Mi stupisce che ricordando Jane Birkin nessuno abbia parlato dei suoi iconici piedi nudi: “Sono una donna che vorrebbe recitare in jeans e piedi nudi”, disse. E in realtà sono i piedi nudi che uniscono Jane Birkin e Brigitte Bardot. Le due foto iconiche delle nostre sono, ca va sans dire, a piedi nudi: Jane (a piedi nudi) che balla con Serge a Cannes e Brigitte (a piedi nudi) vestita da marinaretta, seduta su una barca, a Saint Tropez. Altro che dolce vita, jet set, scandali, casinò e duetti cabriolet, furono i loro piedi esibiti, è il caso di dirlo, a ogni pie’ sospinto, a rendere celebre la Costa Azzurra. Se è vero, come è vero, che i piedi brutti sono brutti ognuno a modo loro, è altresì vero che i piedi belli si somigliano tra loro, come se si mandassero messaggi segreti a distanza, come se creassero una complicità invisibile dall’alchimia conosciuta solo a chi li possiede. E i piedi di Jane Birkin e Brigitte Bardot sfioravano la perfezione, ossia la incarnavano: l’alluce più corto del secondo dito del piede, il mignolo della lunghezza di un terzo del quarto dito e che curva seguendo le leggi di una sezione della spirale aurea di Fibonacci, la falange del quarto dito ben visibile guardando il piede dalla pianta, e poi qualcosa di ineffabile. Aristotele e i peripatetici insegnavano a pensare camminando, non perché si prende aria e ci si guarda intorno, piuttosto perché i piedi sono la parte più complessa del corpo e il camminare è più che il semplice spostarsi, è fare l’amore con lo spazio, per chi possiede i piedi belli camminare è un atto erotico: se le emozioni ci fanno vibrare, e se le vibrazioni sono in qualche modo risonanze ed echi, è dai piedi che provengono.
Non stiamo parlando del volgare e capitalistico feticismo. I piedi della Birkin e della Bardot, dove è il feticcio, un oggetto, che focalizza l’attenzione e che in qualche modo sostituisce una parte al tutto. Qui si sta parlando dell’esatto contrario: è il piede che dona unità alla forma, e se quella unità è armonica lo si deve alla forma dei piedi: camminando, pensando, parlando, guardando, facendo sesso, mangiando, leggendo, parte tutto dai piedi, da come si incontrano e si scontrano i vettori irradiandosi e innalzandosi come in una cattedrale nel resto dell’architettura di un corpo. Gli la dolce vita, gli yeye, gli hippie non sono movimenti di “costume”, sono movimenti “scostumati” nel senso nobile del termine (la signorina elegante indossa calzature che non devono fare vedere l’attaccatura delle dita, il nostro burka occidentale che conosce la portata erotica di un piede esibito); sono movimenti dei piedi nudi. È vero che anche i piedi maschili possono raggiungere vette statuarie, è c’è la storia della scultura a dimostralo o anche una semplice passeggiata al Foro Italico, ma i piedi nudi delle donne, quando sono belli, ossia quando sono come quelli di Jane Birkin e di Brigitte Bardot, fanno irrompere nell’universo qualcosa che è insieme un’emozione e al contempo la fine di essa, come un frullare del battito di ali di un angelo che si mostra per un attimo e poi scompare, ed è la conoscenza di quell’attimo che fa assumere alla sua scomparsa un significato altro: stiamo parlando della Grazia, naturalmente. Serge Gainsbourg, che con la Grazie della Birkin e della Bardot ebbe a che fare, rispose come fa un gentiluomo, indossando e rendendo iconiche le Repetto, il modello Zizi bianche. Non si compete con i piedi nudi delle donne che sfiorano la perfezione, possiamo soltanto esibire scarpe. Jane Birkin e Brigitte Bardot sono due divinità, e lo dico in senso scandalosamente pagano e mitologico. Perché erano i loro piedi a esserlo, divini. Il resto è irradiamento, unità monade, Forma.