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I ciclisti adesso trasgrediscono di più,
ma vengono multati meno

  • di Marco Ciotola Marco Ciotola

1 febbraio 2021

I ciclisti adesso trasgrediscono di più, ma vengono multati meno
Rientrano nel quotidiano manovre di affiancamento che occupano intere carreggiate, mancato rispetto della segnaletica e accensione delle luci la sera come optional. Eppure, le multe per i ciclisti sono appena poche centinaia l’anno

di Marco Ciotola Marco Ciotola

I ciclisti? I registri delle sanzioni ce li racconterebbero come incredibilmente rispettosi delle regole, con poche centinaia di multe l’anno per città; nello specifico, meno di 200 a Milano, 300 a Torino e un massimo di 350 a Firenze, metropoli più “indisciplinata”. Il tutto va però a stridere con una quotidianità fatta di affiancamenti tra ciclisti che occupano un’intera carreggiata, semafori ignorati, cuffie nelle orecchie a isolare il pedalante da ogni segnale (e potenziale pericolo) esterno, utilizzo della strada quando c’è a disposizione la pista ciclabile, “parcheggio” della propria bici su marciapiedi o nelle aree pedonali urbane (espressamente vietato) e molto altro ancora.

Si tratta di infrazioni comuni ma troppo spesso tollerate quasi non ci fosse in fondo nessuna normativa da rispettare per chi sceglie di muoversi in bici, almeno non tassativamente. Ma il Codice della Strada disciplina comportamenti e infrazioni relativi alla mobilità dei ciclisti nel dettaglio, e per alcune circostanze anche in maniera molto approfondita. Un fugace sguardo appena più ravvicinato sul fronte regolamentazione ce ne rivela a centinaia di trasgressioni punibili, con multe che vanno da un minimo di 24 a un massimo di 168 euro, cifra che aumenta in casi di recidiva e se ci si trova di fronte a possessori di mezzi “non conformi al dettato normativo”, circostanza che può portare a sanzioni fino ai 1.682 euro.

È la natura stessa del mezzo a far sì che sia piuttosto elevata la percentuale di ciclisti non a conoscenza di molti degli obblighi da rispettare: circolare con una bicicletta non richiede nessuna patente, e in aggiunta capita spesso che l’utilizzo “alternativo” dei pedali parta proprio dalla voglia di allontanarsi da molti tra gli impedimenti e le restrizioni riscontrate sulle vetture motorizzate. Si combinino questi elementi a una generale difficoltà dei controlli e al prevalere di un atteggiamento che fa chiudere un occhio (talvolta anche due), ed ecco che le poche centinaia di multe possono essere spiegate.

Quello che non si può ignorare però sono i numeri che emergono da alcuni dei report più recenti riguardanti la strada: il numero degli incidenti nel 2019 – segnalato da uno studio congiunto Istat-Aci – racconta di 3.173 vittime complessive, tra le quali rientrano 253 ciclisti, che rappresentano un aumento della letalità del 15,5% rispetto al 2018. Anche il Consiglio Europeo della Sicurezza dei Trasporti nota come, con riferimento al 2018, ogni 4 incidenti se ne conta uno che riguarda un ciclista o un pedone.

 “Il marcato aumento delle vittime tra i ciclisti, soprattutto su strade statali nell’abitato e fuori città, è associato anche a una crescita degli incidenti stradali che coinvolgono biciclette (+3,3%), a una sempre maggiore diffusione dell’uso del mezzo a due ruote per gli spostamenti, pari al 25% nel 2019, e all’aumento delle vendite di biciclette nel 2019, il 7% in più rispetto al 2018”, nota l’Istat.

Crescono quindi le bici per singoli e nuclei familiari, ne aumenta in maniera considerevole la circolazione e a loro volta crescono gli incidenti che coinvolgono i ciclisti; ma le sanzioni sono prevalentemente inesistenti. E, anche se risulta impossibile fornire certezze circa il legame delle due circostanze, è inevitabile pensare ci sia più di una stortura nello scenario attuale.

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