Colpo di scena in casa Alfa Romeo: dopo meno di una settimana dalla presentazione in anteprima del nuovo B-Suv, l’auto cambia nome e da Milano passa a Junior. Si tratta di una operazione che segue i vari battibecchi dei giorni scorsi tra il Governo e il Gruppo Stellantis; battibecchi centrati proprio sulla denominazione dell’ultimo modello del Biscione. Insomma, il nome voleva in qualche modo celebrare le radici del marchio, e ok; peccato, però, come ricorda Sandro Iacometti su Libero, “che l’unica cosa italiana della nuova auto sfornata dagli Agnelli-Elkann, grandi azionisti di Stellantis, insieme ai francesi, fosse proprio quella, il nome”. Infatti, nonostante Carlos Tavares, Ceo della società, abbia più volte sottolineato l’importanza dell’Italia all’interno della produzione, “resta il fatto che - continua Iacometti - la vettura sarà assemblata in Polonia, nello stabilimento di Tychy che già realizza la nuova Fiat 600 (altro marchio iconico), utilizzando una piattaforma francese e componenti in gran parte stranieri”. Una Milano, dunque, che di milanese ha ben poco; anzi, proprio nulla, e allora la polemica era inevitabile. Nelle ore che precedevano i festeggiamenti per il debutto della vettura proprio nel capoluogo lombardo, il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso tuonava: “Un’auto con il nome Milano si deve produrre in Italia, altrimenti si dà un’indicazione fallace che non è consentita dalla legge Italiana”. Ed ecco il bivio per Alfa Romeo: Milano non può più essere Milano, e quindi che si fa?
“Si riporta il Suv Milano a Cassino - si legge su Libero -, dove vengono prodotti almeno fino al 2026 […] Giulia e Stelvio? Macché, si cambia nome e via”. E allora, quasi con un colpo di reni, a incrinare ancora di più i difficili rapporti tra Alfa e gli alfisti, questi spiegati da Misterpilot Emiliano Perruca Orfei in un suo video YouTube, Jean-Philippe Imparato (amministratore delegato del brand) rilascia una nota in cui spiega come “pur ritenendo che il nome Milano rispetti tutte le prescrizioni di legge, e in considerazione del fatto che ci sono temi di stretta attualità più rilevanti del nome di una nuova auto, decidiamo di cambiare il nome da Milano a Junior, nell’ottica di promuovere un clima di serenità e distensione” (parole riportate da Libero). Il giornalista del quotidiano fondato da Vittorio Feltri, rivela che “sul piatto ci sono risparmi non trascurabili. “Come ha detto Tavares - scrive Iacometti -, «Se costruita in Italia, una Milano sarebbe partita da circa 40.000 euro di prezzo anziché da 30.000»”. E chissà cosa avrebbe detto Sergio Marchionne di fronte a tutta questa baraonda. Beh, secondo Mario Sechi (direttore di Libero), che ha immaginato un eventuale ritorno del manager che salvò la Fiat a Torino, l’italo canadese avrebbe sgridato l’ad francese quasi come un maestro con un allievo, e poi gli avrebbe detto “Imparato, vada a casa, rifletta, prenda il treno per Parigi, veloce. […] Prima passi in amministrazione, lei è licenziato perché non ha imparato niente”.