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“Il femminismo è sorpassato,
oggi le donne (come la Ferragni)
sono al centro del business”

  • di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

29 settembre 2020

“Il femminismo è sorpassato, oggi le donne (come la Ferragni) sono al centro del business”
Mentre infuriano le polemiche intorno all’immagine di Vezzoli che raffigura la Ferragni nei panni della Madonna per la quale il Codacons ha presentato esposto, abbiamo chiesto al critico d’arte Luca Cantore D’Amore se si tratti di un’opera d’arte o di marketing. La sua risposta è lapidaria

di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

Continua la battaglia tra Chiara Ferragni (supportata dal marito Fedez) e lʼassociazione di consumatori Codacons. Stavolta al centro delle polemiche la rielaborazione, fatta da Francesco Vezzoli, di un dipinto del ʼ600 in cui la nota influencer appare come una Madonna.

Lasciando da parte le questioni legali, abbiamo chiesto al critico Luca Cantore D’Amore, che si occupa di storia e critica dell'arte scrivendo articoli per giornali e riviste e collaborando con alcune delle più note gallerie, cosa ne pensa di quell’immagine sul nuovo numero di Vanity Fair in cui l’influencer è raffigurata come la Madonna del Sassoferrato. La sua opinione in merito è lapidaria.

Intanto, stiamo parlando di un’opera d’arte o di una operazione di marketing?

Trovo il tutto farcito da una retorica imbarazzante. Per cominciare, non credo che nessun critico d’arte possa valutare una trasposizione del genere quando viene chiamata a priori “opera d’arte”. Ma non è un’opera d’arte, perché non provoca nessuno shock, visto che arriva 50 anni dopo i primi fotomontaggi che già significavano poco e niente.

Visualizza questo post su Instagram

Loved working with Francesco Vezzoli on this Vanity Fair issue curated by him about italian women and their power. You can read my interview by Simone Marchetti at the link in my stories 🙏🏻

Un post condiviso da Chiara Ferragni ✨ (@chiaraferragni) in data: 23 Set 2020 alle ore 1:34 PDT

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Su quali elementi basa la sua critica?

Per valutare un’opera d’arte dev’essere presente una essenza e io in questa immagine non la rilevo. Semmai c’è un’assenza di sostanza. E anche sul piano retorico chi l’ha realizzata, e cioè Francesco Vezzoli, forse non ha ben inteso quanto l’equivoco è grande. Perché non si capisce come la parità sessuale possa passare attraverso una immagine trita e ritrita. Il femminismo è ormai un concetto sorpassato, visto che non è grazie a immagini del genere che si migliora la società e già in passato analoghe operazioni non hanno ottenuto nessun risultato. Come mai, invece, non si decide di intervenire artisticamente su fatti come quello di Ciro e Maria Paola a Caivano o di Willy a Roma? Non sono allo stesso modo un problema? Perché non si prendono in esame artisticamente queste vicende più urgenti e trasversali di violenza che portano all’esclusione e alla morte?

Quindi il femminismo è diventato “trending topic”?

Ma certo! In che modo Chiara Ferragni può dichiarare che oggi le donne sono svantaggiate? Nel mondo social o della comunicazione, cioè dove si muovono le più cospicue masse di denaro, è proprio attraverso le donne che avviene il maggiore business e loro ne sono protagoniste. L’uomo in quei contesti fa ben più fatica. La donna, invece, è molto più agevolata trovandosi di fronte una autostrada per il solo fatto di essere donna, anche a causa o grazie agli istinti sessuali degli uomini che tendono a essere incuriositi dalla loro grazia o dalla loro bellezza, spesso trascurandone l’assenza o la presenza di contenuto che diventa subalterna come questione rispetto all’essere donna in se. Dovremmo smetterla con questo svantaggio ipotetico delle donne. Può essere, ma dipende dagli ambiti. Nella comunicazione no, si veda la Ferragni. E non è così neppure nell’arte, dove la più grande degli ultimi 20 anni a livello mondiale, l’artista più potente e imponente è una donna, Marina Abramović. Per cui i simboli reali ci sono, di altri non ne abbiamo bisogno.

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Il critico Luca Cantore D'Amore

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E per quanto riguarda invece l’esposto del Codacons che non la considera una provocazione ma “una grave mancanza di rispetto per i cristiani, per l'intero mondo religioso e per l'arte in genere”?

Si tratta di una ulteriore retorica il contestare quell’immagine. Ormai siamo abituati a tutto, dal kitsch al trash. Quante volte abbiamo viso rielaborata l’Ultima Cena di Leonardo per ogni uso commerciale, dai Simpson ai souvenir di periferia? Quante volte abbiamo assistito al fotomontaggio sulla Creazione di Adamo di Michelangelo che ha avuto come protagonisti di volta in volta Batman o un calciatore? Quando mai la nostra sensibilità è stata urtata da queste immagini perché sacre? Le uniche immagini che urtano la nostra sensibilità vengono dalla vita reale. Provassero a farlo con Ciro e Maria Paola o con Willy il fotomontaggio! Non sarebbe, forse, quello un movente più importante, tangibile, trasversale, evidente e inoppugnabile che la solita ipotesi retorica dell’esclusione delle donne dalle cose del mondo?! Ma queste tragedie vengono trascurate per il solo fatto che una Ferragni non è protagonista.

Quindi non c’è niente che l’ha colpita di questa vicenda?

In buona sostanza, oggi siamo così saturi che un’immagine non basta più per mandare un messaggio. Abbiamo fallito: nel contenuto e nel medium. È evidente. Bisogna ripensare non solo il messaggio ma anche i mezzi per veicolarlo perché i risultati sono fallimentari. E ancora: quell’immagine è così talmente distante dalle realtà periferiche e perimetrali a cui s’illude di rivolgersi che perde totalmente la sua utilità e rimane uno sterile esercizio di marketing rivolto al vanaglorioso shock dei soliti noti. In definitiva, ammesso che l’idea, l’intento, il movente, siano giusti e così necessari, sicuramente le modalità sono tutte da rivedere. Non certo perché dannose o indegne, ma semplicemente perché inutili e lontanissime dallo scopo che si propongono. Sia concettualmente che esteticamente. In definitiva, non condanno Vezzoli, la Ferragni e il Codacons, ma non li esonero da colpe. Semplicemente parliamo del nulla, anzi, certamente sbagliamo, me compreso, a darne risalto, come di una noiosissima partita che finisce in pareggio sullo zero a zero.

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  • Arte
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