Altro giro, altri ascolti. Salmo torna con una nuova hit: Conta su di me, un altro estratto dal suo album Ranch (di cui vi avevamo già parlato qui). E per chi se lo stesse chiedendo: sì, è un’altra canzone clamorosa, potente e perfettamente in linea con lo stile tagliente e diretto che conosciamo. Il suo, la penna alla quale ci ha abituato in questi anni. Sempre netta, sintentica, potente. C’è poi Niia, con il suo nuovo brano Angel Eyes: un piccolo gioiello notturno, pensato per anime in cerca di rifugio emotivo. Torna Gigi D'Alessio, eterno cantante partenopeo e ormai anche meme vivente, tornano i Maroon 5, con il loro stile rimasto intatto negli anni: pop, riconoscibile e quel tocco da “artisti nati in posti fighi che scrivono musica abbastanza figa”. Bad Bunny? Continua a fare Bad Bunny: estetica ipercontemporanea, e un seguito globale che lo rende più che un artista, una vera e propria icona. Certo dentro il suo ultimo pezzo non bisogna cercare nulla, ma funziona (ancora) alla grande.

SALMO, Conta su di me
Ecco il nuovo estratto da “Ranch”. Il vecchio e il nuovo Salmo sintetizzati perfettamente in meno di tre minuti di brano. Un pezzo in cui confluiscono almeno due anime del polivalente Salmo. “Siamo io te e il resto è noia, noia, noia”, recita il rapper rassicurando l’altra metà. Il pezzo non ha invece tempo di annoiare nessuno. Merito di un Salmo lacerato, grave, ma forte del proprio amore. E della produzione azzeccatissima (frenetica, quasi footwork, ma poi arrivano inattesi e acustici momenti di speranza) di Cripo, Pezzone, senza dubbio.
NIIA, Angel eyes
Se l’estate è anche cacofonia – sapete a cosa mi riferisco, dai! – è il caso di affidarsi a pezzi come “Angel eyes” della losangelina Niia. Sì, parliamo dello standard jazz, non dei Roxy Music. E sì, parliamo di una giovane donna vestita di un gran talento e tratti estetici conturbanti. Ci potremmo mai cascare, noi, nel 2025? Sì, ci caschiamo tutti interi, perché il pezzo è un gioiello notturno per anime in cerca di un rifugio emotivo. Il video – girato al The Dresden, sempre “in L.A.” – è il “perfect match” della canzone. Che seduce e inquieta, forte di un’interprete sorniona e di gran classe. Dopo i fuochi d’artificio dell’ultima festa all’aperto – quelle che “ingannano” il caldo – non ingannate voi stessi. Abbandonatevi a “Angel eyes”.
GIGI D’ALESSIO, Un selfie con la vita
Cantante e meme vivente, il Gigi nazionale torna con uno di quei pezzi che sarebbe perfetto per Sanremo se solo il Festival non avesse fatto propria, da un lustro circa, la discutibile missione di corteggiare ciecamente i “gggiovani”, dove “giovani” sta per under-18 dal voto veloce via smartphone. “Un selfie per la vita” è calcolata fuffa motivazionale, ma per il corrispettivo adulto dei teen che consacrano il nulla sanremese va benissimo. Peccato che i teen soggiogati dal Festival dei fiori siano letteralmente lisciati da chi tira le leve dell’intrattenimento canzonettaro con ambizioni cool, mentre i dalessiani debbano sorbirsi un post a settimana in cui Gigi è ironicamente trattato come il male della musica. Doppi standard, eh!?
KID CUDI, Grave
C’era una volta il rapper che si era formato con i Pharcyde (tra gli altri) e ora becchiamoci – ma è stato un leeento e doloroso processo – la popstar globale che anticipa il nuovo album con una filastrocca formato Disney da far rabbrividire. Sia chiaro, il pezzo funziona, con un ritornello facile facile che profuma di tormentone lontano chilometri, ma stiamo parlando di un brano che “svela” la sua trovata melodica dopo – contateli! – quindici secondi. I tre minuti del pezzo, in quest’ottica, suonano lunghi quanto venti minuti di improvvisazione live dei Sonic Youth. Quindici secondi, il brano è tutto lì. A un minuto dalla fine Kid ci caccia dentro un paio di frasi recitate, giusto per spezzare la monotonia, ma ormai la frittata è fatta. Ah, e se non fosse chiaro, dopo che lo ripete ottanta volte: “Io ho smesso di correre verso la tomba”. E ora tutti su Reddit per individuare il senso profondo di “Grave”.
BAD BUNNY, Alambre púa
Reggaeton galoppante dal Cattivo Coniglio, che è spesso riuscito a conferire una buona reputazione a un genere – il reggaeton – che solitamente (e anche giustamente) gode di pessima stampa. In questo caso la missiva destinata al pubblico è corta (due minuti e mezzo e via andare) e il concetto è semplice: tu eri l’unica, ma sei nel passato. Nostalgia per un amore che non torna più. Sempre in salsa Bunny, eh! Perché è la migliore lei? Perché lo manda in orbita senza neppure bisogno che lui fumi. Perché quando lei saliva sulla sua auto, il carro d’incanto si trasformava in una Benz. I tempi (e l’amore) sono (anche) questi, ragazzi, c’è poco da fare. Il pezzo funziona, non cercateci dentro nulla però.
IL MAGO DEL GELATO, L’anguria
Avete presente lo scavetto? Quel colpo raro che eccita i tifosi, ingigantisce l’ego di colui che osa proporlo e fa irrimediabilmente inca**are il portiere gabbato? Ecco, “L’anguria” è una sorta di scavetto pop. Math-pop, per tentare di essere precisi. Gli autori, audaci, frequentano da anni l’underground milanese. L’album d’esordio de Il Mago Del Gelato – un omaggio a un bar di via Padova che è luogo di ritrovo per i quattro – arriva lo scorso marzo (“Chi è Nicola Felpieri?”). Oggi un nuovo singolo. Estivo come avrebbero potuto essere estivi, a loro modo, i Battles. Boh, io un pezzo del genere proverei a diffonderlo – obbligatoriamente – per una settimana in ogni piscina d’Italia. Potrebbero bastare sette giorni per ritrovarci, tra qualche anno, una generazione con un’altra idea di musica nella testa? Forse no, ma lasciatemi vagheggiare sublimi utopie che al solo contatto si disintegrano con la brutale aria della realtà.
MAROON 5, California
Pensateci. Ci sono artisti fortunati, che nascono in posti fighi, che quando non sanno più che ca**o scrivere possono intitolare un pezzo con il nome del luogo che li ha visti nascere. Da noi non sempre le cose suonano esotiche. Agli Ex-Otago è andata di lusso con “Marassi” (e in quel disco di idee ne avevano), ma provate voi a riporre fiducia nel pezzo di un trapper magari intitolato “Concorezzo”. Invece i Maroon 5, come sempre scafatissimi, sanno che la California è sempre un bel passe-partout. Così tornano a giocarsela dopo che undici anni fa erano già usciti con “Leaving California”. Ehm, e come si giocano la natia Cali in soli 130 secondi? Bene, seppure questo pezzo suoni poco “singolo” e molto “brano di passaggio” nel percorso di un intero album. Una bella vignetta. Intima. Più autunnale che estiva.
