John Elkann è un uomo che solitamente non si lascia mai andare a troppe dichiarazioni; anzi, poche parole, pochissime, e dirette, precise. Eppure, quelle poche volte in cui il nipote dell’Avvocato apre bocca (o scrive lettere) puntualmente si crea una scia di polemiche senza fine. Polemiche che sono scoppiate proprio in questi giorni a causa di una lettera che Jaky ha inviato agli azionisti di Exor, la cassaforte della famiglia Agnelli, in cui vengono elogiati i vari risultati economici, e una crescita che sembra quasi inarrestabile. Peccato, però, che tutto ciò che c’è intorno a John sembra bruciare… Gian Maria De Francesco de Il Giornale, rivela che “la holding […] ha archiviato un 2023 sostanzialmente positivo. […] La crescita è legata agli ottimi andamenti - sia in Borsa che nei profitti - di Ferrari (22,9%, 34,5% dei diritti di voto) e Stellantis (24,2%)”, insomma, per le tasche degli Agnelli le auto giocano ancora un ruolo fondamentale. Ok, nulla di troppo scandaloso, almeno all’apparenza; ma se si guarda la vicenda da più vicino? Le ultime ore sono state caratterizzate da varie diatribe, dalla presentazione del nuovo Suv di Alfa Romeo, che ha riacceso le discussioni con il Governo, agli scioperi di massa degli operai degli stabilimenti ex Fiat, poi il caso Repubblica (giornale di cui Elkann è editore) e gli strascichi della faida familiare per le eredità dei nonni. Intanto però, John appare molto soddisfatto, tant’è che nella sua lettera, riporta Sandro Iacometti su Libero, parla di “floride prospettive di guadagno, utili in crescita e una pioggia di dividendi” e sottolinea come Fiat sia stato “il marchio più forte di Stellantis in termini di volume e vendite”, elogiando anche Mirafiori per la produzione della 500 elettrica, “frase che non suona benissimo il giorno dopo la delusione per il silenzio di Tavares sul futuro dello storico impianto di Torino”, sottolinea Iacometti. Insomma, John applaude, ma non si capisce bene cosa. Ma ad applaudire sicuramente non saranno i lavoratori, visto che “oggi, a Torino, dopo 15 anni - riporta Francesco Bonazzi de La Verità - va in scena il primo sciopero unitario del comparto auto, tra Stellantis e indotto”, questo organizzato da Fim, Fiom, Uilm e Ugl “per chiedere il rilancio delle fabbriche italiane”. E poi, cosa ha a che fare Carlos Tavares con Sergio Marchionne?
Un accostamento secondo alcuni discordante, eppure, riporta ancora Il Giornale, nella sua lettera agli azionisti John ha scritto che “«il 2023 ha segnato il quinto anniversario dalla scomparsa di Sergio Marchionne, uno «straordinario leader e meraviglioso amico, la cui eredità continua» […] Oggi - continua Elkann - vediamo lo stesso coraggio e la stessa tenacia nella leadership di Stellantis»”. Ovviamente il riferimento è all’amministratore delegato del Gruppo, il portoghese che negli ultimi mesi si è distinto per un continuo battibecco con la classe politica italiana, a cui chiedeva costantemente incentivi per le auto elettriche, e per le assidue minacce volte agli stessi stabilimenti nel Paese. L’ultima è arrivata proprio in occasione della presentazione dell’Alfa Romeo Milano, quando rispondendo al ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso e al possibile ingresso di un nuovo produttore nel Belpaese, aveva affermato che “se si fanno entrare i concorrenti non devo più fare tutte quelle auto e non mi servono più tutti quegli impianti”. Ma la novità del Biscione è stata l’occasione anche per un’altra diatriba con il governo, una faccenda di toponomastica. Infatti lo stesso Urso, “riferendosi al nuovo mini-Suv Alfa - scrive De Francesco - ha dichiarato che «non si può produrre in Polonia un’auto che si chiama Milano» perché «non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore», come prevede la legge sull’Italia Sounding”. Infine, messe da parte le questioni automobilistiche, nella famigerata lettera agli azionisti Elkann elogia anche la sua esperienza da editore delle varie testate navigano nell’universo Gedi. “Continuiamo a credere nell’importanza di un giornalismo affidabile e di qualità - parole di John riportate da La Verità -, specialmente in un mondo in cui a volte è difficile fidarsi di ciò che leggiamo […] questo è fondamentale - continua - mentre formiamo le nostre opinioni e, per questa ragione, non dobbiamo mai perdere un giornalismo indipendente, che resti fedele all’identità e ai valori dei giornali e dei lettori a cui si rivolge, e non agli interessi di chi li possiede”. Una narrazione quantomeno ambigua, soprattutto dopo che, scrive Francesco Bonazzi, “circa 100.00 copie di Affari & Finanza di Repubblica sono finite al macero perché il direttore Molinari ha ritenuto un’inchiesta troppo critica nei confronti della «colonizzazione» francese, di cui la vendita di Fiat a Peugeot costituisce un chiaro emblema”. Insomma, i ricavi volano, ma tutto il resto sembra proprio non andare a John; tantomeno in tribunale, dove, riporta ancora Libero, è stato respinto il ricorso dei legali di Jaky: “Tempi e metodi delle iscrizioni nel registro degli indagati sono stati corretti”.