La famiglia allargata Agnelli-Elkann continua a darsi battaglia sulle dubbiose eredità dell’Avvocato Gianni e di sua moglie Marella Caracciolo; due grandi dubbi a cui seguono, quasi a cascata, una lunga serie di reati sospettati, come quello di truffa ai danni dello Stato rivolta a John, Lapo e Ginevra Elkann. La faida “di sangue”, però, non si limita alle immense regge della dinastia torinese, come Villar Perosa, né tantomeno alle chat WhatsApp in cui spesso è balenata l’ipotesi di una pacificazione; tentativi che si sono puntualmente arenati fino al grande scontro. Così, Margherita Agnelli, figlia di Gianni e Marella, e madre dei tre ereditieri, ha deciso di portare questi ultimi in tribunale. Sullo sfondo, tra presunte evasioni fiscali ultramilionarie, possibili tesori nascosti all’estero e firme apocrife, anche l’ipotesi di un riassestamento delle quote della holding di famiglia Dicembre; adesso, dopo la morte di donna Marella nel 2019, in mano a John per il 60%, e il 40% diviso in parti uguali ai suoi due fratelli. Uno scenario che però passa tra le mani del giudice del tribunale delle imprese Enrico Astuni, che ha emesso la sua decisione: “Elkann - riporta Ettore Boffano su Il Fatto Quotidiano - vince un round contro Margherita”…
Il giornalista, vicino alle vicende della royal family italiana, nata intorno alla Fiat, rivela quindi che il giudice ha “stabilito che ‘il controllo qualificatorio e di legittimità e già necessariamente svolto dal notaio rogante o che ha autenticato la scrittura privata’ e che è valido ‘l’atto notarile ricognitivo’ che accompagna i documenti allegati”. Tutto ciò si riferisce al dubbio di Margherita, secondo cui, scrive Boffano, “mancherebbe l’originale (documento, ndr) della cessione da parte di Marella Caracciolo ai tre nipoti, poiché il notaio Remo Morone si era limitato a depositare copie definite solo conformi ai documenti ‘a lui esibiti’”. Si chiude così la prima gioia per gli Elkann in questo lungo scontro che sembra comunque non voler terminare. Infatti, si legge sempre sul Fatto, “l’unica parte della decisione a favore di Margherita […] è la definizione di una successiva cessione delle quote di Dicembre certificata da un notaio svizzero”. In questo caso, riporta il giornalista, le scritture “‘risultano senza autentica, di registrazione e di bollo’, mentre le stesse scritture ripresentate nel nuovo giudizio risultano munite di una ‘attestation et légalisation de signatures’ il cui nome sul sigillo non è leggibile per intero […] e la cui firma in calce è uno scarabocchio semplicemente illeggibile’”. Inoltre, conclude Boffano riportando quando definito dal giudice Astuni, “l’autentica elvetica, infine, ‘è priva di valore giuridico in Italia, non essendo munita di apostille in base alla Convenzione dell’Aja 5 ottobre, né legalizzata da un console italiano’”.