Achille Lauro non ce l'ha fatta. Il sogno europeo finisce subito, bocciato nella seconda semifinale dell'Eurovision made in Italy, a cui si era aggrappato per risalire la china dopo un Sanremo disastroso, strappando pure il pass per la partecipazione a San Marino. Ma il concorso musicale non l’ha premiato, niente passaggio, per lui, nella finale di sabato. Il motivo? È presto detto. È chiaro che oltre la scenetta dozzinale, con toro meccanico da domare al seguito (stile "Buona Domenica" dei bei tempi), ripetitivi baci gay col chitarrista (tornato alla sua corte), tutine in pizzo da entraineuse, e altre squisitezze simili, copia e incolla di cose già viste, in un festival di musica doveva presentare pure un brano decente. E non la brutta (ma proprio bruttissima) copia di un pezzo dei Måneskin, che tenta di eguagliare solo nei suoi sogni splendidi.
E intanto la stampa e il pubblico italiano s’interrogano sui motivi della sua clamorosa e sorprendente (sorprendente per chi?) bocciatura. Una stroncatura che scotta eccome, non c'è che dire. Che sia da parte della giuria, o del televoto (non italiano, abbiamo votato nella prima semifinale), alla fine poco importa. Ma è segno indicativo di quanto è evidente sin dai suoi inizi.
Achille Lauro ha una serie di grossi problemi. A partire dalla musica che fa. Inascoltabile.
La storia musicale è disseminata di cantanti che provavano a sorprendere e essere innovativi (ciò che lui non è mai stato), ma che al contempo due note insieme le sapevano infilare. Mentre il romano non sa cantare, e in più imita da sempre, e pure male, Renato Zero, e peggio ancora David Bowie, artisti che non dovrebbe nemmeno pronunciare per la palese disparità.
Achille Lauro è un bluff, tra i più grandi degli ultimi anni.
E diciamolo, solo in Italia poteva prendere piede una caricatura del genere. Simbolo di una pseudo rivoluzione sessuale e culturale, che di rivoluzionario non ha proprio niente. Perché vista e rivista da mille anni, ormai. Per fare un confronto spietato, ma immediato, e sempre in casa Eurofestival, anche il presentatore in carica, Mika (sempre il migliore del terzetto) è dichiarato gay. Ma la sua proposta musicale è di ben altro livello. Mentre Achille gioca e rigioca su temi precisi, solo per creare scalpore, ma senza avere in mano altre doti concrete. Tanto più che insistere su certe tematiche, credendo di scandalizzare, lo rende pure banale oltre che cantante pessimo.
Ma ormai la sua parabola discente è sotto gli occhi di tutti. E se agli inizi le sue pagliacciate sembravano originali, era solo per merito dell'ambaradan che lo sosteneva al seguito, ormai approdato su lidi più proficui (a partire dal produttore del suo primo Sanremo). Perché di suo non c'è proprio niente, nemmeno le scenette. Se si esclude quella col sempre fedele Boss Doms al seguito, in Gigi D'Alessio style al “Pechino Express”, nell'anno 2017 (certo, senza azzeccare una nota, mi pare superfluo).
E adesso che è stato scartato pure all'Eurofestival, forse i suoi seguaci cominceranno a comprendere quanta fuffa si nasconde dietro le pailettes. O almeno spero. Perché in fondo la sua immagine migliore (e pure più originale) è sempre quella dei vecchi tempi, quando ancora cafone-romano inveiva contro i fan (e li menava pure ai concerti). Malandrino! (oh si si)