La "cellula dormiente" che si era svegliata dal letargo adesso tornerà in “sonno”. Ora che il dovere è stato assolto – scuotere la scena, incasinare le menti e riaccendere la nostalgia – è il momento di chiudere davvero il cerchio? Per Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur, come hanno confermato senza esitazioni, è un sì: i CCCP dopo il prossimo tour non resteranno più insieme. Intanto, durante la conferenza stampa di oggi, hanno annunciato che il 28 marzo uscirà la registrazione audio e video del Gran galà punkettone, lo spettacolo che ha ribaltato Reggio Emilia nell’ottobre 2023, esattamente 34 anni dopo l’ultimo concerto. Il tutto in edizione speciale limitata con LP (USM/Universal Music Italia). Ma prima, il 21 marzo, il film sarà proiettato al Teatro Valli, con la band. E poi? Sette ultimi concerti: al 30 giugno al Circo Massimo di Roma al 30 luglio al Teatro Antico di Taormina. I CCCP - Fedeli alla linea chiudono bottega. Lo giurano. Di nuovo. Ma sarà vero? Li abbiamo incontrati.

All’Arci Bellezza di Milano l’aria è già carica di simbolismo prima ancora che Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur salgano sul palco. In bagno, dicono al microfono, qualcuno dimentica “un ombrellone Lgbt”. Il punk è anche questo. Poi arriva Riccardo Vitanza di Parole e Dintorni e chiude il sipario ancora prima di aprirlo: "Questa è l’ultima conferenza stampa dei CCCP, di questi signori che hanno scritto pagine memorabili del rock italiano”. Così, non stupisce che subito dopo Ferretti parte in modalità predicatore: "La vita non dura che un istante e ha connotazioni fisiologiche. Tutto è nato con Felicitazioni, una mostra-mostro, ed ero convinto che fosse l’ultima. Trovarmi di fianco a Zamboni è stata una scarica elettrica. Ho ricostruito la mia vita. Annarella è una deità, Arci Bellezza è lei. Con Battagliero ho scoperto che è un pezzo da far invidia alle grandi orchestre di liscio. Nel frattempo ho avuto un infarto, e quando Zamboni l’ha saputo c’è finito anche lui all’ospedale. Siamo vecchi. Le cose hanno un termine”. E ricorda: “Già gli scorsi concerti non sono stati semplici, e non ho detto di no perché la mia volontà è indifferente, però c’è una questione di dignità di questi quattro esseri strepitosi sul palco. Le cose devono finire, ma per finire necessitano di una cerimonia. A Zamboni ho detto: se muoio sul palco ricordatevi che siete i CCCP non fate cose patetiche. E Massimo mi ha risposto: sono buoni tutti a morire, più difficile è risorgere”.

"Le canzoni dei CCCP sono diventate preghiere. Sono quelle cose che un tempo faceva la poesia. Come se fossimo dei bardi di una generazione. Siamo qualcosa che è successo. Il pubblico nuovo ci ha dato un’energia incredibile, possiamo consolarlo per un periodo e poi è giusto che ognuno vada per la propria strada”, continua Ferretti. E Zamboni lo rintuzza con pragmatismo: “Nel 1990 i blocchi sembravano superati per una pace duratura. Come 35 anni fa ci ritroviamo con un comunicato da leggere. Siamo l’unico stato socialista ad averlo concluso il proprio piano quinquennale. È impressionante anche per noi quello che è successo. Il ricrearsi di una moltitudine, l’affetto dei ragazzi afflitti come noi da mancanza d’aria. E gli adulti con le nostre canzoni come colonna sonora della loro vita”. Ma precisa: “Attenzione, altre chiamate non ce ne saranno”. Anche perché, ci tiene a precisare: “Il dover fare qualcosa non si abbina bene a noi. Non abbiamo composto canzoni nuove. Non è una storia da rilanciare nel futuro. Ci saranno ancora i CCCP, ma anche in nostra assenza”. Più rassegnato Fatur: "Ho iniziato facendo vedere il culo, non sono cambiato tanto se non arricchendo la mia esibizione con la meccanica, usando gli attrezzi da lavoro. Grazie ai CCCP ho potuto esprimere la mia arte da stripteaser maschile. È cabaret padano-berlinese. Così abbiamo proposto uno spettacolo filo-sovietico ancora in parte inesplorato. Ogni volta che si sciolgono mi spiace, perché perdo il lavoro. Ma, come in passato, tornerò nell’underground”. Durante la conferenza stampa c’è stato poi spazio anche per rispondere ad alcune polemiche che li hanno investiti nei mesi scorsi: "Se il pubblico dei CCCP ha problemi con i CCCP di oggi, cazzi loro. Troveranno il modo di risolverlo. L’omogeneità non c’è più neanche nelle famiglie, sul riarmo si rompono anche dei fidanzamenti. Non siamo servi del pubblico, al massimo possiamo arrivare a una sana scissione. Siamo padroni della nostra storia e non inclini a compromessi”, spiega Ferretti. Che chiude anche la questione del prezzo dei biglietti: “Non voglio fare i concerti gratuiti. È un lavoro che va pagato. Ti togli soldi per vedere qualcosa che ti accrescerà. Lo dico rispetto alle critiche per il concerto a Bologna. Facciamo concerti per chi apprezza il nostro lavoro, altrimenti stai a casa”. Siccome, però, la fine va celebrata, abbiamo avuto anche la possibilità di fargli qualche domanda a parte. E questo cosa ci hanno detto, anche su possibili eredi, in quella che si può considerare davvero l'ultima intervista.

