Alla facilità comunicativa che i social hanno garantito corrisponde una necessità sempre maggior di tutelarsi dai messaggi ingannevoli. Con il moltiplicarsi dei contenuti, il rischio di essere truffati aumenta esponenzialmente. Come difendersi? Quali sono i limiti che i content creator non devono superare nella loro comunicazione? Domande le cui risposte sono in continua evoluzione. L’Antitrust ha deciso di avviare un’istruttoria nei confronti di alcuni presunti esperti formatori: si tratta di Luke Marani, Big Luca, Hamza Mourai, Alessandro Berton, Michele Leka e Davide Caiazzo. Al centro dell’azione dell’Autorità ci sarebbero proprio le strategie messe in campo da questi “guru”. Vedremo come deciderà di procedere. Nel frattempo, per fare chiarezza, andando al di là dei singoli casi, abbiamo chiesto all’avvocato Floriana Capone, esperta di Ecommerce e fondatrice di Ecommerce Legale, alcuni chiarimenti. “Una pratica commerciale è considerata scorretta quando distorce significativamente il comportamento economico del consumatore medio”, ci ha detto. Poi le ragioni delle difficoltà dell’Antitrust di stare dietro a eventuali truffe, l’ammontare delle possibili sanzioni (e il diritto a ottenere il rimborso) e la facilità nella fondazione di un’Academy (“Oggi è molto semplice fondare un'Academy, tuttavia…”). Mentre sul trading e i gruppi Telegram “la questione è delicata”.
Avvocato Floriana Capone, qual è il confine tra strategia "furba" e comunicazione ingannevole?
Il confine risiede nella trasparenza e nell'onestà della pratica commerciale nei confronti dei consumatori. Una pratica commerciale si intende qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale, inclusi il marketing, i contenuti dei siti web e dei social media di cui un professionista o azienda si serve per promuovere la vendita o la fornitura di beni e servizi ai consumatori. Una pratica commerciale è considerata scorretta quando distorce significativamente il comportamento economico del consumatore medio, facendogli compiere un acquisto che senza quella pratica commerciale scorretta non avrebbe compiuto.
Quali sono le sanzioni in cui si può incorrere nel secondo caso?
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm o Antitrust) può comminare sanzioni che vanno da 5.000 euro a 10.000.000 euro, a seconda della gravità e dell'impatto sul consumatore
I presunti guru usano in maniera continua degli escamotage comunicativi aggressivi (come il riferimento alla scarsità): come mai l'Antitrust se n'è accorta solo ora? È ipotizzabile una legge specifica per questo tipo di truffe?
Le pratiche commerciali scorrette possono essere ingannevoli o aggressive. Sono ingannevoli quando inducono in errore il consumatore medio su aspetti come prezzo, disponibilità, caratteristiche del prodotto o del servizio. Sono aggressive quando utilizzano molestie, coercizione o indebita pressione per influenzare il comportamento del consumatore, soprattutto se rivolte a consumatori più vulnerabili. L'ampia diffusione dei social media ha aumentato l'impatto di queste pratiche, rendendo necessaria una maggiore attenzione da parte delle autorità. Probabilmente, grazie al lavoro delle associazioni dei consumatori, l'Agcm ha ritenuto opportuno intervenire su questa questione. Esistono già normative come il Codice del consumo e il Codice penale che prevedono tutele per i consumatori e puniscono le attività fraudolente. Per esempio, il Codice penale prevede il reato di truffa online come forma aggravata della truffa (Art. 640, 2-ter, del Codice penale, ndr). Tuttavia, l'attuazione di queste norme può essere lenta rispetto alla rapida evoluzione di questi fenomeni.
Il fatto che le società dei guru si trovino spesso all'estero come cambia le cose? L'Europa ha dei regolamenti condivisi in questa materia?
La normativa a tutela dei consumatori è principalmente di matrice europea, quindi i paesi europei condividono i principi fondamentali della normativa consumeristica, con alcune differenze nazionali. Il problema sorge quando le società dei guru hanno sede in paradisi fiscali senza trasparenza e reciprocità nelle informazioni. Anche se si può attrarre la giurisdizione europea, i provvedimenti risultano difficili da attuare. Le soluzioni in questo caso possono essere di tipo tecnologico. In questi casi, il Garante può adottare misure tecnologiche, come l'oscuramento dei siti web.
Nel caso in cui si venga truffati esiste un modo per essere risarciti?
Innanzitutto ricordiamo che i consumatori hanno il diritto di recesso, cioè il diritto di richiedere la restituzione di quanto pagato per il servizio entro 14 giorni dal momento in cui è stato concluso il contratto. Inoltre, se il servizio offerto non corrisponde a quanto descritto, si può far valere l'inadempimento contrattuale per ottenere la risoluzione del contratto e la restituzione del pagamento. In caso di truffa, la strada da seguire è quella penale che prevede la querela della parte offesa, entro tre mesi da quando si ha notizia del reato. Per le truffe online, l’Autorità può procedere anche d’ufficio. La parte lesa può costituirsi parte civile nel procedimento penale e chiedere il risarcimento del danno. In ogni caso, per ottenere il risarcimento dei danni, è indispensabile far valere il proprio diritto entro cinque anni dall'atto ingannevole, altrimenti si incorre nella prescrizione.
Sono credibili i guru che orientano la comunicazione con messaggi del tipo: “Il pagamento avverrà solo a risultati raggiunti”?
Questi messaggi possono sembrare allettanti, ma è essenziale verificare l'affidabilità e la trasparenza del servizio offerto. Spesso, queste promesse non sono supportate da garanzie concrete.
Alcuni di loro impostano il loro business con dei sistemi di copy trading tramite Telegram: è consentito? È come se stessero “consigliando” prodotti finanziari senza essere dei consulenti veri e propri, pur non facendo sottoscrivere nessun contratto.
Questo è un tema delicato. Il Testo Unico sulla Finanza (Tuf) riserva l'attività di consulenza finanziaria a coloro che hanno ottenuto l'abilitazione. Consigliare prodotti finanziari senza essere consulenti abilitati può violare le normative vigenti, soprattutto se si tratta di consulenza personalizzata su certi strumenti finanziari.
Le piattaforme social potrebbero in qualche modo fare da filtro tra gli utenti e questi formatori?
Le piattaforme social dovrebbero rimuovere i contenuti illegali, come previsto dall'articolo 9 del Digital Service Act. Le autorità nazionali possono ordinare alle piattaforme di eliminare contenuti illeciti, specificandone i motivi.
È davvero così semplice fondare una Academy come molti guru fanno?
Oggi è molto semplice fondare un'Academy grazie agli strumenti tecnologici e di comunicazione disponibili. Tuttavia, creare un'Academy di valore e credibilità è molto più complesso e richiede competenze, trasparenza e un impegno costante nella formazione di qualità. Un impegno che purtroppo non tutti si sentono di assumere, essendo molto più impegnativa e difficile come strada da percorrere.