Si dica pure che un romanzo “poliziottesco” (come lo definiscono gli autori, alla maniera delle commedie poliziesche anni Settanta), I misteri di Monti Parioli (Capitano Sicuro Editore, 2025), che a pagina tre mette in scena Carlo Verdone che mangia una bomba alla crema (“la sua colazione era all’acme…”) mentre la Cricca dello Champagne si impegna nel mettere in moto l’Operazione Servio Tullio, che pure è un nome in codice decisamente raffinato per nascondere la vera identità del potente di turno da “neutralizzare”; be’, in tale condizioni di partenza si dica che il romanzo appare come apparse un altro libro di Fulvio Abbate e Bobo Craxi, Gauche Caviar, e cioè come una folata di vento non tanto per il socialismo, che invecchia nei modi imposti dai partiti più che in sé, ma per i socialisti, che da anni, e Abbate e Craxi lo avevano capito bene, non sanno ridere più. Un situazionismo goloso, abbondante sul versante della cultura e snello sul piano della trama. Come a dire che in fondo ciò che si deve fare, la prassi, la si conosce già. Ciò che non si è mai spiegato fino in fondo, invece, è come reinventarla, come rendere quell’azione politica, quell’antifascismo di chi non ha vissuto il fascismo, esteticamente meno insopportabile di quanto non sia di fatto, per colpa di chi, seriosamente, ne ha fatto dibattito per statuti (si pensi alle diatribe di qualche anno fa del Partito Democratico) piuttosto che modo di vivere.

E ancora non vi abbiamo parlato della storia, che in un giallo da ombrellone resta pure fondamentale. Ma in un giallo così, dove cioè potresti dubitare di ritrovare l’ombrellone (e la spiaggia) a fine lettura, forse vale più la pena evitare l’incomodo di fare da ufficio stampa per consorterie di annoiati e poco curiosi, per passare direttamente alle presentazioni, così come snocciolate dai due autori: “Sì, soprattutto quell’altro, sì, come caz*o si chiama? Abate Flavio, mi pare, sì, uno che frequenta i salotti importanti che contano, ha fatto pure il Grande Fratello VIP, questo Abate… Pagliaccio, sì, un vero pagliaccio, che poi questi sono tutti comunisti col Rolex, tu lo sai che questo Abate Flavio lo scrivono pure sul giornale con la foto quando va in giro con le amiche…”. E prima: “Craxi abito blu e cravatta rossa, a parlare di politica con ‘tono tipo da statista, che poi io lo so cosa gli interessa davvero a questi qui, lo so io, Enza, sono tutti mangiapane a tradimento, tutti con la pancia piena: proci sono!’” Sono gli indiziati, ma soprattutto gli iniziati, coloro cioè che nolenti si trovano ad assistere alla stupidità della macchina investigativa, quando non c’è niente, di fatto, da investigare (perché i due, lo si sa fin dall’inizio, sono – almeno sotto una certa luce – chiaramente innocenti di tutto; e a tutto sostituite ciò che più vi aggradata). Che operazione è, dunque, questo romanzo. Per Craxi sicuramente un modo di ripensare un divertimento tra amici, quello che probabilmente ha spinto lui e Abbate a raccontare ciò che la sinistra ha smesso di essere e ciò che la sinistra continua a essere nei bar, nelle vie, nel quotidiano “e pur si deve vivere” del quartiere romano in cui si incontrano da sempre.

E Fulvio Abbate? Un poliziesco, genere che altri hanno tentato di parodiare (si pensi al commissario Magrelli), viene nobilitato, perché tutto può essere strappato alla banalità, alle trame da Hollywood. E questo ci pare essere qualcosa in più di un divertissment, dal momento che è coerente con La mediocrità illustrata ai cocker spaniel, che qui su MOW abbiamo definito il suo “frammenti di un discorso amoroso” (ma potremmo anche dire “discorso incaz*ato”). Ecco, I misteri di Monti Parioli sono un atto di resistenza simpatica alla mediocrità, soprattutto estiva. Simpatica da intendersi in almeno in due sensi diversi: appunto, quello umoristico, umano, di ridere insieme (e si ride leggendo questo romanzo); e poi quello dell’inchiostro invisibile. Il segreto del libro di Abbate e Craxi è questa malcelata simpatia per il mondo e per loro stessi. Un sentimento di amicizia che ha declinazioni politiche e umane. E, a questo giro, anche poliziottesche.
