Se siete nati dal 2005 in avanti forse la notizia, da parte vostra, non merita grandi riflessioni. Se siete nati prima e per voi i colori politici, per quanto sbiaditi, rimandano a lotte e valori chiari, allora mettetevi comodi e assicuratevi di avere un superalcolico a portata di mano. Pur in modiche quantità – sia mai che un articolo del genere venga preso come un assurdo invito a trincare l’impossibile – potrebbe servirvi. Sì perché fino a qualche anno fa Primo maggio e Concertone erano due entità assolutamente affini, amiche, sorelle. Guardando la line-up dell’edizione 2023 (la numero 33) del Concertone anche quest’ultima certezza traballa. E parecchio. In piazza San Giovanni in Laterano, a Roma, ci sarà da divertirsi per la festa dei lavoratori. Si suonerà, si canterà, si berrà e si manderanno a quel paese i “non rossi” per circa nove ore, dalle 15 alla mezzanotte. Che c’è, allora, di strano? Tutto secondo programma, no? Beh, oddio, fino a un certo punto.
Passiamo in rassegna i nomi dei partecipanti: Aurora (ospite internazionale, direttamente dai fiordi norvegesi), Lazza, Coma_Cose, Geolier, Emma, Carl Brave, Tananai, Francesco Gabbani, Ariete, Mr. Rain, Piero Pelù con Alborosie, Ligabue, Matteo “Mare fuori” Paolillo, Johnson Righeira, Mara Sattei, Il Tre, Baustelle, Levante, Aiello, Rocco Hunt, BNKR44, Gaia, Alfa, Giuse The Lizia, Fulminacci, Mille, Neima Ezza, Rose Villain, Wayne, Ciliari, Tropea, Napoleone, Uzi Lvke, L'Orchestraccia, Epoque, Ginevra, Serendipity, Paolo Benvegnù, Leo Gassman e qualcun altro ancora. Ora, di per sé, un roster del genere potrebbe già essere potentemente “auto-esplicativo”, tipo quelle diciture alla “post muto” con sotto foto talmente eloquenti da rendere superflua ogni forma di commento. Epperò permetteteci di dar voce al dubbio più spontaneo: dove si nasconde la sinistra in questo Primo maggio? Dove diavolo sta? Oppure cambiamo punto d’osservazione. Facciamocela moderna e aggiornata la domanda retorica, spazzando via ogni potenziale nostalgia per qualcosa che evidentemente non c’è più: oggi è questo fedele spaccato del mainstream pop a poter rappresentare la sinistra?
Perché se così fosse anche la schleiniana armocromia ora forse avrebbe più senso. Ossia, svegliamoci definitivamente: questa, oggi, è la sinistra. E se a questo punto avete ancora il superalcolico vicino, tirate una bella sorsata – grazie a quelle di prima avrete già dimenticato che al Concertone hanno suonato gente come Francesco De Gregori, Almamegretta, Üstmamò – e immaginate chi, alla Moretti, lunedì potrà dire qualcosa di sinistra. Forse Johnson Righeira, forse Ariete, senz’altro Piero Pelù perché tanto lui è fermo al 1996 e nel 1996 la sinistra era al governo con Prodi e sfoderava alcune bocche di fuoco di tutto rispetto (Veltroni, D’Alema, Parisi, Turco, Bersani). Per il resto temo un “perché il lavoro è anche donna” pronunciato da Emma, un “qui inserite voi qualsiasi cosa vi passi per la testa” di Gabbani e non so cos’altro da personaggi come Lazza, Rocco Hunt e Carl Brave che temo possano, al massimo, confondere la sinistra con il concetto liberista del “laissez faire”. C’è la probabilità, alta, che qualche autentica illuminazione degna del Primo maggio possa arrivare da una sempre più matura e affascinante Ambra Angiolini – e non stiamo parlando di Sabina Guzzanti, bensì di una donna nel pieno del proprio splendore che da ragazzina, in tv, dialogava con un diavolo (Occhetto) e un angelo (Berlusconi). E quindi? Quindi ci sarà il pavloviano istinto ad applaudire qualsiasi cosa possa suonare vagamente “contro”. Il fatto è che, in teoria ma anche in pratica, qui ci sarebbero di mezzo il lavoro e tutte le battaglie annesse. Ora, se questo nucleo tematico, al momento, sembra assente poco giustificato all’interno dell’attuale agenda politica del Pd, perché i ragazzi sotto il palco dovrebbero trovare artisti genuinamente belligeranti e scontenti (lasciamo stare “impegnati”) in un festone che pare replicare l’idea di intrattenimento di “Battiti live”?