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“Con Marenostrum,
Yusuf in pochi minuti si sarebbe salvato”

  • di Ludovica Piro

4 dicembre 2020

“Con Marenostrum, Yusuf in pochi minuti si sarebbe salvato”
A Piazzapulita l’ex ministro Minniti ha dato spettacolo con le sue grida. Ha urlato per sovrastare le accuse mosse da Gad Lerner, ovvero per difendere il memorandum italo-libico e per erigersi a protettore dei corridoi umanitari. E così, mentre Corrado Formigli invitava i suoi ospiti a fare una scorpacciata di bromuro, è stato travisato il significato di “Gridalo”, il libro presentato da Saviano all’interno della trasmissione appena quindici minuti prima

di Ludovica Piro

E speriamo che questo misunderstanding appartenga soltanto a Minniti, perché le urla che gli Italiani hanno il diritto di sentire non sono di certo le sue, ma piuttosto quelle della mamma del piccolo Yusuf, il bambino morto ad appena sei mesi nel “nostro” mare.

Dobbiamo ascoltarle e diffonderle, gridarle proprio come ci suggerisce Roberto Saviano. Questo è necessario per restituire dignità alle vittime, per dare un senso alla vita di Yusuf, nato senza libertà e morto nella speranza di raggiungerla. Questo appello non può essere sovrastato dagli alibi inconsistenti dei ministri, da una delega di responsabilità. Non è giusto che qualcuno muoia per essere nato nel posto sbagliato in un momento ancora più sfortunato. Di fronte a questo scempio il governo dovrebbe vergognarsi, ma ancora di più correre ai ripari. E invece la politica attuata finora dimostra soltanto il tentativo di far passare in sordina il problema dell’immigrazione e far illudere gli Italiani che i loro problemi siano altri, come per esempio quelli che derivano dalle restrizioni durante le vacanze di Natale. A tal proposito ci chiediamo: ma dobbiamo per forza apparire così? È questo il ritratto che ci meritiamo?

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Ieri sera a Piazzapulita, Saviano ha rivolto al pubblico queste domande per svegliare le coscienze degli spettatori ed esortarli ad evitare che le uniche urla capaci di farsi sentire siano quelle delle piazze complottiste, dei populisti, dei sovranisti e dei razzisti. In sostanza, è giunto il momento di dire basta, di non ammettere nessuna negoziazione sui valori fondamentali.

Perché la morte di Yusuf si sarebbe potuta evitare. Infatti, se questa tragedia si fosse verificata ai tempi dell’operazione Marenostrum, il piccolo sarebbe stato consegnato al personale sanitario qualificato in circa 30 minuti. Invece ha dovuto attendere sei ore e non ce l’ha fatta. Questo perché le navi della guardia costiera e della marina militare sono ferme e non escono più dai confini nazionali. Questo perché dal 2014 è stato stabilito che il prezzo da pagare fosse troppo dispendioso, quando l’operazione Marenostrum costava circa 700 euro per ogni vita umana salvata e oggi si spendono circa 215 milioni all’anno per il bonus monopattino (praticamente il doppio).

In tutto ciò, non soltanto il governo non agisce, ma blocca l’attività delle ONG, che cercano di supplire a queste mancanze. Le ferma per “problemi di scarico nelle toilette delle navi o per il numero eccessivo di salvagenti in stiva” denuncia un volontario della Sea Watch 4, bloccata da settembre al porto di Palermo. L’elicottero della guardia costiera che avrebbe dovuto evacuare Yusuf dall’Open Arms (la ONG che ha cercato di salvarlo dal mare) è partito dalla base di Catania alle 17:39, ben due ore dopo la richiesta di soccorso, poi è atterrato a Lampedusa alle 18:54 per fare un rifornimento di carburante e, ripartendo alle 20:37, è arrivato a destinazione soltanto alle 21:52. Sei ore dopo la richiesta d’aiuto, quando ormai non c’era più niente da fare.

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Questo perché la nave della guardia costiera più vicina all’Open Arms si trovava a più di 300 Km di distanza e perché la Dattilo e la gemella Diciotti, quelle che rappresentano “il fiore all’occhiello della cantieristica navale” e “le navi più attrezzate per il soccorso in mare” non possono uscire dai confini nazionali. L’ultimo salvataggio è stato quello della Gregoretti e, cosa ancor più grave, le ONG continuano ad essere il bersaglio dei fermi amministrativi del governo italiano. E quindi questa Italia è piena di navi pronte a salvare vite umane che stanno ferme al porto, ha soldi stanziati in sanità e non spesi, come ha ricordato il ministro Calenda a Formigli criticando l’operato di Roberto Speranza. Insomma, questo governo ha paura ad aiutare. Quando un grande insegnamento che dovremmo imparare da questa pandemia è che la paura non ha basi, il “pericolo dell’invasione” è soltanto uno stratagemma messo in piedi da certa propaganda politica che necessita di un nemico per esistere.

Qui o ci si salva tutti o non si salva nessuno e la storia ci insegna che nessuno si salva da solo.

 

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