Il Gruppo Stellantis, unico produttore automobilistico di un certo peso rimasto in Italia, continua a far discutere, e nemmeno poco. All’orizzonte si intravede sempre uno scontro con il Governo Meloni e i suoi ministri, soprattutto con Adolfo Urso (imprese e made in Italy) e Matteo Salvini (infrastrutture e trasporti), che ha già avuto i primi round. Dalle richieste di incentivi, che continuano a farsi attendere, al cambio nome dell’ultimo modello di Alfa Romeo, da Milano a Junior. Le richieste, o le pretese, dell’impresa guidata da Carlos Tavares e John Elkann, però, continuano: “L’ex Fiat - si legge su La Verità - pretende tutto quello che ha sempre avuto: fondi pubblici, profitti privati e tesoretto nascosto all’estero”, ma per Maurizio Belpietro (direttore del quotidiano) è arrivato il momento: “Basta soldi agli Agnelli, puntiamo a salvare l’indotto”. L’indotto, ovviamente, è quello dell’industria automobilistica italiana, che sta diventando sempre meno italiana, e soprattutto sempre meno produttiva. Lo evidenzia l’ultima cassa integrazione annunciata per lo storico stabilimento ex Fiat di Mirafiori, a Torino. “Stellantis sta «ricattando» il Governo - scrive il giornalista Tobia De Stefano -. Quello che fino a ieri poteva considerarsi un sospetto assai fondato - sottolinea -, poche ore fa ha assunto i crismi dell’ufficialità […] per tutto il mese di maggio verrà sospesa la produzione alle Carrozzerie di Mirafiori”. Nella motivazione di questa sospensione, Stellantis sottolinea che tutto è legato “all’assenza di ordini per le vetture elettriche a causa dell’assenza degli incentivi in vari mercati europei e in particolare in Italia, dove sono stati annunciati da mesi, ma non sono ancora entrati in vigore” (fonte La Verità). Insomma, la frecciatina alla classe dirigente politica è velata ma netta. Ma qual è il vero obiettivo dell’azienda?
Belpietro sembra avere pochi dubbi al riguardo, insomma, scrive nel suo editoriale, “la Fiat ha sempre esercitato sul Governo del Paese una forte pressione affinché i propri affari venissero preservati. Si voleva investire nelle ferrovie, per meglio collegare gli angoli più lontani d’Italia? Meglio di no, perché meno treni in circolazione equivaleva a più macchine su strada. Il diesel era il motore che garantiva un migliore rendimento e per di più il gasolio costava meno della benzina? Siccome la Fiat in quel campo andava a rilento, meglio introdurre un superbollo che scoraggiasse l’acquisto delle vetture diesel. L’azienda aveva bisogno di svilupparsi e di costruire un nuovo stabilimento - continua Belpietro -? Il Governo ci metteva i soldi e gli Agnelli si prendevano gli utili”. E dopo questa lunghissima serie di riprese storiche, che vanno indietro anche ai tempi della gestione dell’Avvocato, il direttore colpisce ancora più a fondo con l’ennesimo punto di domanda: “Ma poi a che servono gli incentivi? […] Insomma, non è che questa degli incentivi è una scusa per chiudere tutto e trasferire la produzione in Francia, Serbia e Marocco?”. Quindi serve trovare una soluzione, per lo stesso Belpietro questa starebbe nel riprendere l’Alfa Romeo, una tesi già sostenuta mesi fa dallo stesso direttore; ma un aiuto potrebbe venire anche da molto lontano. Claudio Antonelli, sempre su La Verità, ha riportato alla luce un vecchio aiuto statale a Stellantis. Siamo nel 2020, e a guidare il Governo era Giuseppe Conte, alla sua seconda avventura a Palazzo Chigi, e “Sace, la finanziaria di Stato, ha concesso un prestito Covid da 6,3 miliardi tramite Intesa […] - questo, sottolinea il giornalista - restituito a gennaio del 2022 con oltre un anno di anticipo rispetto alla scadenza. […] L’obiettivo - scrive sempre Antonelli - è stato quello di tenersi le mani libere e concentrare gli investimenti in altri Paesi. Soprattutto in Francia”. Ma è proprio in questo articolo che Antonelli evidenzia l’alternativa a Stellantis, vale a dire l’arrivo di produttori stranieri, soprattutto cinesi, disposti a investire nel Belpaese: “È con tale lente - si legge su La Verità - che va letta la notizia di Dongfeng. Il colosso cinese ha avviato le trattative con il Governo per aprire una fabbrica da 100.000 vetture l’anno. Il comitato del golden power si è espresso con parere positivo, senza porre alcuna prescrizione. Ieri - sottolinea Antonelli - è entrato nella partita Paolo Berlusconi che ha investito nel 10% di Df Italia,il rivenditore ufficiale dei suv elettrici di lusso del gruppo”. La salvezza è il Dragone?