (ceo), potrebbe essere vicino a quella che il giornalista Tobia De Stefano de La Verità definisce una “débâcle epocale”. Il riferimento è alle “proiezioni che i sindacati periodicamente elaborano rispetto ai siti della maggior casa automobilistica del Paese”, e questi prevedono che “molto probabilmente da qui alla fine dell’anno non si raggiungeranno le 500.000 vetture prodotte”. Un numero significativo, e che va comparato con la promessa di raggiungere quota un milione, e soprattutto con le 750.000 unità del 2023. Le cause? Anche in questo caso, secondo De Stefano, bisogna puntare il dito contro le full-electric e il clima di incertezza con cui l’elettrificazione e le (dubbie) politiche green dell’Ue hanno influenzato l’automotive. “In più – continua il giornalista –, Stellantis ha delle peculiarità nel suo rapporto con l’Italia […] Il punto è che i dirigenti della casa francoitaliana sembra abbiano colto la palla al balzo per allontanarsi dal Belpaese. E da questo punto di vista la vicenda della gigafactory di Termoli è pragmatica”. Si tratta dell’immensa opera che doveva sorgere in Molise, presentata come “una svolta storica per il futuro delle auto elettriche in Italia. E pochi mesi dopo ripudiata perché ci si era resi conto che il mercato delle batterie non tirava”. Questione che ha riacceso i dibattiti tra il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso e la stessa Stellantis, che adesso “ha confermato che una gigafactory, dopo quella francese, verrà realizzata in Spagna, a Saragozza”. E a tutto ciò, bisogna anche aggiungere la (difficile) situazione degli stabilimenti italiani ex Fiat. Nello specifico, si legge sempre su La Verità, “che i casi più complicati si stiano vivendo a Mirafiori e Melfi lo dicono i fermi alla produzione ele conseguenti ore di ‘riposo forzato’ dei dipendenti in cassa integrazione […] ma il problema è che anche nelle fabbriche che avevano mantenuto con i denti il segno più davanti, Pomigliano e Atessa, le cose sono peggiorate”. E la situazione, di certo, non migliora in Borsa, dove “il titolo crolla del 14,7%” (fonte Libero). In una situazione del genere, “se oggi il consuntivo arrivasse a quota mezzo milione, verrebbe considerato un successo”. Ma c’è una soluzione?
Prima di parlare delle (probabili) soluzioni, forse dovremmo cominciare dalle cause. In molti, infatti, per questa crisi di Stellantis hanno trovato il colpevole nella figura dell’amministratore delegato del gruppo: Carlos Tavares. Tant’è che sul nome del dirigente portoghese negli ultimi giorni hanno cominciato a circolare vari rumors di separazioni o, addirittura, licenziamenti. Per il direttore responsabile di Libero Mario Sechi il ceo “va sostituito prima che sia troppo tardi”, ma non si tira indietro a spartire le colpe. Per il giornalista, infatti, “i guai di Stellantis sono del franco-portoghese nella gestione quotidiana, ma hanno un altro nome e cognome sulle scelte strategiche, quello di John Elkann e dei suoi soci, i francesi del gruppo Peugeot che sono stranieri in America e alieni in Italia”. E tutta questa carica di problematiche, hanno spinto la cronaca automobilistica a prevedere, non senza qualche dettaglio (forse) rivelatore, una possibile fusione del colosso con Renault, altro gruppo francese guidato però dall’italiano Luca De Meo (ex Fiat). Sogno o realtà? Per Claudio Antonelli de La Verità, che parla anche di un possibile coinvolgimento di Bmw in questo matrimonio a quattro ruote, a cui ha fatto riferimento anche Matteo Renzi “invocando un colosso Ue per l’ex Fiat”, ci sarebbero alcune difficoltà. Infatti, scrive nel suo articolo, “dovremmo sapere che, se non si rivolta la strategia Ue come un calzino, mettere assieme due zoppi non significa fare un centometrista e nemmeno un maratoneta”.