Auto, tra Stellantis (ex Fiat) e Ferrari, sanità, ma anche giornali. John Elkann è un imprenditore dai mille volti, non solo quelli da “tagliatore di teste” e da “ape operaia”, definizioni dategli rispettivamente da Libero e Dagospia. Infatti, esiste anche uno Jaky, questo il suo soprannome storico, in formato editore, capace di controllare alcune tra le più importanti e rinomate testate nazionali. Ma qui c’è un piccolo problema: queste sembrano essere sul punto di esplodere, o meglio ancora di implodere per motivi di dissidi interni, vera e propria sfiducia nella direzione e disaccordi con lo stesso editore. E poi bisogna anche sottolineare una preoccupante fuga di lettori, questa riportata da Il Giornale. Il caso più lampante delle difficoltà di Elkann nel mondo del giornalismo è rappresentato sicuramente dall’ultimo caos scoppiato in via Cristoforo Colombo, a Roma, sede del quotidiano La Repubblica, edito dal gruppo Gedi (Exor). Qui, riporta Carlo Tarallo de La Verità, “centomila copie di Affari & Finanza, inserto economico - sono state - mandate al macero nella notte tra domenica e lunedì scorso”. In breve, spiega Tarallo, “un articolo a firma di Giovanni Pons (con argomento gli intrecci economici tra Italia e Francia, ndr) sostituito in fretta e furia da uno quasi identico firmato dal vicedirettore Walter Galbiati, ma con qualche ritocco probabilmente voluto dal direttore Maurizio Molinari per non toccare la suscettibilità degli Elkann”. A questo proposito, sottolinea Il Giornale, “va segnalato che nelle relazioni economiche fra Italia e Francia diversi capitoli riguardano Stellantis”. Si tratta di un caso con pochi precedenti, che ha dato vita a “una vera e propria bufera che investe la redazione del quotidiano, il cui Comitato di redazione mette in votazione la mozione di sfiducia allo stesso Molinari”. Il risultato? L’esito delle votazioni, fa sapere Il Giornale, “ha deciso di sfiduciare il direttore a larga maggioranza: 164 sì, 55 no e 35 astenuti. A seguire è stato proclamato per 24 ore anche uno sciopero delle firme”. Ma si tratta solamente della goccia che ha fatto traboccare il vaso…
L’articolo censurato di Pons, che analizzava anche le relazioni politiche tra i due Paesi, facendo una comparazione tra il governo di Mario Draghi e quello attuale, parlando della “«consapevolezza raggiunta dalla premier Meloni che l’Italia e le aziende italiane sono state trattate negli ultimi vent’anni come terra di conquista» dai governi e imprenditori francesi” (parole riportate da Il Giornale), non ha fatto altro che dar aria a un incendio che era accesso ormai da tempo. L’ammutinamento dei giornalisti di Repubblica, i quali hanno anche rilasciato una nota in cui spiegano che “il direttore ha la potestà di decidere cosa venga pubblicato o meno sul giornale che dirige, ma non di intervenire a conclusione di un lavoro di ricerca, di verifica dei fatti e di confronto con le fonti da parte di un collega”, è servito quindi a evidenziare una situazione già critica di per sé. Infatti, riporta ancora il giornale diretto da Alessandro Sallusti, “il 28 marzo i cdr «superstiti» delle testate del gruppo Gedi hanno diffuso un documento critico sulla gestione editoriale, soprattutto in relazione alla cessione del settimanale l’Epresso e di tutti i quotidiani locali”. Inoltre, continua l’articolo, “a febbraio, l’assemblea dei redattori di Repubblica ha giudicato «irricevibile» la riorganizzazione del giornale proposta da Molinari” e, riporta sempre Il Giornale, “«a Repubblica è in atto una fuga di lettori superiori alla media di mercato». A dicembre, i circa 400 colleghi, insieme al cdr, avevano definito il loro quotidiano «una nave che affonda»”.