Intervista intima e audace di Andrea Delogu, che su Specchio rispondendo alle domande di Andrea Malaguti ha parlato di tatuaggi, di terapia, di San Patrignano (dove ha trascorso l’infanzia), di politica, di musica e di televisione, dicendo, tra le altre cose, che Manuel Agnelli «ha un bel telaio» (si può dire, di un uomo? Non equivale a dire, per analogia motoristica, che una donna «ha una bella carrozzeria»?) e che una frase di Franca Leosini le ha fatto provare «un brivido clitorideo».
Scrittrice, autrice, conduttrice, dj, “Andrealarossa” (così si chiama su Instagram e così si sente), comincia parlando dei propri tatuaggi. Sul braccio ha la scritta “Dancing in the dark” (un omaggio a Bruce Springsteen), incisa con la calligrafia sottile di sua madre («mi ha fatto diventare spingsteeniana e, più in generale, quella che sono»), sul collo ha una farfalla («quella è stata una pazzia giovanile. Sono di Rimini. D’estate ci piace esagerare. La farfalla è venuta per sbaglio»), ma l’unico tattoo che considera importante è quello ispirato al Boss («gli altri magari li cancello»).
Andrea Delogu va in terapia: «Da otto anni. In Italia è considerato un lusso o la risorsa di chi non ce la fa più. Invece è un’opportunità a portata di mano. Salva la vita a molti. Con me lo ha fatto. Salvando anche chi mi sta vicino». Come? «Rompo meno le palle. Ci sono momenti in cui l’unica cosa che riesci a vedere è il tuo dolore e pensi che sia evidente a tutti. Semplicemente non è così. Ma io so di non essere sola al mondo e questo fa un’enorme differenza».
Andrealarossa: «Dentro mi sento rossa. E mi schiarisco fino a diventarlo [nel senso di capigliatura]. È il mio colore. Ai tempi del liceo ero un’utopista. Mi sentivo comunista». E adesso? Lo è ancora? «In un senso più moderno. Credo che dovremmo condividere di più. Siamo i re dell’evasione, i signori della macchina parcheggiata sulle strisce perché non c’era posto. Pensare al prossimo, a chi è più fragile, dovrebbe essere un obiettivo di tutti. Ci manca l’idea di comunità». L’ha imparato a San Patrignano, sulla collina di Coriano, nel Riminese, dove si erano conosciuti i suoi genitori: «Per noi la condivisione era ovvia, non serviva che l’insegnassero. Le cose erano di tutti».
Delogu è fan dei Maneskin: «Sono arrivati a Sanremo con spocchia. E io adoro gli spocchiosi. Perché se non riescono a fare le cose che dicono di saper fare, perdono due volte. E loro hanno vinto». Andrea, invece, non ritiene di essere spocchiosa: «Ma il punto è che spesso fare gli umili è più comodo. Protegge. Non impazzisco per gli umili». E veniamo a colui che alla faccia dei propri 55 anni si era esibito a torso nudo assieme ai Maneskin, Manuel Agnelli: «Bravissimo. Davvero. E con un telaio di tutto rispetto. Complimentoni».
Incazzata nera per il video di Grillo in difesa del figlio («una cosa di una gravità folle. Un video che mi ha gelato il sangue»), ottimista sul futuro in tema di (venir meno delle) discriminazioni («sono amareggiata [per la mancata conclusione dell’iter della legge Zan], ma so che arriveremo a essere una società inclusiva e presto la politica avrà bisogno di raccattare voti e li andrà a cercare anche tra le persone che sta discriminando»), Delogu si professa innamorata dell’italiano e si dimostra una “leosiner” a dir poco appassionata: «Colleziono vocabolari. Recentemente, su eBay, ne ho comprato uno magnifico, del 1874. Prendo a prestito una frase della splendida Franca Leosini: “Io non lo conosco l’italiano, lo posseggo”. Quando gliel’ho sentito dire ho provato un brivido clitorideo».