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Alessandro Orsini: l'epica ascesa di un nuovo narcisista mediatico

  • di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

18 marzo 2022

Alessandro Orsini: l'epica ascesa di un nuovo narcisista mediatico
Il fondatore dell'Osservatorio sulla Sicurezza Nazionale dell'Università LUISS, criticato per le sue posizioni ritenute filo-Putin, fa show in tv come sui social, non risparmiando la carta stampata. Una disamina del fenomeno Alessandro Orsini firmata Fulvio Abbate

di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

In pochi istanti, il professor Alessandro Orsini ha demolito l'aforisma più celebre di Groucho Marx: “Non vorrei far parte di un club che avesse tra gli iscritti uno come me”. In passato, interi eserciti di narcisisti patologici, o più semplicemente creature orgogliose di se stesse, avevano provato invano a obliterare, se non abbattere, questa citazione monolitica, senza tuttavia mai compiere l’impresa. Riuscita invece proprio Alessandro Orsini, con queste semplici, telegrafiche parole consegnate alla feritoia di Twitter: “Oggi ho lasciato il Messaggero. Mi scuso con tutti coloro che avevano sottoscritto un abbonamento soltanto per leggere i miei articoli”. Al giornale non avranno apprezzato un addio che sembra confermare ciò che di quel quotidiano pensava il barone Basso: “Il giornale dei tassisti e dei bottegai, una cui copia è onnipresente sul banco dei gelati delle pizzerie al taglio di Roma”. Nel frattempo, il professor Orsini ha traslocato le proprie opinioni sulle colonne del “Fatto Quotidiano”; accolto da Travaglio come figurina bisvalida del pensiero originale al tempo della guerra d’aggressione di Putin all’Ucraina.  Forte di queste affermazioni pronunciate nel talk “PiazzaPulita” di Corrado Formigli su La7: “Se Putin è un mostro, sicuramente lo siamo anche noi. La mia preoccupazione è l'Europa, perché non sa fare la guerra e non sa fare nemmeno la pace. E questo consegna l'Ucraina alla tragedia”.

 E ancora, Orsini Alessandro, ordinario di Sociologia del Terrorismo Internazionale, ha ammonito coloro che ai suoi occhi appaiono sprovvisti di strumenti di comprensione del reale bellico e ancora più diplomatico: “In primis bisogna smettere di demonizzare l'avversario politico, cioè di rappresentarlo come un animale come ha fatto Luigi Di Maio; la seconda cosa è normalizzarlo e l'ultima mossa è l'umanizzazione del nemico politico: non è un porco, una bestia, un verme schifoso, ma un essere umano come noi".

Orsini in breve ha offerto al mondo la sua lezione, corso generale e corso monografico di consapevolezza politica e forse anche deontologica. Se si trattasse di una puntualizzazione sull’irricevibilità di attribuire al mondo animale ogni nefandezza, le sue parole dovrebbero essere ritenute esemplari, condivisibili; umane, troppo umane. In realtà, il professore sembra stigmatizzare molto altro: le colpe dell’Occidente, approssimandosi così ai sostenitori del pensiero rosso-bruno: "Posso fornire prove documentate: quello che Putin ha fatto all'Ucraina noi lo abbiamo fatto nello stesso identico modo all'Iraq. Nel 2003 il Consiglio di sicurezza dell'Onu si componeva di 15 membri, di cui solo 4 erano favorevoli all'invasione dell'Iraq, cioè Spagna, Bulgaria, Usa e Inghilterra. Gli altri erano contrari e Chirac, che all'epoca guidava la Francia, minacciò di porre il veto. Quindi Bush scavalcò l'Onu e fece una guerra illegale in Iraq".

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Il Prof Orsini puntualizza a Piazza Pulita

Osservato in filigrana, quel “noi” appare simmetrico all’adagio popolare “e allora il Pd?” che mostra in chi lo pronuncia un inarrivabile talento post-dialettico, proprio della modalità di spostare sempre e comunque l’oggetto delle questioni per portare l’oro della ragione nel proprio campo; nel nostro caso i crimini che l’esercito russo di Putin sta compiendo sulle città e i civili ucraini vengono consegnati a una seconda, se non terza, fila etica.

Facciamole però risuonare ancora le parole di Orsini, per ulteriore comprensione della sua personalità, del suo amor proprio, del suo altruismo incomparabile: “Mi scuso con tutti coloro che avevano sottoscritto un abbonamento soltanto per leggere i miei articoli”. Orsini, lo si sarà compreso, diversamente da Marx, apprezza molto il club d’appartenenza che lo accoglie: la sua persona. E in questo non c’è narcisista più inattaccabile di lui. A prima vista un bene, poiché è bello amarsi, ancor di più ricambiati, sempre da se stessi. E così facendo, sempre Lui, Orsini, l’Unico, cancella il pensiero catto-comunista che ravvisa nel narcisismo un crimine inemendabile.

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Orsini felice che "Il Fatto quotidiano assorbe la mia firma e la mia rubrica settimanale. Domani sarò in prima pagina”. Chi ha interesse alla psicologia del linguaggio, così come all’ideale romanzo editoriale delle gratificazioni, si soffermi su quel “Domani sarò in prima pagina”, in grado di surclassare perfino le parole pronunciate da Garibaldi all’indirizzo di Bixio per il compimento della sua impresa risorgimentale: “Nino, domani a Palermo”.

Orsini, forse non lo abbiamo detto finora, insegna alla Luiss. Un dato socio-antropologico non secondario. Torna in mente in proposito ciò che un giovane iscritto a quell'ateneo, figlio di un nostro amico, disse al padre per manifestare orgoglio di appartenenza e garanzia di futuri successi schiaccianti. Proprio come l’esercito del criminale Putin in Ucraina. Disse:

“Così potrò realizzare la mia leadership”.

Anche il professor ha ottenuto la propria, che innalza al centro se stesso, ora su una piattaforma presidiata da Travaglio.

 Nel merito, volendo tradurre prosaicamente le posizioni di Orsini sull’aggressione russa all’Ucraina, come nei simposi volanti che si tengono davanti a un Punto-Snai, si giunge al più rodato teorema geopolitico qualunquista: fanno tutti schifo. Dunque, se facciamo tutti schifo, nessuno fa schifo. Dalle macerie riemergerà soltanto un solo uomo, Orsini.

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