La crisi del settore automobilistico italiano sembra stare molto a cuore al Governo Meloni. Governo che da mesi ha dato vita a una vera e propria battaglia fatta di critiche e risposte dure al Gruppo Stellantis, ma soprattutto a Carlos Tavares (amministratore delegato) e John Elkann (presidente). Insomma, la questione principale risiede nella cosiddetta de-industrializzazione del primo, e praticamente unico, produttore di automobili in Italia. E se anche Fiat (come Lancia e Alfa Romeo) abbandona la patria, urge trovare una soluzione. Ecco allora che il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso si mette al lavoro. Ormai è risaputo dell’obiettivo della Premier di tornare a realizzare un milione di auto in Italia, mantenendo comunque la collaborazione con Stellantis; dall’altra parte della barriera arrivano segnali positivi, “(Tavares, ndr) ha annunciato che erano disponibili a cambiare i loro progetti” ha rivelato Urso al Forum in Masseria. Ma qui rischiamo di trovarci senza auto, ma soprattutto senza lavoro. Ed ecco, quindi, l’idea: attirare in Italia un secondo produttore. E quindi, Cina o Usa?
Sì, perché la partita si gioca qui, su questo bivio; due blocchi completamente agli antipodi, tipo guerra fredda. Ma la scelta, qualunque sia la decisione finale del Governo, potrebbe non portare al risultato sperato: sempre di auto elettriche (e soprattutto di gruppi stranieri) si parla… Comunque sia, sottolinea Sandro Iacometti su Libero, “il ministro […] Urso ha spiegato in Parlamento che sono in atto grandi manovre per mettere all’angolo Stellantis e disinnescare la minaccia di un suo progressivo disimpegno in Italia con l’arrivo di altri produttori”. Tra questi ultimi, rivela sempre il quotidiano, “ci sarebbe il colosso delle auto elettriche Tesla, con cui le interlocuzioni […] vanno avanti da mesi […] considerata l’intesa tra Giorgia Meloni ed Elon Musk”. Dunque, dal blocco occidentale si candida con quello che è forse il brand più conosciuto al mondo sul piano delle auto elettriche. Una soluzione spalleggiata anche dai “recenti problemi riscontrati dal costruttore americano a Berlino - si legge su Quattroruote - […] Non a caso, Urso ha ricordato l’opposizione della cittadina di Grünheide, la quale ha ‘respinto un piano di espansione massiccio dell’impianto Tesla: questo’, ha osservato il ministro, ‘comporterà certamente una decisione del gruppo’”. Dall’altra parte, invece, e cioè dal blocco orientale, sono presenti ben tre soluzioni che potrebbero allettare il Governo italiano.
Infatti, scrive ancora Iacometti, “tra le società a cui l’Italia avrebbe bussato ci sarebbero anche tre case automobilistiche cinesi. Una è proprio la rivale di Tesla, il colosso Byd, che dal Salone di Ginevra ha ammesso i contatti […] con emissari di Palazzo Chigi. Le altre due dovrebbero essere Chery e Geely”. Nomi di gran peso sullo scenario automobilistico internazionale. Ricordiamo anche che Byd ha intenzione di aprire uno stabilimento in Ungheria, entrando di fatto nel vecchio continente, mentre Geely controlla già i brand svedesi Volvo e Polestar. Inoltre, seguendo il filone asiatico, su La Verità la giornalista Camilla Conti riporta anche il nome di Great Wall Motors, visto che, si legge sul quotidiano, i suoi “rappresentati […] lo scorso 11 dicembre sono stati in visita presso l’autorità di sistema portuale (di Brindisi, ndr) e hanno incontrato i vertici del consorzio Asi […]. La strategia sarebbe quella di aprire al traffico di auto a bordo di navi della compagnia Grimaldi”. Dunque, davanti al ministro Urso e il presidente Meloni si trova un folto ventaglio di soluzioni. Ma tutte queste porterebbero a due sole conseguenze, queste descritte proprio da Camilla Conti: “Il rischio è fare auto solo low cost o green”, e il mercato potrebbe risentirne molto; soprattutto per quanto riguarda i veicoli elettrici. Gli automobilisti italiani, infatti, non sono mai stati amanti delle vetture full-electric, e a quanto pare sembrano non esserlo più nemmeno gli stessi produttori. Molti, in queste ultime settimane, sono stati i ripensamenti, l’ultimo quello di Apple che ha deciso di rinunciare a un progetto decennale per entrare nel settore dell’automobilismo verde. Inoltre, bisogna tenere conto anche del prossimo (probabile) cambio di gerarchie sui banchi dell’Ue, con conseguente, e sempre probabile, revisioni dei cosiddetti “piani verdi”, come chiamati dalla Conti. Intanto Adolfo Urso rassicura, o almeno cerca di farlo, sottolineando che, come si legge su Libero, “nessuno si farà infinocchiare dal Dragone”. Ma siamo proprio sicuro che queste sono le soluzioni adatte al Paese e al suo settore, non si tratterà mica un azzardo?