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Abbiamo ascoltato in anteprima Ranch di Salmo ed è crudele essere invecchiati. La recensione di MOW traccia per traccia

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

9 maggio 2025

Abbiamo ascoltato in anteprima Ranch di Salmo ed è crudele essere invecchiati. La recensione di MOW traccia per traccia

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Ranch, Salmo: avrei voluto il privilegio di sentirlo a sedici anni, quando probabilmente hai il massimo del tuo potenziale d’ascolto, di assorbimento, quando tutto è definitivo e puoi trovare il coraggio di farti crescere da un disco. Un disco da usare come standard, come guida, come sfogo, come un coltello in un mondo che fa a pugni a mani nude.

Ho Ranch di Salmo in pre ascolto, lo faccio girare per qualche giorno. Non scrivo niente. Il sistema impiegato da Sony per dare un’anteprima alla stampa è complesso e scomodo, gli ascolti sono limitati, eppure mi capita più di una volta di voler chiamare qualcuno per dire ehi, vieni da me, devi sentire questa roba.

È una bella sensazione perché è quello che succedeva spesso con la nuova musica prima dei social, prima dell’immediatezza più totale nella fruizione.

https://mowmag.com/?nl=1

Salmo è arrivato più tardi ma in tempo per cambiare tutto: quando spendere soldi per un video su YouTube senza poi andarci in televisione sembrava un’idea - per essere gentili - da stupidi o, al limite, da megalomani. E invece arrivano Yoko Ono e Street Drive-In, in video e gratis.

Poco più tardi il primo concerto: è il 2011, il locale si chiama Pop Corn, un club fuori Venezia oggi dismesso da anni che chiedeva la tessera Arci e 15 euro d’ingresso. Quella sera avevo una felpa nera del Wu-Tang Clan comprata su eBay che qualcuno si è fottuto. Salmo si presenta con la maschera, crew sul palco, casino, cinque a tutti mentre canta o qualcosa del genere. A tre quarti di show organizza un wall of death, roba che avevo visto solo all’Estragon di Bolognaper tutt’altra roba. Il tipo fa sul serio, era stata la conclusione a cui eravamo arrivati nel nostro piccolo gruppo di amici. Sono passati quattordici anni, sette dischi, una serie TV, grandi idee, piccole intuizioni, eccoci: Ranch ha 16 tracce, è intenso e raccoglie idee. Diverse tra loro, spesso potenti.

Salmo, foto di Bogdan “Chilldays” Plakov

On Fire: base dritta e solida, il giro di piano ricorda il Novecinquanta di Fritz Da Cat con Lord Beam, banger assoluto di quell’album dai suoni ruvidi uscito nel 1999. Nel suo insieme invece il pezzo ricorda Mic Teaser, traccia d’apertura in Hellvisback, il lavoro di Salmo a cui Ranch si avvicina di più come concetto di fondo e potenza espressiva: zero ritornello, ramazzate di punchlines e un bridge (si chiama bridge?) in cui Salmo mette la cocaina in un elenco di incombenze che ricordano il monologo di Trainspotting choose life, una vita comune. Ha ragione: la cocaina oggi la compra gente comune, gente che sognava la vita spericolata, la compra cercando di starci dentro tra il mutuo della casa e le rate della macchina. Nuove illusioni.

Crudele è una enorme hit in Ranch. Attacca parlando del bisnonno che ammazza il cugino, il nonno alcolizzato e la miseria di una famiglia venuta da uno sputo di terra che pare un libro Agota Kristof, una Sardegna lontanissima dal mare fresco della Gallura in cui Salmo ha scritto il disco. È un racconto crudo ma verosimile, al punto da ricordare Mr. Simpatia:l’intenzione mi-spoglio-nudo-davanti-a-voi è la stessa e l’intenzione è tutto quello che conta quando scrivi così. La metrica spinge, le rime sono parcheggiate al millimetro una dietro l’altra ma arrivano assolutamente naturali, come se lui parlasse normalmente in versi di queste storie.

Avanti, terza traccia. Altra mina. Il ritmo calerà più tardi, per il momento si procede in pieno. N€urologiaè buono per collaudare un impianto valvolare. La storia del milione di euro rifiutati dalla produzione di X Factor fa il giro dei siti durante la promo, sì, eppure è quasi un peccato si parli di questo, anche perché questa storia Salmo l’aveva già racconta nel singolo PXM: “Ho un milione di buone ragioni per dire di no ad un talent show”. È un altro pezzo calibrato alla grande che arriva forte.

