Immagino che qualcuno a Radio Deejay si sia posto il problema: è il caso festeggiare il compleanno della radio, proprio la settimana di Sanremo? D’altra parte se il compleanno cade proprio in questi giorni c’è poco da fare e poi perché rinunciare alla propria identità? È così che le celebrazioni per il 40esimo anniversario dalla sua fondazione hanno preso il via poche ore prima dell’inizio del Festivàl della canzone italiana, continuando per tutto il giorno e per tutta la notte fino all’esaurimento delle simboliche 40 ore di diretta che hanno scompigliato il consolidato palinsesto, in favore di un rimescolamento di conduttori e trasmissioni.
Uno scenario apparentemente sfavorevole che, tuttavia, proprio con il Festival di Sanremo ha trovato la sua massima consacrazione. Perché mentre Radio Deejay festeggiava, erano proprio due dei suoi figli prediletti a tirare le fila della più importante liturgia dello spettacolo italiano. Una prova di forza, verrebbe quasi da dire, una dimostrazione di quale egemonia culturale siano riusciti involontariamente a plasmasre Claudio Cecchetto e i fratelli Di Molfetta nel corso di questi quattro decenni.
Per chi non lo sapesse, infatti, Radio Deejay, fondata l’1 febbraio 1982, ha visto passare davanti ai propri microfoni e alle telecamere del suo spin-off televisivo (Deejay Televison), nei suoi primi dieci anni di vita, tra gli altri: Gerry Scotti, Amadeus, Fiorello, Leonardo Pieraccioni e Jovanotti. Con loro, dal 1984, Linus e Albertino, e - dal 1989 - Nicola Savino. Un gruppo di lavoro eccezionale, con gli occhi del poi, una di quelle realtà - come spesso accade - in grado di attirare come un buco nero di creatività, alcuni tra i più lampanti talenti dell’intrattenimento. Un gruppo di amici che, come in un liceo di provincia, si è ritrovata ad occupare gli stessi banchi, prima di diventare la nuova classe dirigente.
Un impatto, quello di Radio Deejay sulla cultura popolare italiana, difficile da comprendere per chi, ora, di quegli anni, non ha neppure un vago ricordo. Certo è che, oltre a fungere da incubatrice per alcuni dei più autorevoli talent oggi in circolazione, Deejay ha realmente contribuito a dare forma a veri e propri movimenti. Basti pensare alla quantità di gente che è stato in grado di muovere Albertino, nei primi anni Novanta, con il suo Deejay Time. Una trasmissione in onda dal 1984 che, all’inizio del decennio successivo, è riuscita a trasformare una sottocultura come quella della musica da club, in un fenomeno a tutti gli effetti mainstream, con un impatto tangibile su luoghi come la Riviera Romagnola, che sulla fame di quel tipo di divertimento ha costruito una vera e propria industria.
Anche la cultura hip hop nostrana deve molto a Radio Deejay. Jovanotti, l’abbiamo già detto, ha fatto parte del suo cast, fin dagli albori dell’invasione americana. Ma dopo di lui hanno trovato il loro primo palcoscenico nazionale, nella radio di Via Massena, personaggi come J-Ax, Fabri Fibra, Marracash, Gali. Tutti gente letteralmente scoperta da Linus e Albertino, con quest’ultimo a capo, addirittura, della prima reunion a tema rap, in Italia, al Forum di Assago, nel 1997.
Non c’è, dunque, di che stupirsi, se le ultime due edizioni del Festival si sono di fatto trasformate in due prolungamenti di questa avventura, con Fiorello, nella serata di ieri, intento nell’immaginare il funerale di Amadeus, elencando tra gli amici chiamati a portare il suo feretro, proprio i compagni di scorribande Jovanotti e Nicola Savino.
Un’“occupazione” che non è destinata a tramontare neppure nelle prossime settimane. A presentare l’Eurovision Song Contest 2022, in diretta dal PalaOlimpico di Torino, sarà Alessandro Cattelan, uno degli speaker attualmente in attività, di Radio Deejay. E se non è egemonia culturale questa…