“Ci sarebbe da festeggiare e invece l'unico che festeggia è lui con la buonuscita”, dicono gli operari di Mirafiori dopo le dimissioni del Ceo di Stellantis Carlos Tavares, che sembra aver ricevuto una liquidazione di 100 milioni di euro (il suo stipendio era di 40 milioni l’anno). Dimissioni comunicate il 1° dicembre da John Elkann al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma cosa succede ora a Stellantis? Il cda è alla ricerca di un sostituto, e ad interim ci sarà John. E quali i veri problemi che hanno portato a questo repentino cambiamento di scenario? Prime le divergenze con il Cda da un punto di vista strategico, poi i pessimi numeri del terzo trimestre, che hanno visto un crollo consistente rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. C’è solo questo dietro alle dimissioni di Tavares o una brutta litigata avvenuta nel weekend? E ora, quale il profilo migliore per sostituirlo? Ne abbiamo parlato con la giornalista del Corriere della Sera Bianca Carretto, una delle firme più autorevoli nel settore, che ci ha raccontato gli ultimi attimi di Sergio Marchionne, che cosa pensava davvero l'imprenditore di Tavares e che cosa ha fatto Elkann poco prima che lui morisse. Tutti i retroscena inediti e clamorosi sulla famiglia Elkann: c'è davvero l'ipotesi di vendere la Ferrari oltre a Repubblica e La Stampa nonostante la famiglia lo neghi?
Dimissioni di Tavares, che idea si è fatta?
Tavares ha fatto il suo gioco, si è fatto licenziare. Ha creato i rapporti tesi con l'azionista, ossia con John Elkann, e come conseguenza, si è fatto licenziare con la certezza di portare a casa la sua liquidazione che era stata concordata nel momento in cui era stata stabilita la sua uscita, che doveva essere nel 2026. Per cui adesso forse porterà a casa ancora di più dei cento milioni. E alle spalle ha lasciato un disastro, perché questa è la verità. Tavares ha annullato tutta l'auto italiana, l'industria italiana. Oggi le fabbriche in Italia sono praticamente tutte chiuse e non esiste più l'auto italiana, perché il suo obiettivo o il mandato che lui aveva avuto dagli azionisti era quello proprio di chiudere tutti i rapporti con l'Italia.
Mi sta dicendo che lui ha agito autonomamente su mandato degli azionisti?
Probabilmente lui ha agito inizialmente su mandato degli azionisti. Poiché è un tipo arrogante, presuntuoso e a volte anche maleducato, chiaramente ha avuto degli screzi con gli azionisti che hanno giocato a suo favore.
In che senso?
Tavares si è fatto mandare via, non è vero che ha dato le dimissioni come tutti dicono, si è fatto cacciare, così sicuramente ora gli devono dare la liquidazione.
E come avrebbe fatto a farsi cacciare?
Si è scontrato con loro, ha stuzzicato finché ha potuto l'azionista, che automaticamente gli ha detto che avrebbero interrotto i rapporti. Erano divergenti su tutti i progetti futuri, ma pare che ci sia stato uno scazzo abbastanza violento.
Tra Tavares e John?
Certo.
E quando sarebbe avvenuto questo scazzo?
Nel fine settimana. Elkann ha visto che le vendite sono crollate del tutto, che di modelli nuovi non ve ne sono, che i concessionari sono furiosi e i piazzali sono pieni di macchine invendute. Non si può vendere una Panda o una Ypsilon a 25 mila euro, quando, invece, come prezzo, dovrebbe essere al massimo sui 17-18 mila euro. Non si può, perché esci automaticamente dalla concorrenza. Soprattutto oggi, che nel mercato stanno entrando molto bene i coreani e anche i cinesi, con prodotti che non sono proprio cheap, ma di alta qualità.
Secondo Dagospia all’origine della discussione ci sarebbero anche le dichiarazioni di Stellantis, che il 24 settembre 2024 annunciò l’addio del manager portoghese nel 2026.
Certamente dopo quell'annuncio Tavares ha giocato tutte le sue carte, a un certo punto ha pensato: “Benissimo, tanto me ne devo andare, adesso provoco per ribaltare la situazione”. Ricordatevi che Tavares è un uomo con pochi scrupoli, è passato, e io lo conosco da quarant’anni, attraverso diverse case automobilistiche, ma ha sempre avuto poca simpatia per gli italiani. Lui viveva in Portogallo, un giorno gli ho detto “purtroppo, lei vede solo il mare, noi invece in Italia abbiamo un'industria importante”. In Portogallo che industrie ci sono dell'auto? Nessuna. E lui questa cosa la viveva con sofferenza, provando poco rispetto per gli italiani.
Che futuro avrà Stellantis?
Non so che decisioni possano essere prese e non so neanche chi oggi possa prendere le funzioni di Tavares. Lasciamo fuori Luca De Meo da questa storia. Tutti continuano a dire che possa esserci una fusione tra Stellantis e Renault. Ma non sanno che non può essere fatta perché esiste l'antitrust. Le regole dell'antitrust vietano la fusione tra queste due aziende.
