Mario Fanizzi, producer con più curriculum che tatuaggi, ha preso parola su Instagram per intervenire su tema di cui “se n’è parlato poco”. Ironico, certo, ma solo fino a un certo punto. Il bersaglio? Rkomi e l’ultima moda del definire l’autotune una forma d’arte. “Attenzione a quando citiamo Lucio Dalla – dice Fanizzi in un video che suona più come uno schiaffo che come un commento – perché di certo non usa l’autotune quando canta La sera dei miracoli". Una tirata lunga un reel, che però centra il punto: "Con l'autotune diventate tutti uguali”. Fanizzi ci mette anche un po’ di didattica: “Il transiente è l’inizio di un suono. Quando usi l'autotune lo rendi spigoloso, tutto diventa finto. E quindi che succede? Che cantate tutti nello stesso modo. Sempre sullo stesso type beat. Sempre con lo stesso effetto vocale. Ma questa non è arte”.
Il colpo di grazia arriva quando cita la solita scusa: “Chi demonizza l’autotune è un ignorante che non è mai stato fuori dall’Italia?”. E lui, che fuori c’è stato e c'è ancora, eccome, dice che “nei locali esteri succede questo…” e mostra come, anche i giovani, cantino senza autotune e con una perfetta intonazione naturale. Il sottotesto è uno schiaffo a una generazione che confonde tecnologia con talento, preset con personalità. E Fanizzi lo dice senza mezzi termini: “Qualsiasi forma d’arte ha bisogno di competenze. Altrimenti anche la banana sul muro è arte. E vabbè, ciao”. Il punto, in fondo, è semplice: l’autotune non è il problema. È chi lo usa per nascondere che non sa cantare.
