Fedez, il trasformista. Non alla David Bowie, che incarnava un’ideale cangiante di “arte pop”, bensì colui che ieri l’altro era un maître à penser dalla rima facile (“Ma non sono mai stato hip hop, sono sempre stato pop”, ebbe a dire davanti a un facilmente impressionabile Antonio Dikele Distefano), ieri era soprattutto il marito di Chiara Ferragni e l’agitatore del “Muschio selvaggio” e oggi… Oggi si reinventa in salsa Brazilian phonk (evoluzione ultima del baile funk) per fare brutto, colonizzare TikTok e abbassare ulteriormente il target d’età dei suoi follower. Se questi erano gli intenti, la missione è assolutamente riuscita. “Rosalìa”, fuori da qualche ora, è un teen banger cafonissimo in cui, indovinate un po’, la base funziona a meraviglia e sostiene versi di sfavillante e volgarotto “fun”. Solite cose, ascoltate mille volte. Le tro*e di Instagram come trofei da sbattere in faccia a un mondo rosicante e sbavante, Rosalìa che più che una donna è un “cu*o grosso”. E poi i brand dello sballo, da Ibiza alla Porsche. Le buste, la Mini Cooper, le allusioni gangsta, un immaginario trito che ha l’unico scopo (speriamo) di farti muovere mostrando, nel frattempo, un sorrisone malizioso.
Perché, oltre a quello, i due minuti e quarantadue secondi di “Rosalìa” non dovrebbero andare o potrebbero osare. Prodotto (bene) da Raizhell, il pezzo avvicina i timbri immediatamente sovrapponibili di Fedez e Taxi B. L’effetto del brano è quello di un martello dalle atmosfere luciferine che ha il compito, dalla citata Puglia in su, di arroventare un party estivo. Ciò che forse convince poco, ma qui si torna al percepito (e i clienti, giovanissimi, di pezzi come questi sembrano ancora inclini a farsi stupire dall’ennesimo sguardo storto ricoperto da tatuaggi – vedi video), è come pezzi simili possano ancora fare così presa (perché il suo destino, in questo senso, è scritto) su un pubblico di bocca buona che evidentemente anela nuovi episodi della medesima ripetitiva favola. Che si cada in un campo drill, in un giardino trap o, come in questo caso, in un orto Brazilian phonk, alla fine non ci schiodiamo da lì: la mia bitch ha scelto me perché sono un farabutto (se non addirittura un gangsta). Nulla di sconvolgente, anzi l’ennesima riproposizione di un manifesto che la Gen Z ha già ampiamente fatto proprio.
Repetita, quindi, serviunt? Boh, solo i numeri e la fede(z) nei numeri ce lo possono dire. Ci verrebbe da credere che certi concetti dovrebbero ormai provocare nausea, tanto ce li hanno urlati addosso per lustri, ma forse non è così. Forse i temi, più che i concetti, di “Rosalìa” saranno destinati ad essere ribaditi ancora “n volte” attraverso nuove produzioni, nuovi sapori sonori. Non sarebbe male, ascoltare anche altro. È di qualche giorno fa il mix che The Streets ha firmato per il Fabric inglese. Sembra un altro mondo. Il contesto è quello di un club “urban”, eppure le produzioni zigzagano ovunque, sfiorano il soul e l’hip hop ma al centro hanno la UK garage, il grime, un wonky bass. Da noi comanda ancora, invece, un mono-sound che pare inscalfibile. Questa “Rosalìa”, almeno, propone un’interessante variazione sul consueto tema sonoro. Per il resto è il solito notturno mondaccio cool che viene presentato, arridaje, come er mejo.