Dopo tante domande e tante risposte, a chi non crede realmente a un vostro addio, cosa rispondereste?
Giovanni Lindo Ferretti: abbiamo detto attenzione, perché questa si chiama l’ultima chiamata. Non venite a recriminare ad agosto, perché il 30 luglio termina la nostra storia pubblica. Io mi sono ricreduto su un sacco di cose nella vita e quindi qualcuno si dovrà ricredere anche su questo. Davvero, è l’ultima chiamata.
C’è un libro di Tiziano Terzani intitolato La fine è il mio inizio. Vi rispecchiate in questo pensiero?
Massimo Zamboni: Annarella è più in sintonia con questo pensiero di quanto lo siamo noi. Però, essendo un pensiero profondo, ognuno può trovare la propria strada per staccarsi.
Giovanni Lindo Ferretti: la fine è il materico, il materiale umano, il dubbio. Io considero la morte un grande inizio. Quindi no, non mi preoccupa.
Un’altra cosa che è tornata con i CCCP sono le "scissioni". Giovanni ha parlato delle scissioni nel pubblico in base alle critiche, che però non vi hanno preoccupato, anzi in qualche caso esaltato. Oggi gli artisti sembrano sempre più lontani dal confronto critico con il pubblico.
Massimo Zamboni: noi siamo nati in mezzo al litigio, alla rissa. Abbiamo ricevuto sul palco bottiglie, sassi, zolle di terra, bastoni, patatine con il ketchup… Abbiamo anche invaso il pubblico con Fatur che si buttava in mezzo! Anche il pubblico, da parte sua, ha rischiato parecchio. Siamo stati abituati al conflitto con il pubblico.
Giovanni Lindo Ferretti: Questo fa parte del nostro… non voglio neanche chiamarlo spettacolo, perché oggi è troppo facile parlare di spettacolo. Fa parte del nostro essere. E oggi questo sale manca, anche nel pubblico, che è troppo pro a tutto quello che fanno gli artisti.
Anche la critica non se la passa benissimo.
Massimo Zamboni: oggi è difficile. Se pensi alla grande polemica letteraria che ha sollevato il nostro amico Michele Rossi (sulla recensioni “figlie dell’amichettismo”), ma anche tanti altri… Non escono più recensioni che stroncano. Sembra che non si possa più dire un’opinione contraria e polemica.
Giovanni Lindo Ferretti: se scrivi un libro e aspetti solo recensioni positive, se fai un disco e aspetti solo recensioni positive… Noi siamo sempre stati qualcosa di molto vitale. E se una cosa è vitale, non c’è dubbio che aggreghi, ma deve anche dividere.
Massimo Zamboni: oggi nel mondo non c’è più nulla di stabile. Ciò che oggi è aggregato, domani, per lo stesso motivo, può disgregarsi. Se il palco è cosa viva, deve rispettare la realtà.
Giovanni Lindo Ferretti: noi siamo vecchi punkettoni, quindi capiamo anche di cattivo gusto. E a me queste cose mi annoiano. Se hai un pubblico che ti riconosce solo il tuo valore, dopo un po’ ti stanchi. Ma se qualcuno ti rimette in discussione, ti dà motivo di controbattere, di migliorare, di cambiare, perché potrebbe anche avere ragione, perché no?
Durante la conferenza stampa avete parlato anche di estetica e corpo. Oggi il corpo è ancora un campo di battaglia, sia per chi lo mostra che per chi lo copre. Non è cambiato niente?
Giovanni Lindo Ferretti: alla fine è un’ossessione che il genere umano si porta dietro da millenni. Non da decenni, non dall’oggi. Sembra che bisogna torturarlo per poterlo sconfiggere questo corpo.
Massimo Zamboni: le polemiche di cui parli… non faccio nomi, ma non durano neanche il tempo di andare in stampa di un giornale.
Giovanni Lindo Ferretti: però c’è un’accettazione del corpo, una potenza del corpo. Quando siamo nati noi, i CCCP avevano già un nucleo di canzoni forti, ma mancava qualcosa. Io e Massimo dovevamo fare musica da ballo per i giovani proletari. Ma quando suonavamo, nessuno ballava. Ci siamo chiesti: che problema abbiamo? Abbiamo capito che servivano i corpi. Ci voleva carne sul palco. In questo caso di Annarella e Fatur.
Massimo Zamboni: il corpo è sempre stato fondamentale. Oggi si combattono battaglie di moralismi sciocchi e proclami, ma la verità è che il corpo non lo dimentichi, mai!
Questo è un addio con tanto di cerimonia. Ma ci sono già degli eredi dei CCCP?
Giovanni Lindo Ferretti: l’eredità va presa con responsabilità. Gli eredi devono stare attenti a quello che si spartiranno. Non basta l’idea.
Massimo Zamboni: i CCCP sono alla fine della loro storia. Se qualcuno si sente erede, si deve giocare le sue carte.
Lo decide il pubblico?
Giovanni Lindo Ferretti: noi abbiamo sempre avuto un rapporto contraddittorio col pubblico. Abbiamo cominciato tirando il filo spinato: noi siamo noi, e voi non siete un cazzo. Poi lo abbiamo tolto. Poi abbiamo finito cantando “Non dire una parola che non sia d’amore”.
Massimo Zamboni: se lo decidesse solo il pubblico, non sarebbe un erede dei CCCP. Se lo decidesse da solo un erede, non sarebbe un erede dei CCCP. E poi il mondo è cambiato. A chi è giovane, a chi nasce oggi sul palco e apprezza i CCCP, dico: non rifate la storia dei CCCP. Noi non abbiamo rifatto niente di quello che c’era prima di noi. Prendete quello sguardo sul mondo, ma fate qualcosa di diverso.
