Tante cose si possono dire sull’attuale situazione del settore automobilistico italiano, che ormai sostanzialmente di per sé non esiste più, come è stato più volte ripetuto da vari esperti del mondo delle quattro ruote, e tante colpe, vere o presunte, vengono addebitate a John Elkann e alla sua politica attuata in Fiat a partire da un momento esatto; vale a dire dalla morte di Sergio Marchionne. Il dirigente italo-canadese arriva nell’azienda torinese in un momento tragico, era il 2004 e il brand della famiglia Agnelli perdeva due milioni di euro al giorno, come affermato dalla giornalista di La7 Giovanna Boursier nella sua inchiesta “Autostop” realizzata per il programma 100 minuti condotto da Corrado Formigli e Alberto Nerazzini. Un’inchiesta che tocca vari punti focali della vita di Jaky, l’erede dell’avvocato Gianni Agnelli, e della sua carriera di imprenditore. Un cammino che inevitabilmente incontra l’ingombrante figura di Marchionne. Cinque anni sono passati dalla morte dell’imprenditore che ha salvato l’auto italiana, e dopo cinque anni possiamo dire che quello che lui ha tenuto in vita oggi non c’è più; a rivelarlo, anche se non è l’unica, è la giornalista del Corriere della Sera Bianca Carretto, amica di vecchia data di Marchionne a tal punto da diventarne una sorta di confidente: “Ci scrivevamo molto, poi lui a me diceva delle cose che non avrebbe detto in pubblico”, ha affermato a La7; e così descrive un ritratto intimo e a tratti anche drammatico degli ultimi mesi dell’ex amministratore delegato della Fiat, un piccolo “testamento”…
L’alleanza con Peugeot? La giornalista del Corriere afferma che Marchionne “mai l’avrebbe fatta, a queste condizioni non è stata un’alleanza, questa è stata una vendita. […] Lui voleva fare, quando aveva incontrato Tavares (amministratore delegato di Stellantis, ndr) un’alleanza industriale, e a me ha detto ‘lui Bianca vuole comperarci, non vuole allearsi con noi’”. Ma la questione principale è sicuramente il particolare rapporto che legava l’italo-canadese a John Elkann, di “totale sudditanza” del secondo verso il primo come descritto sempre a 100 minuti da Carlo De Benedetti, adesso analizzato, o meglio ancora svelato, completamente dalla Carretto, la quale mette a confronto anche le due diverse visioni: “Lui (Marchionne, ndr) - sottolinea la giornalista - la Fiat non l’avrebbe mai venduta. […] Lui mi diceva ‘io devo arrivare resistere fino a marzo 2019’, lui - continua la Carretto - era stato […] licenziato da Elkann […] e lui mi diceva ‘io devo rimanere fino a marzo 2019 perché poi faremo i conti’”. Nel mezzo anche la questione legata allo “scorporo della Ferrari”, e a questo proposito, rivela la confidente di Marchionne, Elkann “gli aveva fatto una promessa, che nel momento in cui scorporavano Ferrari l’avrebbero fatto entrare nell’azionariato. E io gli ho detto ‘vedi tu gli Agnelli non li conosci ancora, perché lui ti ha fatto presidente e amministratore delegato, ma il padrone è lui’”. Uno scenario completamente cambiato dai primi anni, quando Jaky era sotto l’ala protettiva di Sergio, ma poi, sottolinea Carretto, “quell’ala protettiva a Elkann ha dato fastidio, allora lui doveva trovarsi un amministratore delegato che gli facesse fare esattamente quello che lui voleva […] chiudere tutto quello, e vender per portarsi via i soldi”. E infine, parlando sempre di John, la giornalista assicura che “l’amore per l’Italia lui non ce l’ha, e non ce l’ha mai avuto per l’industria automobilistica italiana che oggi non esiste più”.