Il ciclista colombiano Daniel Felipe Martinez, durante un allenamento in Toscana, è stato investito da un automobilista poi sceso dalla vettura per insultarlo. Il video ha cominciato a girare sui social, è diventato virale ed è arrivato all’utente che ha scritto “Investirne uno per educarne cento”. Ora, a due anni dai fatti, l’uomo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di “istigazione a delinquere aggravata dal fatto di aver commesso il reato a mezzo informatico”, mentre l’Associazione dei Corridori Ciclisti Professionisti Italiana (ACCPI) si è costituita parte civile.
La battaglia legale è stata perpetrata da Marco Cavorso, rappresentate dell’ACCPI e appassionato ciclista. Cavorso, nel 2010, ha perso il figlio tredicenne investito da un’auto mentre si allenava in bicicletta.
“Denunciai questa persona proprio per dire basta a questo modo incivile di approcciare il problema della sicurezza stradale - ha spiegato lo stesso Cavorso - Questo è un avvenimento unico in Italia e mi auguro che impedisca, in futuro, a chiunque, di diffondere il mito della sopraffazione e della violenza anche verbale nei confronti degli utenti deboli della strada quali sono i ciclisti. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato in questa battaglia civile, in particolare Carlo Iannelli, che mi ha dato la sua assistenza legale e il sindacato dei ciclisti professionisti italiani ACCPI che è stato riconosciuto stamattina parte civile”.
Il fatto che la giustizia italiana cominci a dare più peso ai cosiddetti “leoni da tastiera” è, senza dubbio, una bella notizia. Senza contare che la strada è di tutti, ed è un diritto dei cittadini poterla percorrere senza temere per la propria vita. Resta il fatto che l’odio per i ciclisti, spesso immotivato, non nasce dal nulla. Come non nasce dal nulla quello per i motociclisti. La libertà (che ci venga regalata da una moto, da una bici o da qualsiasi altro mezzo di trasporto), andrebbe sempre vissuta con il rispetto per gli altri.