Wow, torna Alice Cooper. Ok, avete ragione, non se n’è mai andato (a parte quel breve periodo negli anni ’80, prima che arrivasse Desmond Child a rivitalizzarlo), però ora si ripresenta con la vecchia Band delle origini. E si sente. Un altro Alice. Come molti, ormai, non avrebbero più immaginato di poterlo riascoltare. Robbie Williams, invece, prova a riportarci a metà anni ’90, i tempi in cui, biondo platino e faccia da schiaffi, s’intrufolò fra Oasis e Blur sul campetto verde dove le due band si sfidavano a pallone. Torna Lola Young (ahimè), ma tornano anche i Tama Impala sempre più in formato “epic”. Chiudono la nostra breve rassegna di nuovi singoli Jamie XX e Clementino (con Gigi D’Alessio) prodotto da LDO.
ALICE COOPER, What a Syd
“The revenge of Alice Cooper” è uscito ieri, con una strepitosa copertina in stile locandina da B-movie anni ’60/primi ’70. Uno sballo per chiunque ami i vecchi fumetti in rigoroso bianco e nero, i film della Hammer e uno sleazy rock in odore di glam. Di questo Alice Cooper molti di coloro che ancora oggi ascoltano rock e hard-rock non hanno mai avuto esperienza diretta. “What a Syd” con l’iniziale schiocco di dita evoca il celebre tema della “Famiglia Addams”, si crogiola in un andamento swingante e ci cala in un’atmosfera da cabaret per le ore piccole, se non da circo di provincia. Il godimento sta nei dettagli, ascolti il pezzo e poi ti guardi le dita. Probabilmente ti si sono sporcate di inchiostro a base di nerofumo. Dell’antica Band manca solo Glen Buxton, ovviamente, per il resto lo spirito è quello cristallizzato nel periodo 1969-1971 (sebbene questo pezzo potrebbe provenire anche da “Alice Cooper goes to hell”, 1976, ma in quel caso si parlava di Alice senza Band).
LOLA YOUNG, Dealer
Singoli sempre più instant, più corti, più “demo”-sounding. Boh, io dalla simpatica Lola Young non mi attendevo una nuova “Smile” (sì, quella di Lily Allen, stiamo volando a mezza altezza apposta, per non imporre a Lola performance degne di un dissennato Icaro), però neppure questa ca*ata petulante che dovrebbe durare 145 secondi (così dice l’orologio) ma sembra duri quattro ore secche. Passo falso formato “royal” – soprattutto pensando a una piccola gemma come “Messy” – ma Young tornerà, spicy e puntuale, con brani migliori. Ci vuole poco.
TAME IMPALA, End of summer
E se Lola Young prova a cavarsela (senza riuscirci) con una instant-track assolutamente risibile, i Tame Impala irrompono in questo weekend estivo con un mappazzone da 9 minuti. Giustificati? Giustificabili? Sì. Se l’ormai inarrestabile transizione del gruppo sta portando l’entità Tame Impala verso lidi sempre più “thumping” e danzerecci, e quindi dobbiamo abbandonare l’idea di riabbracciarli psichedelici e di nuovo orientati al rock, allora diciamo che questa “fine dell’estate” è una bella cavalcata pop con inattesi inserti martellanti che non mancherà di spopolare ovunque venga eseguita o proposta. Musica che mira a orizzonti ampi. Ben concepita, avvolgente, convinta di valere qualcosa di più (artisticamente) di un’eventuale sincronizzazione concepita ad arte per vendere un nuovo modello di auto ibrida. Finale con vocine quasi-rave, poi, quando il battito molla (potrebbe essere una produzione della Ostgut Ton), tutti a casa a leccarsi le ferite di una notte infinita.
JAMIE XX, Dream night
Forse un passo indietro, questo, dopo le vitaminiche celebrazioni post-rave di “In waves”, Siamo al cospetto di un buon brano pop che sarà remixato in modo più duro/martellante o ipnotico/immersivo a seconda delle esigenze. Il brano-radice suona bene, ma viaggia a mezz’aria fra radio e club. Attendiamo quindi il remix in grado di far spiccare il volo a una canzone che in quanto a “fattore dreamy” potrebbe dare di più. Soprattutto perché è composta da Jamie XX, talento vero. Ok, nei suoi set questo pezzo già furoreggia. E ci crediamo, perché suona come un ottimo pezzo-ponte, una sorta di preludio a qualcosa che deve accadere. La sua sorte, in buona parte, risiede nella bontà delle riletture che ispirerà.
ROBBIE WILLIAMS, Spies
Torna Robbie “faccia di bronzo” Williams con il secondo anticipo del nuovo “Britpop”, album numero dodici o tredici a seconda di quanto siate magnanimi nei confronti di “The Christmas present” del 2019 (lo contiamo?). Il pezzo ci sta, è materia buona per radio un po’ nostalgiche. La fugace nostalgia per qualche chitarrone “made in UK” proveniente dritto dai Nineties. Ehm, suona così genuinamente Britpop che uno si fionda a ripassare Blur, Oasis, Supergrass, Suede e compagnia? Mmm… Forse no. Non basta a Robbie fare la più fedele imitazione di Liam Gallagher che potessimo immaginare (arriva al minuto 2.25, dopo l’obbligatorio ritornello epico-corale) per guadagnarsi l’ideale simpatia di tutti gli ottimi songwriters – Damon Albarn, per esempio, è ben più che ottimo – fuoriusciti del calderone Brit. Non male, però, e il pubblico (che poi l’obiettivo è quello) gradirà. Molto mestiere per una melodia forte che richiama al cuore e alla mente i tempi migliori – “Stavamo su tutta notte/Pensando di essere tutti spie/Che pregavano che il domani non arrivasse”. E il Robbie migliore.
CLEMENTINO/GIGI D’ALESSIO/LDO, Il codice dell’anima
La canzone si apre con un brano tratto dalla cosiddetta “Preghiera del clown” di Totò (siamo nel 1953, il film è “Il più comico spettacolo del mondo”). Dice il Principe: “…dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate, e lascia pure che essi ci credano felici”. Su una produzione di LDO, Clementino e Gigi D’Alessio mandano in onda le tribolazioni del performer. “Sai cosa unisce un artista alla sua poesia?/Vivere con la fobia costante della sua follia”, rappa Clemente. E poi: “La solitudine è un male ma almeno aiuta ad essere vivo”. In mezzo metteteci un ritornello 100% napoletano firmato da Gigi. Funziona tutto abbastanza bene. Brano curioso, che merita attenzione.
