The Idol è la storia d’amore fra una popstar che torna sulle scene dopo un crollo nervoso (Lily-Rose Depp) e un gestore di un locale notturno a capo di una setta (Abel “The Weeknd” Tesfaye). Insomma, tutto quello che serve a una serie pensata per gli adolescenti. La relazione fra i due protagonisti, apparentemente proibita, è però ben lontana dall’essere eccitante, come vorrebbero gli script delle tante serie del momento. Fa venire voglia di cambiare canale già dopo i primi cinque minuti. Se i produttori pensano di stuzzicare il pubblico propugnandogli la figlia di Johnny Depp mezza nuda forse dovrebbero seguire un corso di aggiornamento. Gli anni Ottanta sono passati, l’epoca di Playboy è tramontata e non basta una sexy nepo baby per giustificare un prodotto riuscito male. Milan Kundera scriveva: “Ognuno di noi desidera violare le convenzioni erotiche, i tabù, ed entrare inebriato nel regno del Proibito. Ma abbiamo tutti così poco coraggio…”. Ecco, i produttori della serie dicevano di voler sfidare le convenzioni sociali, di trasgredire, eppure dopo la prima puntata hanno fatto marcia indietro.
Un prodotto che parte con l’idea di essere estremamente provocatorio il più delle volte perde in partenza perché è fin troppo facile disattendere le aspettative, difficilissimo confermarle. E infatti The Idol annaspa dall’inizio alla fine per colpa di una banalità che mette i brividi. Uno dei punti forti sarebbe dovuto essere la denuncia riguardo la superficialità che annebbia l'industria dello spettacolo, dove spesso l'apparenza e la fama sono considerate più importanti del talento o del contenuto artistico. Eppure qui sembra tutto già visto e rivisto migliaia di volte. L’unica battuta interessante è questa: “La malattia mentale è sexy”. C’è uno spiraglio per una possibile riflessione sul binomio depressione-successo che coinvolge e attraversa, ieri come oggi, gran parte degli artisti di fama mondiale. Ma eccovi uno spoiler: questo sprazzo di lucidità dura pochissimo e poi non se ne fa niente.
Boriosa, ma soprattutto vecchia, The Idol sembra la nonna con gli acciacchi di Euphoria, la serie che l'ha preceduta nella produzione di Sam Levinson. Si ripete, persino, come una nonna. All’inizio ci fa tenerezza ma alla lunga risulta inevitabilmente noiosa. È palese che il suo regista, tronfio del suo passato (e meritato) successo, abbia desiderato mantenersi sulla scia positiva dei suoi precedenti lavori, ma a questo giro la storiella di Euphoria in versione Britney Spears non convince nessuno. La regia sarebbe dovuta andare a Amy Seimetz, solo in seguito sostituita da Sam Levinson. La giovane Seimetz (ha diretto The Girlfriend Experience, She Dies Tomorrow) voleva inserire in The Idol una forte critica alla misoginia della mercificazione dei corpi femminili nell’industria dello spettacolo. Neanche a dirlo, con il cambio di regia si è persa la traccia anche di questo. Nella prima puntata, infatti, non ci sono dialoghi, né immagini belle, né particolari capacità recitative. Chissà se andando avanti il mondo di The Idol sarà capace di essere veramente controcorrente e audace come prometteva. Per ora ci sono poche speranze e troppi capezzoli che, presi dall’euphoria di Levinson, forse si erano convinti che sarebbero bastati.