Gli scontri di Pisa rimarcano il rimarcabile e si scordano del resto. Il rimarcabile è quanto espresso, in modo almeno apparentemente oppositivo, dalle due dichiarazioni della prima e della quarta carica dello Stato: Mattarella, che si preoccupa del fallimento della democrazia che picchia dei ragazzi; e Giorgia Meloni, che si preoccupa della sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine (sfiducia che, nonostante innumerevoli casi antecedenti ai fatti di Pisa, resta alta da anni; segno che qualcosa non torna nell’idea di voler difendere le forze di polizia da una delegittimazione in corso). Il resto, invece, è il rimosso, tutto ciò che spesso scalpita dietro le platee di “critici lucidissi” e decisi, ma mai decisivi. Spesso influencer. I cortei, per loro stessa definizione, sono il seguito di qualcuno o qualcosa, di un re o una corona. Allora ci si può chiedere cosa seguano, i manifestanti, cosa nascondano sotto il lungo mantello della protesta. Quale sia il re nudo, che per non essere scoperto si veste di indefiniti e spesso volutamente anonimi (opachi?) accoliti. Camillo Langone, difficilmente eguagliato in quanto a sostanza e brevitas in una sola formula, la Preghiera antipolitica (perché culturale) che esce su Il Foglio, trova il nome dell’idea: collettivismo. E per questo Selvaggia Lucarelli, Flavia Carlini, e altri commentatori si sono irrigiditi. Anzi, peggio. Si sono incazzati. E l’incazzo è il cuneo che verga i trend social, l’antitesi del pennino del polemista, figurarsi del pennino di un lambruschista, cioè di un intellettuale che non ha paura di scendere a compromessi con la moda.
Il tuo articolo inizia – per un orecchio poco allenato – malissimo: “Entrare in un corteo significa dimettersi da persona e diventare piede di millepiedi”. Cosa intendevi?
È così difficile? Io credo che l’uomo sia fatto a immagine e somiglianza di Dio, che sia pertanto unico e prezioso. Quando l’uomo si imbranca, ad esempio partecipando a cortei, scende da questo alto piedistallo e si fa pecora o sciacallo, comunque animale gregario e intercambiabile.
I liberali, hai scritto, fanno pochi cortei. Come esprimono il dissenso?
Questo è un problema e lo si è visto durante la cosiddetta pandemia quando il dissenso è diventato ancora più inesprimibile del solito. Io stesso mi rendo conto di non avere fatto né detto abbastanza, nei giorni allucinanti del confinamento e del coprifuoco, dei passaporti per bere un caffè e delle mascherine per camminare nei parchi. Ma se uno ama davvero la libertà non ama militare: il dissenso militante non fa per me.
Ti senti più “solista”, come hai scritto di chi non apprezza i cortei, o più “solo”?
Mi sento isolato proprio.
Selvaggia Lucarelli ha condiviso il tuo articolo dicendo: “Ma sì, pubblichiamo ‘sta roba come se non esistessero gli articoli 17 e 21 della Costituzione, per esempio”. Ti senti di aver calpestato la Costituzione?
La Costituzione è l'ultimo dei miei pensieri, mi sarebbe dispiaciuto se avessi calpestato il Decalogo e non mi sembra, anzi. I cortei hanno sempre qualcosa di violento e criticandoli mi sembra di rimanere nel solco del quinto comandamento: “Non uccidere”. Secondo il catechismo, non secondo me, questo comandamento proibisce, insieme all’omicidio, l’ira e l’odio: gli ingredienti-base dei cortei.
Un’altra attivista femminista, Flavia Carlini (seguitissima sui social e pubblicata da Feltrinelli), ha scritto una “contropreghiera” più lunga del tuo pezzo e inizia così: “Il foglio, giornale che prende quasi 1.9 milioni di euro di finanziamenti pubblici, pubblica oggi questo articolo a firma Camillo Langone”. Qual è il punto secondo te: non meriti i soldi pubblici, non li merita Il Foglio o i finanziamenti pubblici all’editoria sono da eliminare?
Trovo volgare parlare di soldi, così come di sesso e di salute. Trovo volgare anche l’attivismo, preferisco il passivismo, l’atteggiamento di chi vive e lascia vivere, di chi non si agita per imporre agli altri la propria ideologia. Fammi restare nella mia eleganza e consentimi di tacere.
Perché ci si stupisce che Il Foglio abbia pubblicato un tuo articolo, per altro pubblicando parallelamente anche opinioni totalmente opposte alla tua?
A stupirsi sono i nemici della libertà: proprio non ce la fanno ad accettare l’esistenza di un giornale liberale, di un pensiero differente. Sono persone molto semplici, dualisti ignari delle mille sfaccettature del reale e che pertanto mi hanno seppellito di insulti sul genere di “Fascista schifoso”. Fascista schifoso? Schifoso magari sì, non si può piacere a tutti, ma fascista no, proprio no. È evidente che non hanno letto il mio elogio di Don Minzoni... Sono poi quelli che per farmi tacere vogliono denunciarmi all’ordine dei giornalisti, prefigurato da Mussolini, come loro contrarissimo alla libertà di stampa.
Credi che i lettori “impegnati” italiani siano disabituati a tollerare opinioni diverse dalla propria?
Lettori impegnati? Impegnati in cosa? Ti riferisci per caso a lettori impegnati a impedire a uno scrittore di scrivere? Sarebbe bene che leggessero con meno impegno. O con impegno meglio diretto.
Ti definisci libertario, ma le forze dell’ordine sono concettualmente il braccio armato dello Stato. Con la tua Preghiera li stavi difendendo?
Non so se mi definisco libertario, la parola ha un'accezione troppo vaga, troppo vasta, ho sentito troppi definirsi anarchici e poi nei fatti dimostrarsi socialisti, statalisti. La mia Preghiera non era solo contro i cortei antisraeliani, era contro tutti i cortei, contro l’idea di corteo. Io, per chiarire, sono contrario anche ai blocchi stradali degli agricoltori, di cui pure condivido molte ragioni. Sono contrario a chiunque impedisca la libertà di movimento, sono contrarissimo a chiunque impedisca la libertà di passeggiare incolumi, la libertà di lavorare serenamente senza vedere le proprie vetrine infrante da delinquenti incappucciati. È giusto che la polizia difenda queste libertà.