Però Macron potrebbe rimettere mano alle regole.
Sì, è chiaro che il Presidente francese è nella posizione di cambiare le regole, essendo tutte e due le aziende, sia Stellantis che Renault, partecipate dallo Stato francese. Non c'è un'ipotesi valida in questo momento, è inutile fare nomi, perché tutto può succedere. Solo Macron può decidere che la Renault può fare meno di De Meo e che lui possa passare a dirigere tutto il gruppo, per cui anche Stellantis, quando hanno trovato il sistema per fare la fusione. Sono tutte ipotesi, di concreto non c'è nulla, se non che Stellantis ha una situazione drammatica e questa è la verità.
Come vede il periodo di transizione con Elkann solo al comando?
Mi è piaciuta la presa di posizione di Elkann che ha finalmente iniziato a fare il padrone. Il nonno, l'Avvocato Giovanni Agnelli, ha sempre fatto nella sua vita il padrone, quello che stava da parte, che non si occupava dell'ordinaria amministrazione, ma era lui a decidere e oggi John ha finalmente preso le redini in mano. Io spero che questo sia l'inizio di una sua evoluzione non solo umana, ma manageriale, che sappia gestire questo momento che è indubbiamente il più difficile.
Ce lo vede Elkann nei panni di manager?
Mi ripeto, oggi lui deve fare il padrone, cercare un manager valido, che non è facile, perché quelli bravi sono tutti occupati e prima di accettare un ruolo in Stellantis, ci pensano bene. Tavares è stato vigliacco, perché è scappato. È scappato con i soldi però.
C'è chi paragona Tavares a Marchionne.
Lo posso giurare su qualsiasi cosa al mondo: Marchionne non poteva vedere Tavares. Marchionne più di una volta mi ha detto “Bianca lui ci voleva comprare”, ma Marchionne voleva creare una partnership industriale, non certamente una fusione. Mi diceva “è una brutta figura, io non lo voglio neanche vedere”. In alcune occasioni, in certi saloni dell'auto dove io ero vicino a Marchionne, lui mi chiedeva di non lasciarlo solo e di stare al suo fianco, per coprirlo perché c’era Tavares dentro allo stand e lui non lo voleva salutare. Voleva che lo nascondessi per non vederlo, eravamo a questi livelli. Si dicono tante cose senza conoscenre la verità.
Visto che lei l'ha conosciuto molto bene, cosa direbbe oggi Marchionne di quello che ha fatto Tavares?
Non l'avrebbe mai permesso. Il grosso dramma della Fiat, e io la chiamerò sempre Fiat, è stata la morte di Marchionne. Quando lui è morto, la Fiat di fatto è finita. Sergio era in uno stato di coma irreversibile quando John Elkann ha preso conoscenza della realtà è andato a Parigi e ha venduto la Fiat ai francesi mettendosi nelle mani del personaggio Tavares.
Ma che rapporti c'erano veramente tra Marchionne e John Elkann?
Marchionne aveva un legame fortissimo con l'Italia. Tutti dimenticano che lui è stato un ragazzo che a 14 anni ha lasciato il suo Paese per emigrare in Canada, per cui il ritorno in Italia per lui è stato qualcosa di importante non solo per la sua carriera, ma anche per il suo percorso umano. Era tornato finalmente in Italia per occupare uno dei posti di prestigio più alti, era diventato Ceo dell'azienda italiana che era conosciuta in tutto il mondo, anche in America. L'avvocato Agnelli per me è sempre stato un grande esempio, aveva un carisma eccezionale che John non ha ancora saputo esprimere, e soprattutto sapeva fare il padrone. Lui demandava a un manager che, in seguito controllava. Non so se John è in grado di farlo. Marchionne era diventato più importante dell'azionista e questo aveva creato certamente delle gelosie. Quando si parlava di Fiat si parlava di Marchionne, non di Elkann. Qui ci voleva l'umiltà di una visione nel riconoscere di avere il manager più invidiato e rispettato in tutto il mondo, che aveva riportato la Fiat in auge ovunque. Dentro di sé Marchionne prima di andarsene sapeva come stavano le cose.
E come stavano?
I rapporti alla fine non erano molto idilliaci, perché al di là dei loro show o quando erano nei saloni, dove si facevano vedere uniti, a livello personale le cose non andavano. Certamente Marchionne non aveva gradito di essere stato licenziato.
C’è stata irriconoscenza da parte degli Elkann?
Certamente poca riconoscenza. Marchionne era ammalato da tempo e i problemi di salute che aveva non si erano sviluppati in un giorno. Lui era tormentato e più di una volta mi ha detto “ricordati, che io non lascerò mai Torino. Non chiuderò mai le fabbriche italiane”. Lui era amato dagli operai, anche quando prendeva decisioni scomode, che chiaramente come Ceo era obbligato a prendere perché doveva difendere l'azienda. Ma lui era amato. Io ho visto l'inaugurazione di Melfi, dove camminava in mezzo ai corridoi e tutti gli operai lo applaudivano, ma non applausi scontati, erano applausi di gratitudine che venivano dal cuore.
