Guy Ritchie è un regista che non va per il sottile quando si tratta di violenza. Se c’è da sparare una volta in più, si spara. Se qualcuno deve morire, muore. Specie se si tratta di nazisti: in quel caso, nessuna pietà. Il Ministero della guerra sporca, l’ultimo film di Ritchie, dopo l’uscita nei cinema americani, è arrivato anche in Italia su Amazon Prime Video. Direttamente in streaming, senza passare dalla sala. In America, comunque, l’accoglienza nei cinema è stata piuttosto fredda, nonostante un cast composto anche da Henry Cavill (The Witcher) ed Eiza Gonzalez (Il problema dei tre corpi). La storia è di quelle impegnative: durante la Seconda guerra mondiale, il Regno Unito è quasi capitolato al cospetto dei bombardamenti dell’esercito nazista di Adolf Hitler. L’unica speranza è l’arrivo degli alleati americani, i quali faticano ad attraversare l’Atlantico a causa della presenza dei sommergibili tedeschi: gli U-Boot controllano i mari. Il Primo ministro Winston Churchill decide di ingaggiare dei soldati, tra cui alcuni detenuti, per sabotare i rifornimenti e inceppare l’apparato navale che domina l’Oceano. E che sta consegnando l’Europa nelle mani del Führer. Tra i selezionatori della squadra che dovrà compiere la missione c’è anche Ian Fleming, agente segreto e poi ideatore del personaggio James Bond. La vicenda della “Operazione Postmaster” è tratta da documenti ufficiale desecretati di recente, una missione realmente accaduta. E portata a termine. Gus March-Phillips (Henry Cavill), guiderà il gruppo composto da Marjorie Stewart (Eiza Gonzalez), Anders Lassen (Alan Ritchson), Freddy Alvarez (Henry Golding), Geoffrey Appleyard (Alex Pettyferr), Henry Hayes (Hero Fiennes Tiffin), Richard Heron (Babs Olusanmokun) verso la Guinea occupata per fermare i rifornimenti ai sommergibili tedeschi e permettere così agli alleati di sbarcare in Europa.
Ritchie certamente vuole ricordare le azioni necessarie di quella squadra, dei servizi che, al di là del bene e del male, compiono missioni imprescindibili per il raggiungimento della vittoria. Ma Il Ministero della guerra sporca è anche un omaggio a chi, quella guerra, l’ha raccontata nei modi più diversi. Ian Fleming e Quentin Tarantino su tutti: impossibile non vedere nel film di Ritchie i riferimenti a Bastardi senza gloria (da cui eredita anche Til Schweiger, capitano nazista oggi come allora), soprattutto per la nettezza con cui si decide per la morte del nemico. Non ci sono prigionieri: la divisa con i teschi d’argento è un motivo sufficiente a concedere la morte. Una guerra fatta con mezzi non da gentiluomini. Rispetto alla serie The Gentleman (per l’appunto), però, Ritchie non riesce a sprigionare tutta la forza dei suoi dialoghi. Lo scambio di battute veloci, i giochi di parole, la capacità di sfruttare ogni conversazione, anche la più insignificante, per tenere agganciata l’attenzione dello spettatore sono le sue armi migliori. L’originalità della trama, dunque, passa quasi in secondo piano. In questo caso, purtroppo, è meno efficace del solito. Winston Churchill è un personaggio un po’ pallido (ancora abbiamo negli occhi la prova di Gary Oldman?), mentre le “tarantinate” non bastano a portare il film al livello di Bastardi senza gloria. La moltiplicazione dei contenuti in streaming ha reso ancora più stereotipati molti personaggi (il mascalzone di buon cuore, il violento ma moralista, la donna seduttrice e letale) che con il passare del tempo perdono sempre più di sostanza. Guy Ritchie riesce solitamente a salvarsi con la forza della scrittura. Stavolta, però, si poteva fare meglio.