"Non mi sono mai sentita un’icona sexy. A dire il vero, non mi sono proprio mai sentita né un’icona né sexy. Sono stata solo una ragazza fortunata, facevo la modella e mi hanno chiamata prima a recitare e poi a cantare. Era il sogno di tutte le mie coetanee negli anni Sessanta e l’ho realizzato, fine della storia". Così parlò Jane Birkin nel 2016, quando ritirò il prestigioso Pardo alla Carriera durante l’annuale edizione del Festival di Locarno. Oggi, domenica 16 luglio 2023, la musa di origini inglesi ma francese d'adozione, è stata ritrovata priva di vita nel suo appartamento parigino, aveva 76 anni vissuti nei modi più esplosivi e dirompenti possibili. Appena maggiorenne, divenne icona della Swinging London, facendo innamorare tutti i Beatles al completo (e senza concedersi mai a nessuno di loro). Nel frattempo, pativa la rivalità con l'altra icona del periodo, Twiggy Lawson: si ostinava a sentirsi meno attraente di lei. Un senso di inadeguatezza che la accompagnerà per tutta la vita, anche quando fece capitolare Serge Gainsbourg soffiando il posto che lo chansonnier aveva nel cuore per Brigitte Bardot. E, così facendo, le "rubò" pure la celeberrima e scandalosa hit mondiale "Je T'Aime... Moi non plus", composta originariamente da lui per BB quando una mattina si svegliò e gli disse: "Scrivimi la canzone d'amore più bella del mondo". Jane Birkin è stata icona nella musica, nella moda, praticamente la regina delle influencer prima, molto prima di internet. Il tutto, totalmente controvoglia.
Si sposò giovanissima, appena 18enne, con John Barry, autore del tema di James Bond e Premio Oscar per la Miglior Colonna Sonora. I due si incontrarono sulle scene di un musical da lui composto in cui Birkin recitava, a 17 anni, il ruolo di una ragazzina bramosa di trovare l'uomo con cui avrebbe perso la propria verginità. Il matrimonio divenne ben presto una gabbia dorata: con il marito sempre fuori casa per lavoro, Jane si sentiva abbandonata. Abbandonata e con una figlia a carico, Kate. Intanto, se il coniuge la ignorava, il mondo intero stava cominciando ad amarla: fotografatissima icona londinese della Swinging London, nei suoi diari, dati alle stampe nel 2018, ha più volte ribadito come non riuscisse a comprendere come mai la gente la vedesse così bella: lei non ci si sentiva. Per niente.
Michelangelo Antonioni la pretese nel film Blow-Up, facendole girare una scena in topless che rimase nella storia del cinema d'essai (e non solo). Questo ruolo fu per lei una vera e propria consacrazione: da quel momento, 1967, divenne richiestissima da ogni regista europeo. Lei scelse la Francia e partì, insieme al fratello Andrew, alla volta di Parigi per recitare nel ruolo di co-protagonista nel film Slogan, al fianco dell'uomo che sarebbe diventato l'amore della sua vita: Serge Gainsbourg. All'inizio, tra loro non fu colpo di fulmine, ma guerra aperta.
Lui la trattava come una ragazzina capricciosa e a stento le rivolgeva il saluto sul set, lei, dopo il primo giorno di riprese tornò a casa infuriata: "Quell'uomo è orribile!", gridò in faccia al fratello appena rientrata nella camera d'albergo dove entrambi alloggiavano. Poco tempo dopo, avrebbe dovuto girare una scena in vasca con Gainsbourg, i due erano innamorati per copione, e le riprese vennero ritardate per settimane: non ne volevano sapere di stendersi nudi l'una sull'altro. Il regista Pierre Grimblat, disperato, improvvisò una cena a tre per allentare la tensione tra i suoi bizzosi attori. L'impresa gli riuscì. Jane e Serge conclusero la nottata insieme, in solitaria, di night club in night club fino all'alba quando si ritrovaraono a bere champagne insieme a un gruppo di macellai a Les Halles, il grande mercato all'ingrosso di Parigi. Le bottiglie le aveva, naturalmente, portate Gainsbourg. Tornati insieme in hotel, lui si addormentò rovinosamente e lei uscì dalla stanza per andare a comprare un disco che avevano ballato insieme quella notte, lasciarglielo tra le dita dei piedi e filare via. Come primo appuntamento, non male.
Da lì passarono dodici anni insieme e si narra che Gainsbourg, noto tombeur de femmes, non la tradì mai. A spegnere la coppia, l'alcolismo del cantautore che portò Birkin all'esasperazione. Insieme diedero alla luce una delle creature più sensuali del pianeta, l'attrice, cantante e regista Charlotte Gainsbourg. Jane non smise mai di amare Serge, nonostante dopo la fine della loro relazione, si mise a far coppia fissa con il regista Jacques Doillon. Quando diventò madre per la terza e ultima volta della piccola Lou (1982), Gainsbourg non si presentò a farle visita ma le fece recapitare il più gigantesco mazzo di fiori possibile, corredato da infiniti pacchi regalo per la neonata. L’ensemble portava un biglietto con un paio di parole soltanto: «Papa Deux» (ossia «Papà due»). Ai funerali di Serge, stroncato dall'ennesimo infarto nel 1991, Jane disse: "Quando qualcuno gli chiese “Come ti immagini la fine del mondo?” Lui rispose “Con la mia morte”. Aveva ragione". La figlia Charlotte racconta nella canzone Lying With You che, nel momento in cui ritrovò il cadavere del padre nella maison in cui abitava (oggi in procinto di diventare museo), si stese di fianco a lui per qualche ora insieme alla sorellastra Kate e a mamma Jane.