Segue quello che sembra il singolo da far girare in radio, Sincero: tecnica in sottofondo, aria fresca e niente muso duro. La senti al supermercato, la senti cantata dalle signore che galoppano verso la pensione e provi un sottile piacere all’idea che stanno finanziando un pazzo.È una canzone che imparerai a memoria anche senza ascoltarla, molto leggera.

Bye Bye, unico featuring del disco. L’entrata un po’ a sorpresa la fa Kaos One: per Salmo, invitarlo in un pezzo deve aver significato più o meno come chiamare Travis Baker in Bentley VS Cadillac. I cori che girano sotto restituiscono quell’atmosfera tetra e impastata alla Murubutu, il risultato complessivo è un pezzo anti. C’è tanta carica dentro, se guardi bene c’è pure un poderoso dito medio alla Maurizio Cattelan davanti all’industria discografica. Dito che comincerà a utilizzare pericolosamente nella ghost track a fine progetto. Siamo arrivati a Bounce!, la traccia con cui ti rendi conto che Sony ha limitato il numero di ascolti. Una palla in fronte. Sapore di freestyle, intenso. La traccia dura pochissimo ed è un peccato, ma tant’è.

Salmo Ranch

Sangue Amaro è una canzone morbida, più intensa di Sincero perché al posto della leggerezza estiva c’è un po’ di malinconia. Il pezzo è sempre cantato però, con la chitarra che accompagna la voce, da ascoltare in cuffia. Meglio Cartine Corte che arriva a metà disco in tempo per testimoniare che Salmo sa scrivere, sa cantare, ha un bel flusso, il ritornello è come una palla da rugby dentro una lavatrice. Morbida e imprevedibile. Quell’1-2-3, 1-2-3, è una cosa che puoi fare se la musica ce l’hai in mano, se ci giochi come uno che si diverte.

Ranch è un disco eterogeneo e te ne accorgi pensando che alcuni pezzi sono da sentire in cuffia, altri live, alcuni in macchina. Beatcoin è perfetto per uno speaker bluetooth nello zaino, in seconda istanza su di una cabriolet sparata verso San Francisco. Bam bam. Sta comoda davanti allo specchio, oppure a provare i kickflip con lo skate. John-Fashion-Week.

Traccia 10, Il Figlio del Prete. Il protagonista sembra uscito dalla Sin City di Frank Miller e ha, ancora una volta, grande carica. Anche qui dura poco, forse anzi dovrebbe durare così per assecondare gli standard, di certo non è importante, che poi è un po’ la chiave del progetto.

Salmo, foto Bogdan “Chilldays” Plakov

Numeri Primi sembra un interludio, un lungo skit scritto in una stanza lontana dagli orari e lontano dalla lucidità. Fuori Controllo, che idea meravigliosa questa roba. Salmo ha veramente stampato la cassa dritta, la Tekno, in un disco così. È molto divertente.


È qui la differenza tra l’artista e il cantante? Magari no, ma qui affiora. Grande idea. Incapace forse è un titolo dedicato a sé stesso che la chitarra non sa suonarla granché bene. Registrata cruda e sporca, ha il grande pregio che un diciassettenne la sente e pensa che sì, fare la musica non significa fare soldi ma esprimersi. Non significa avere strumenti, attrezzature e persone che puliscono i suoni, li tagliano e li sistemano. Sì, in questo pezzo c’è del lavoro, ma l’importante è che mandandolo in play Maurizio si materializza in camera tua, seduto affianco a te sul bus, in un angolo del salotto: ha la chitarra in mano, una canna in bocca e canticchia per passare il tempo.

A Conta su di me forse manca qualcosa, o almeno così sembra. Resta dov’è, difficile ricordarla. C’è poi Mauri, un preludio alla fine molto riuscito e poi l’ultima traccia, Titoli di Coda, divisa in due. I ringraziamenti prima e la ghost track poi in cui risentiamo Mr. Thunder, sepolto negli ultimi minuti di Hellvisback di cui Ranch, fino alla fine, sembra la maestosa seconda parte. Dito di Cattelan: all’industria, ai colleghi e a sé stesso. Sipario, applausi.

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