Lui cosa le disse quando aveva capito che oramai se ne stava andando, sul futuro della Fiat?
Sergio capiva che avrebbe dovuto lasciarla la Fiat. Ha combattuto come un pazzo fino all'ultimo giorno. Eravamo a Roma sotto i pini del Pincio, a presentare la Jeep ai Carabinieri, lui li adorava perché suo padre era stato un carabiniere. Quel giorno mi sono resa conto che lui era ammalato grave, era gonfio, non riusciva a respirare, mi ha chiesto aiuto “non ce la faccio parlare”, mi diceva. Io cercavo di mascherare ilsuo dramma, gli tenevo la mano perché avevo paura che cadesse e gli dicevo “adesso tu non parlare”, facevo io lo show, ridevo per dargli tempo di riossigenarsi perché lui voleva poi affrontare la presentazione. C'era il generale dei Carabinieri che lo aspettava, ma quel giorno per me è stato un momento che non potrò mai dimenticare, in primis perché ho capito che lui era molto grave.
Marchionne si era fatto curare?
Quel giorno gli ho detto di fregarsene di tutto il resto, doveva andare in un ospedale, doveva curarsi concretamente, ma lui mi ripeteva solamente “tu mi devi aiutare ad arrivare al marzo 2019”, solo che è morto nel luglio 2018, e il 2019 sarebbe scaduto veramente il suo mandato e lui sarebbe uscito dall'azienda. Ma sono convinta che nel marzo 2019 lui si sarebbe seduto al tavolo con gli azionisti, con Elkann e avrebbe voluto qualcosa del gruppo Fiat che contava più del denaro. Avrebbe voluto l'Alfa Romeo, la Lancia, qualche marchio che avrebbe salvato. Era ancora convinto di avere un futuro davanti. Io ho un ultimo suo messaggio, il giorno dopo mi scrisse “ti ascolto e vado in ospedale”, è andato in Svizzera perché gli garantivano la privacy che in Italia non avrebbe avuto.
La sento molto commossa nel ricordare Marchionne.
Io non lo dimenticherò mai perché è stato un esempio di formazione proprio per la mia vita. Aveva una genialità che ho trovato in pochissimi personaggi, ma mai così completa. Era una persona speciale, sapeva ridere, commuoversi, esprimere dei sentimenti che non sono così spontanei in tanti manager. Aveva quasi una doppia personalità. Pareva ombroso, duro, scorbutico, aveva un'azienda da gestire. Ma allo stesso tempo era un uomo con sentimenti molto nobili e soprattutto amava l'Italia.
Un'ultima domanda, cosa significherebbe se la Ferrari non dovesse vincere il Mondiale costruttori?
Mi sono sempre occupata di Formula 1 da tifosa, per cui come italiana è chiaro tifo Ferrari, essendo ancora il marchio italiano che potrebbe rappresentarci. Potrebbe non vincere e certamente sarebbe un altro punto negativo per l'industria italiana. Tutto quello che ci rimane è circoscritto nella Motor Valley, ho grande rispetto di Dallara, per esempio, che da solo fa vetture speciali, come ho un grandissimo considerazione per la Lamborghini. È vero che il capitale della Lamborghini non è italiano, ma a me non interessa, importante che costruiscano in Italia, consolidando proprio la tradizione automobilistica italiana. Loro si dichiarano un marchio italiano, se poi la proprietà è tedesca, è ininfluente. Vorrei che tanti tedeschi, cinesi, americani venissero in Italia e occupassero tutti quegli stabilimenti che oggi la Fiat ha lasciato vuoti. Se gli operai non lavorano questo è il vero problema, oggi tutte le fabbriche lungo lo Stivale sono in cassa integrazione.
Al di là delle azioni degli Elkann cosa è rimasto di italiano in Ferrari?
Il nome. Almeno il nome Ferrari sarà sempre un nome italiano, qualsiasi possano essere i futuri azionisti. Spero che Elkann non la venda, ha sempre detto che non ha intenzione di farlo…
Ma c'è anche solo l'ipotesi che Elkann voglia vendere la Ferrari?
Lui lo nega, io rispetto quello che lui dice, ma nella vita non si sa mai. Oggi Elkann deve affrontare problemi non di poca importanza: deve cercare il sostituto di Tavares e mettere in piedi una situazione che dire drammatica è dire poco.
Elkann ha smentito anche la volontà di vendere Repubblica, eppure se ne parla.
Non so se vuole liberarsi del settore editoriale. Io sono torinese e ho imparato a leggere su La Stampa. Anche lì, come nelle auto, c'è una storia che non dovrebbe finire. Elkann nega entrambe le cose e io non sono nella sua testa, ma ho visto posizioni ribaltarsi in modo improvviso, per cui non mi sento di escludere nulla, tantomeno ipotesi che sembravano impossibili e che poi si sono rivelate vere.