La Chiesa perde pezzi, fedeli e seguaci. Le mosse comunicative di papa Francesco di certo non aiutano. Il “frociag*ine-gate” se lo ricordano ancora tutti troppo bene. E se fino a poco tempo fa il pontefice era considerato il campione di un cattolicesimo progressista, questo giudizio è stato necessariamente rivisto. Cosa dovrebbe fare il Vaticano, dunque, per ritornare il trascinatore della società? Chissà che la risposta non possa essere trovata in Padre Pio, il nuovo film di Abel Ferrara. Sì, proprio il regista de Il cattivo tenente con Harvey Keitel e di The King of New York con Christopher Walken. Quella di padre Pio (interpretato da Shia LaBeouf) è una storia di caduta e risalita, di dannazione e salvazione. Una vita che assume la forma di un Purgatorio da cui elevarsi, con fatica e dolore. “Mi ha colpito il fatto che padre Pio sia un secondo Cristo, un Cristo italiano. E poi è un Santo, un eroe popolare che spesso viene rappresentato come un Dio, ma allo stesso tempo è così contemporaneo”, ha detto Ferrara del suo protagonista. Un’altra storia italiana dopo quella raccontata in Pasolini (nelle sembianze di Willem Defoe). E non c’è calvario senza violenza fisica: quella del padre cappuccino, subita in sogno (contatto con Dio o follia?), e quella degli italiani, ridotti a straccioni dopo la Prima guerra mondiale. Un conflitto che ne aprì uno ulteriore: quello per la sopravvivenza, della lotta tra poveri. Per alcuni, la lotta di classe. E quindi sono due i binari del film; il primo che percorre la battaglia interiore, quella di padre Pio, costretto al confronto con i propri dubbi e con la sofferenza che dilaga intorno a lui; il secondo, invece, che riguarda l’Italia e le sue contraddizioni, le prospettive di futuro, ispirate da chi crede nella rivoluzione, ma represse da coloro che diventeranno le camicie nere. Il culmine della violenza arriva il 14 ottobre 1920, dopo le prime elezioni libere d’Italia. I socialisti stanno per prendere il potere a San Giovanni Rotondo: sono, infatti, i vincitori delle elezioni, ma vengono fermati dalle divise. E uccisi (muoiono in 13). L’apice della brutalità che coincide con il completo (e discusso) sviluppo della maturità spirituale di Pio, che proprio in quei momenti riceve le stimmate. Nel cast ricordiamo anche la presenza di Asia Argento, la quale incarna un demone tentatore, uno dei molti che annebbiano la mente del frate cappuccino. Ma il film di Ferrara, dicevamo, ha ispirato uno dei suoi interpreti in maniera molto profonda.
Shia LaBeouf, nel corso delle riprese, ha trovato la fede. Un’immedesimazione totale, così intensa da renderlo parte della comunità della chiesa. Una redenzione che parte dalla vita vera dell’attore. L’ex protagonista di Transformers, infatti, ha un passato decisamente travagliato, caratterizzato dalle accuse della sua ex ragazza Fka Twigs, che ha denunciato le molestie e i maltrattamenti subiti. Pare che anche Mel Gibson abbia avuto un ruolo di mediatore tra l’attore e Dio, introducendo LaBeouf alla messa in latino. Tutti ricordiamo il cruento La passione di Cristo, la storia della via crucis di Gesù, e le frustate sulla schiena di Jim Caviezel nelle vesti del Messia. Speriamo che Gibson sia stato meno carnale nella spiegazione del “Verbo”. Insomma, più del progressismo, svilito dalle uscite malsane di papa Francesco, la storia di padre Pio può davvero portare alla scoperta di Dio? Chissà, forse per un’esperienza totale occorre essere un attore. Immedesimarsi così a fondo da sovrapporsi alla fede del personaggio che si sta interpretando. Almeno, dopo questo film, la chiesa ha trovato un nuovo membro. Il resto del mondo, però, rimane decisamente più difficile da liberare dal peccato.