In coppia, i due fecero scandalo fin dai primordi della loro relazione. Non solo per la grande differenza d'età, ma anche se non soprattutto grazie al brano "Je t'aime... Moi non plus" scritto originariamente per la ex di lui, Brigitte Bardot. Divenne una hit mondiale e anche una delle canzoni più censurate di tutti i tempi. In Italia la Rai la bandì dalle frequenze FM perché "non possiamo trasmettere un motivo di sicuro turbamento per i minori di quattordici anni". Intervenne anche la magistratura, allertata dal Vaticano, che impose, per decreto, di dare fisicamente fuoco a tutte le copie esistenti del pezzo. Cionondimeno, in quell'estate del 1969, mentre in cima alle classifiche radiofoniche svettava Rose Rosse di Massimo Ranieri, l'Italia intera (e non solo) ascoltava di contrabbando i gemiti incisi dalla scandalosa coppia Gainsbourg-Birkin. "Il Papa è il mio miglior ufficio stampa", ebbe a dire Serge per commentare la querelle dei forcaioli benpensanti.
Gainsbourg scrisse tre dischi per la voce di Jane, ma lei odiava l'idea di essere considerata "la compagna di". Oltre a ritenere di non saper cantare. Quindi, si diede al cinema ed emerse nel celebre film La Piscina (1969) insieme a un cast di tutto rispetto: Alain Delon e Romy Schneider, coppia per altro scoppiata da pochissimo. Col passare del tempo, Jane che mai si era davvero piaciuta, cominciò a detestare la propria immagine riflessa allo specchio, lo scrive spesso nei suoi diari. Diradò, quindi, le apparizioni pubbliche, soprattutto dopo la morte di Serge. Nonostante ciò, a lei è dedicata una delle borse più costose e fashion di sempre: la prestigiosa Birkin. Era il 1984 quando si ritrovò a bordo di un volo Parigi-Londra intenta a lamentarsi: si stava spazientendo mentre cercava, invano, qualcosa all’interno della propria borsa. Esasperata, coinvolse in quella momentanea battaglia il passeggero di fianco a lei: "Possibile che non riescano a fare delle borse eleganti, sì, ma con le tasche?". Non poteva sapere, però, di essere seduta accanto a Jean-Louis Dumas, amministratore delegato della grande casa di moda Hermès. L'uomo, una volta atterrato, dispose di realizzare la "Birkin", il cui modello base vale ancora oggi 7000 euro. Nel 2020 è stata battuta all'asta la più costosa in assoluto, tempestata di diamanti: per la modica cifra di 255.700 dollari. In compenso, Jane non è mai parsa granché interessata alla questione: "Se ho una Birkin? Ne ho avuta una per un po’, ma non so dove sia finita".
"Per me la moda è mettersi addosso il meno possibile. Per questo penso di avere un’eleganza “pigra”. Mi è sempre piaciuto vestirmi da ragazzo, con quello che capita. I tacchi? Non so cosa siano", così Birkin nel bel mezzo degli anni Settanta, quando era considerata da tutti un'icona fashion universale. Perché andava alle prime dei film in converse o sneakers, senza un filo di trucco, con ampi maglioni di lana e berretto da maschiaccio. Divenne di gran moda perfino il cestino di vimini comperato al mercato con cui usava girare per Parigi. Solo che niente di tutto ciò era intenzionale. Semplicemente, il mondo la guardava come fosse una costante ispirazione, mentre lei avrebbe di gran lunga preferito passeggiare in santa pace. Più usciva di casa sciatta, però, più le riviste di moda titolavano su di lei come icona di stile senza tempo. Pazienza.
Nonostante la vita incredibile di cui è stata protagonista assoluta, e che oggi si può leggere raccontata dalla sua viva voce nelle due raccolte dei suoi diari "Munkey Diaries" e "Post Scriptum", Jane Birkin ha sempre preferito l'amore rocambolesco alle luci della ribalta. Leggendarie le sue fughe, insieme a Gainsbourg, nei quartieri più squallidi di Parigi da cui, in almeno un'occasione, furono scacciati da un gruppo di "passeggiatrici" che, non riconoscendola, pensarono che fosse venuta lì per portargli via il lavoro. Arrivati in Rolls Royce, fuggirono via in taxi, alla vigliacca e inseguiti da un manipolo di prostitute infuriate. Ai microfoni di Rolling Stone, nel 2020, la sua ultima volontà: "Per cosa vorrei essere ricordata? Sicuramente, per le mie figlie".