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Il Caos di Fabri Fibra, che è come Fellini: non ha niente da dire ma lo dice lo stesso

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

17 marzo 2022

Il Caos di Fabri Fibra, che è come Fellini: non ha niente da dire ma lo dice lo stesso
Stanotte esce Caos di Fabri Fibra dopo quasi cinque anni di silenzio. Non serve ascoltarlo per capire come sarà, perché da anni fa la stessa cosa: ogni suo disco è quello che ci portiamo dentro tutti, dal talento alla voglia malcelata di vendere e basta, di farsi vedere, di avere successo. È per questo che funziona

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Il nuovo disco di Fabri Fibra, Caos, esce stanotte. Abbiamo deciso di uscire prima perché aspettarlo non serve. Questo pezzo è appeso in un post-it tra le cose da fare da quando, il 1° marzo,  Fabri Fibra ha annunciato l’uscita del disco il 18 marzo con Sony dopo una carriera con Universal. Cinque anni da Fenomeno, l’ultimo, 20 da Turbe Giovanili, il primo da solista.

Ho passato parte dell’adolescenza a Senigallia dove lui era già culto prima che lo diventasse altrove. Lo ascoltavamo tutto il giorno, spulciavamo le rime scritte come le tavole di Noé. Era la legge. Al parco, sul lungomare. La legge. Te le passavi con il Bluetooth del telefono. A Senigallia c’era il negozio di vestiti del padre, in cima al corso, ora chiuso. Qualche centinaia di metri più in là c’è ancora il salone da parrucchiera della sorella. Da ragazzino facevo il cameriere in un ristorante, lo stesso che ha visto la figlia del proprietario morire al concerto di Sfera Ebbasta a Corinaldo nel 2018. Un giorno al tavolo si siede Nesli, chiedo in cucina se posso portargli io il fritto misto che ha ordinato. Volevo dirgli eccolo, dentro al latte dopo aver pulito il fumo uscito dalle chiappe. Però non dico niente. Due giorni prima mi ero rasato per sembrare uno di loro.

Senigallia ha il mare, ma è una piccola - e d’inverno fredda- città di provincia. Senigallia non conta un cazzo nel mondo ed è in una regione che già conta pochissimo. Fabri Fibra era la redenzione. Era il prodotto sregolato di un ambiente soffocante e contratto che ti appassisce in fretta.

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Per noi che non avevamo nemmeno vent’anni fu niente meno che il messia. Le famiglie ci avevano traditi, la vita era una bugia. Forse eravamo sbagliati, di certo eravamo arrabbiati. Fabri Fibra era Charles Manson e noi i suoi piccoli accoliti. Pochi, emarginati e forti. Il rap era ancora qualcosa di simile al metal, ma non ai Metallica o ai System of a Dawn, roba da nerd. Era un marchio, ti identificava tutto, diventava la tua essenza: questo sono. In quel periodo nelle nostre routine c’era Mr. Simpatia, Sindrome di Fine Millennio, era già uscito Tradimento. Fabri Fibra negli anni ha raccontato tutto e lo ha fatto in più maniere in più periodi, puoi scrivere la sua biografie mettendo insieme le rime. Sul CD ha fatto stampare la grafica della Chaos Magic, roba esoterica da acidi in casa che a lui è sempre piaciuta. Per raccontare questo suo lavoro non serve ascoltarlo, o almeno non è fondamentale per almeno un paio di motivi: il primo, servono mesi per digerire un suo lavoro. Il secondo, è che ogni suo disco è come un primo romanzo, raccoglie gli anni di vita del suo autore. Fabri Fibra è il caos e ve lo raccontiamo adesso perché vende i biglietti prima di pubblicare le canzoni.

Sai che ci ha messo del suo perché è la sua vita. Perché ha il lusso di poter tornare per il piacere di farlo. Di scrivere, di rappare. 45 anni. Guè dice che è il primo italiano coi Rollie veri, Fibra è il primo che poteva comprarlo con questa musica e non l’ha fatto. È spessore. Da anni ormai mette nei suoi dischi l’umanità intesa come essere umano: c’è talento, voglia di esprimersi. Ma anche noia, pigrizia, ambizione. Arte. Voglia di fare soldi, di fare successo, di stile. C’è un po’ tutto quello che siamo, anche quando vogliamo solo attenzioni o non abbiamo voglia di lavorare. Fibra è come Federico Fellini, non ha più niente da dire ma lo dice lo stesso. E funziona ancora per questo.

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