Il Salone del libro? Incredibile. Nonostante si parli molto dei casi di contestazione – ed è normale che sia così – i libri sono stati in un modo o nell’altro i protagonisti di questa edizione. Non solo un boom di vendite (in testa alcuni prevedibilissimi: Michela Murgia, Rosella Postorino, Massimo Recalcati), ma anche l’occasione per conoscere piccoli editori, sfogliare i cataloghi di case editrici storiche come Einaudi e Adelphi. Qualcuno ha lavorato meglio di altri, anche avendo modo di sfruttare spazi e risorse ben maggiori. Ma alla fine della fiera (del libro), quali sono stati gli stand più fighi? E chi ha portato le proposte più interessanti?
Al terzo posto
Altrettanto coerente è stato Adelphi, l’editore più nobile, il filetto del Salone del Libro. Probabilmente vince facile. Copertine eleganti e coloratissime tappezzano le pareti dello stand, il simbolo della casa editrice sulle grandi vetrate, i giovani in nero alle entrate, e le novità in bella vista, che toccano - come è sempre più raro – un livello di altezza intellettuale che non cede mai. Adelphi se ne sta lì, ma sembra un’antica biblioteca mediorientale, magari di un sultano illuminato. Sia Adelphi che Aboca erano al padiglione Oval (il quarto). Merita un terzo posto.
Al secondo posto
Sul podio anche la Sellerio, con il blu delle copertine che spicca nel padiglione 3 e proporzioni geometriche meravigliose. La larghezza dello stand, appena di fronte il salottino allestito sempre della casa editrice siciliana, e l’altezza non eccessiva danno la percezione di un “mercatino” del libro a portata di tutti e decisamente non claustrofobico come altri cubi con librerie con due mensole di troppe in cima e poco spazio per passeggiare (sì, stiamo parlando dell’Einaudi, linda e bianchissima, ma che quest’anno non emoziona nonostante il bianco non passi mai di moda).
And the Winner is...
Inutile procrastinare quanto già si sapeva fin dall’inizio. Aboca è fuori gara, con il Bosco degli scrittori: non tanto uno stand quanto una foresta in miniatura, con uno stagno, un ponticciolo, alberi (veri) e formiche (tante, tante formiche). In giorni piovosi e confusionari, un rifugio nel rifugio per tanti amanti della letteratura, all’interno del quale si sono svolti anche degli incontri per studenti e piccoli. Aboca ha giocato ancora una volta la carta che più di tutte esprime l’essenza dell’editore: la natura al centro e il rapporto dell’uomo con essa. Così lo stand, oltre a essere incredibile, risulta davvero coerente con la proposta di libri. Piccola nota di merito: gli incontri hanno confermato l’enorme capacità divulgativa di Aboca.
Non classificati
Non sufficiente lo stand del gruppo Mondadori che, come molte delle librerie della sua catena, avrebbero potuto esporre calzini smaglianti e mutande al “2 x 3”. Peccato anche per non aver pensato di mettere una teca al centro dello spazio con dentro la nuova edizione di Stagioni diverse di Stephen King, la cui copertina avrebbe meritato un occhio di bue (e forse uno stile dello stand a sua misura). Insomma un centro commerciale, mancavano solo le porte scorrevoli.
Stesso discorso per Feltrinelli. Vasto, vastissimo, con due privé per le interviste concordate e un’organizzazione un po’ confusionaria. Peccato aver puntato ancora una volta sui soliti nomi, avrebbero potuto lavorare di fino magari.
I cataloghi migliori
Difficile far finta che alcune grandi case editrici, come quelle del gruppo Mondadori o Bompiani, non abbiamo a disposizione un catalogo sconfinato di chicche e titoli imbattibili. Dall’ultimo di Cormac McCarthy (Il passeggero, primo di una diade che si chiuderà a settembre) uscito per Einaudi, al V13 total red di Emmanuel Carrère uscito per Adelphi (e vincitore dello Strega Europeo 2023), di grandi nomi e grandi libri ce ne sono stati un po’ ovunque, ma qualche piccolo stand ha proposto qualcosa di unico nel suo genere. Tra i migliori ci sono gli anarchici, gli irregolari, gli elitari, quelli che messi nello stesso posto rischiano di sbranarsi a vicenda. Tra questi i piccoli stand di GOG Edizioni, colpevoli di aver ripubblicato l’eccezionale “egozine” di Tommaso Labranca sotto il titolo Labrancoteque, e di D-Editore, che ha proposto tra gli altri i volumi di Libertaria, l’antologia curata da Gian Piero De Bellis più scomoda e approfondita sulla teoria anarchica. Poi Milieu edizioni, il cui catalogo spazia dalla storia criminale alla storia dei costumi. Tra tutti i titoli uno che colpisce anche per la bellezza della copertina: Supersex. Storia della rivista cult e del leggendario Gabriel Pontello di Gianni Passavini.
Ma due case editrici, su tutte, hanno saputo stupire. Una per una collana in particolare, l’altra, a cui daremo il premio per la miglior proposta di libri, per tutto. Davvero per tutto. Iniziamo con la prima. CartaBook ha lo stand al padiglione Oval. Piccolo, con una vetrina che sembra divisa in due. Da un lato l’assortimento del catalogo, con copertine non troppo di impatto e nulla di particolarmente allettante. Dall’altro una sola collana, con copertine bianche e una scritta in alto a sinistra: “Gli Introvabili”. Proprio così. CartaBook ha scelto di puntare sulla ripubblicazione di titoli ormai introvabili, prime edizioni con tanto di errori di stampa e altri problemi tipografici. Si va dal Fermo e Lucia di Manzoni a un 1984 di Orwell senza una pagina (fornita separata dal volume). E poi il titolo più convincente della serie: Buffalo Bill: L’eroe del Far West, vita e avventure, la biografia romanzata da Luigi Antonio Garrone, che Buffalo Bill lo aveva conosciuto davvero, dell’icona tra tutte di quel Far West epico, in grado di donare non solo tanta materia per il cinema e la letteratura, ma tanta ispirazione a chiunque sappia leggere tra le righe di quel periodo.
E infine l’oro assoluto, la casa editrice per cui vale aver viaggiato da un’altra regione fino al Lingotto. ABEditore, l’editore che ha fatto della paura il cuore della sua selezione incredibile di titoli, che vanno dall’horror al gotico, passando per qualche giallo ricco di suspence. Editore, tra l’altro, che sceglie di reinventare lo stile tipografico tipico ottocentesco, non solo grazie a una materia prima risalente a quel periodo (gli autori son tutti morti), ma anche a un’impaginazione e un uso di varie qualità di carta che hanno reso ABEditore la vera chicca del Salone (e che presto la renderanno tale anche in assoluto nel panorama editoriale italiano). Qualche titolo: La strada degli uomini perduti di Anna Katharine Green, Non disturbare il sonno dei morti (edizione d’arte del primo racconto di vampiri dell’Ottocento, di Ernst Benjamin Salomo Raupach) e poi un vero e proprio capolavoro sconosciuto, I salici di Algernon Blackwood, definito da Lovercraft il miglior racconto sovrannaturale di tutta la letteratura inglese.