Juventus contro Inter, Peppone e don Camillo, Ferrari e Lamborghini. Adriano Panatta contro Nicola Pietrangeli. Alcune rivalità italiane superano la definizione di “conflitto” e raggiungono uno status superiore, diventando icone di un’epoca, scontro generazionale, di visioni del mondo. Quella tra i due tennisti, poi, ha raggiunto delle vette mai viste. Panatta che risponde a Pietrangeli dicendo che “si faceva le classifiche da solo”; ancora Panatta che, intervistato dalla Gazzetta dello sport, racconta di quella falsa vittoria del rivale in una “Gara di campioni” con l’Alfa 164 (“Ma quando mai? Nicola è fermo come un paracarro”); le incornate su Jannik Sinner, quando quest’ultimo divenne terzo nel ranking: “Pietrangeli è stato numero tre quando la classifica se la faceva lui”, disse Panatta, “è un invidioso”, rispose Pietrangeli. Insomma, una rissa continua che dura da decenni. Ma è ancora Panatta che fa discutere per le sue dichiarazioni: “Non vorrei dire una cosa forte ma la dico lo stesso: bisognerebbe in qualche modo ripristinare le pene corporali”. A chi si sta riferendo il campione? Chi è che si meriterebbe quelle “tre o quattro nervate sul cu*o” necessarie a ritrovare la retta via? “Ovviamente senza esagerare, ma magari se vanno via doloranti per qualche giorno ci pensano prima di fare certe cose”, ha proseguito Panatta dopo una conferenza stampa. Ma quando dice “certe cose” che intende? È forse l’ennesimo scontro con la nemesi Nicola Pietrangeli? No, stavolta i nemici sono le baby gang.
A dire dell’ex tennista, per limitare la diffusione di questi gruppi occorrerebbe ritornare indietro nel tempo, ricominciando a punire fisicamente i più giovani. Niente educa più delle botte, sembra suggerire Panatta, che poi rincara la dose: “Sarebbe meglio obbligarli a spalare concime. Bisogna obbligarli a fare delle cose un po’ umilianti per fargli capire che stanno sbagliando. Poi sono comunque dei ragazzi di 15 anni, non credo siano dei delinquenti incalliti ma semplicemente dei bulletti che però vanno messi, in qualche modo, in riga”. Poche storie, c’è da intervenire presto. E con forza. Per questi ragazzi, però, c’è un’alternativa. Questa è lo sport: “Abitua alla disciplina e al rispetto delle regole. Inoltre, quando uno fa tanto sport la sera è stanco e non ha voglia di fare quello che fanno. I ragazzi sono giovani ma la colpa è anche dei genitori e della scuola, luoghi dove trascorrono molto tempo”. Per una volta, quindi, la guerra non è contro Nicola Pietrangeli. E le “nervate sul cu*o” sono dirette a qualcun altro.