L’Italia vuole più auto, auto italiane s’intende, tant’è che il presidente del consiglio Giorgia Meloni ha settato l’obiettivo a un milione di vetture prodotte; ma siamo sicuri che la persona a cui occorre rivolgersi sia John Elkann? Ok, si tratta pur sempre del presidente del Gruppo Stellantis, unico produttore “italiano” rimasto, eppure, secondo Carlo Cambi de La Verità (o comunque stando al titolo), “gli incentivi all’auto finanziano gli affari di Elkann nella sanità”. Il punto focale della questione, dunque, sono gli incentivi statali da una parte e Exor (la cassaforte della famiglia Agnelli) dall’altra; e della recente passione negli investimenti del settore sanitario MOW ne aveva già parlato. Comunque sia, per Cambi esistono due modi di guardare al soggetto Stato, che, visto da una parte, “è quella cosa a cui chiedere sussidi per produrre. Visto da un’altra - invece -, è quella cosa sempre più in affanno a garantire diritti costituzionali come la salute: un affanno - sottolinea il giornalista - che può far comodo a gestori privati della sanità”. Dunque, La Verità passa in rassegna gli ultimi movimenti di Exor sul campo, concentrandosi su dei dettagli poi non così scontati. A Elkann, quindi, “il governo e i sindacati - si legge sul quotidiano - chiedono di produrre più auto e gli vengono in aiuto: un miliardo d’incentivi tra ecobonus e rottamazione. Non hanno capito che la Exor di automobili se ne interessa il giusto”. Ma quindi dove vanno a finire questi soldi pubblici?
Sempre secondo l’analisi di Cambi, esiste una correlazione molto strana, o perlomeno ambigua, si tratta di “una singolare simmetria tra i tagli nell’auto (7.000 posti già svaniti e altri 3.000 in via di sparizione) e gli investimenti in sanità […]. Lo Stato - scrive il giornalista -, incalzato dai sindacati, insegue Stellantis con gli incentivi che sono costati negli ultimi anni 3,5 miliardi: è l’aumento per la sanità stanziato dal governo quest’anno”. In poche parole, riporta La Verità, il rischio è che questi incentivi finiscano nelle tasche dei produttori che operano all’estero (Stellantis compresa), e che lo Stato “funga attraverso il Fisco da aggregatore di soldi che poi gira ai John Elkann di turno”. Insomma, “loro investono gli utili delle auto sovvenzionate negli ospedali a pagamento, magari convenzionati col pubblico”. E intanto, conclude Cambi, “gli operai di Stellantis stanno a guardare”. Ma tornando sul punto dei produttori “italiani” all’estero, si è riaccesa la polemica tra il Gruppo guidato da Elkann e Carlos Tavares e il governo Meloni. Il pomo della discordia questa volta è il nome del nuovo modello di Alfa Romeo, ovvero Milano; auto che, nonostante la denominazione meneghina, verrà prodotta in Polonia. Il primo ad alzare la voce è stato il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, adesso però tocca al vicepremier Matteo Salvini. Il leader della Lega, a margine del G7 sui trasporti, ha dichiarato “io tifo sempre italiano, ma lì, in Stellantis, di italiano è rimasto ben poco” (parole riportate da Il Giornale). Insomma, “che si chiami ‘Milano’ - ha confermato Salvini - per me è una bellissima cosa. Certo che dare lavoro per produrla a operai e terzisti e piccole imprese fuori dal territorio italiano non rende onore alla storia di questo marchio e di questa azienda”. Inoltre, il commento del ministro dei trasporti ha toccato anche il tema dell’elettrificazione: “Distruggere un settore produttivo e imprenditoriale come quello di auto e moto per l’ideologia sinistra […] equivale a spalancare le porte di casa nostra alle moto e ai motorini e alle macchine cinesi, che hanno prezzi fuori mercato rispetto ai nostri, perché lì non ci sono le normative sindacali e ambientali. È chiaro che è una follia, quindi l’Europa dovrà ripensare a questa marcia ideologica” (fonte Il Giornale).