Quindi, se ho capito bene, sostituendo, nelle scuole, Giovanni Verga con Susanna Tamaro i giovani si innamorerebbero della letteratura. Faccio qualche osservazione in ordine sparso perché l’affermazione mi pare non avere un “ordine” di nessun genere, da noi in Sicilia, e Verga conosceva il detto: “Più lunga è la pensata più grossa è la minchiata”, e dato che “Va' dove ti porta il cuore”, dalla stessa Tamaro, pro domo sua, consigliato come testo scolastico al posto di Verga, è di qualche decennio fa, possiamo senza dubbio affermare che la pensata è stata bella lunga.
1) Ma chi ha detto che la scuola debba fare innamorare della letteratura? Andiamoci piano con i sentimenti e con l’invasione della sfera privata dei giovani che si stanno formando. Personalmente diffido moltissimo delle professoresse e dei professori che prendono il loro lavoro come una “missione”. Le “cristologie” degli insegnanti di liceo sono noiose e anche perniciose. Hey! Teacher! Leave your kids alone! (Mia madre insegnava musica. In scuole “ad alto rischio”. L’unica cosa che faceva era regalare agli studenti poveri e con talento strumenti musicali (chitarre e pianoforti verticali), libri di solfeggio, e poi li lasciava liberi di usarli o meno).
2) Non c’è mai stata un’epoca come questa in cui i giovani sono innamorati della letteratura. Mai! Chiedete a qualunque editor di una qualunque casa editrice, o, Tamaro, entri in una libreria e guardi la clientela e gli scaffali dedicati ai cosiddetti “young adult”, e poi vada al cinema a vedere da quali libri sono tratti i film, o semplicemente si informi sul fenomeno Erin Doom, o Harry Potter, o Twilight, o Maze Runner. Lei crede davvero che “Va dove ti porta il cuore” regga il confronto?
3) Verga non si deve “amare”, ma leggere. Leggere per capire che è possibile raccontare la realtà così come è. Ai miei romanzi hanno detto di essere “grotteschi” e “surreali”, soltanto da pochi anni si sta iniziando a capire che il mio è un “verismo” e pure trattenuto. Dal “pesce piccolo che nuota in un laghetto grande” di un parlamentare siciliano, alle motrici dei Tir addobbate a nozze con il tulle e l’organza, a Nello Musumeci che per nominare assessore all’identità siciliana un leghista afferma “ma cos’è questa sicilianità?” (e allora perché c’era quella minchia di assessorato?), ad Angela da Mondello, ai rapper catanesi-napoletani. Verga ci insegna che con la semplice narrazione delle cose così come avvengono si può fare letteratura. Attenzione: non è cronaca. Verga racconta un “mondo”, non si limita a dare informazioni. Di “amarlo” non ce n’è nessun bisogno.
4) Non sono neanche tanto sicuro che la letteratura si debba amare. Vivo di scrittura da sempre e non la considero una benedizione ma una dannazione. Amare la letteratura non è “letteratura”, ma “belletristica”, l’amore per la bella frase, il bacio perugina, la “letteratura” è un corpo a corpo con l’esistenza: David Foster Wallace (faccio solo un esempio) si impiccò nel patio di casa al culmine del suo successo.
5) Io per primo ho scritto che non se ne può più di Sciascia, Pirandello, Bufalino, Consolo. Ma a Teatro o al Cinema, dove spesso vengono usati perché fuori diritti e perché significano successo di critica assicurato. Ma non a scuola. Sono convinto che il compito della scuola sia farla odiare la letteratura, o la musica, o la matematica, ossia deve fare in modo che le persone sappiano al più presto con che cosa hanno a che fare: con la “Bestia” del “Sapere”, non con un passo di minuetto.
6) Gaetano Savatteri e Salvatore Silvano Nigro hanno dato alle stampe l’anno scorso “L’isola nuova” un’antologia di nuovi scrittori siciliani che Verga lo conoscono, ma lo superano o vi rimangono invischiati. Tamaro, ne legga almeno le due introduzioni.
7) Amare i libri è una puttanata. Bisogna avere dei libri da odiare. L’odio per alcuni libri, come per alcuni pensieri, ci fa umani. Ci sono libri che amiamo, ci mancherebbe. Ma li scoviamo noi. Negli anfratti delle librerie, nei mercatini delle pulci, nei sabato sera solitari in cui cerchiamo una libreria che faccia orario prolungato. All’amore non si “obbliga”. Che la scuola debba fare “innamorare” dei libri è un concetto orripilante e spaventoso.