Attenzione, a quanto pare l’ex magistrato Giancarlo Capaldo durante l’audizione in Commissione avrebbe fatto marcia indietro rispetto ai suoi racconti passati: “Con il Vaticano non c’è stata una trattativa. C’è stata una richiesta di collaborazione formulata da loro alla quale io ho risposto positivamente chiedendo una collaborazione attiva”. Così Capaldo ha definito gli incontri in Procura con i due emissari del Vaticano, capo e vice capo della gendarmeria: Giani e Alessandrini. Un incontro che in tutti questi anni è sempre stato associato alla parola "trattativa", e a cui si è aggiunto un nuovo personaggio: padre Georg: “Giani si è presentato con Alessandrini in Procura: mi hanno detto che non erano venuti spontaneamente, ma incaricati da padre Georg che voleva segnalare alcune preoccupazioni del Vaticano che veniva presentato dalla stampa come ente poco collaborativo nella ricerca della quindicenne. In particolare Giani mi chiese, come se stesse facendo da tramite a padre Georg, di aprire la tomba di De Pedis (nella Basilica di SantìApollinare)perché il Vaticano riteneva importante che fosse aperta dalla Procura di Roma. Coloro che volevano aprire la tomba, volevano controllare se con la bara di De Pedis (boss della Banda della Magliana) fosse sepolta anche la salma di Emanuela Orlandi. Io ho segnalai che la ritenevo un’ipotesi assolutamente inverosimile visto che Orlandi era sparita nel giugno del 1983 e De Pedis è stato ucciso nel febbraio del 1990″. Questa la risposta di Capaldo alla “richiesta” del Vaticano: “Ho detto loro che saremmo stati disposti come Procura di Roma se loro fossero stati disposti a collaborare per capire cosa fosse successo ad Orlandi. Aprire la tomba solo per aprirla e trasferirla non era un’operazione giudiziaria da Procura della Repubblica, era solo un piacere che veniva richiesto”. All’incontro era presente anche la dottoressa Simona Maisto, all’epoca contitolare dell’indagine, scomparsa nel 2022, e che quindi non potrà raccontare la sua versione dei fatti.
E sulla possibilità che Marco Accetti, conosciuto anche come l’Americano, l’uomo che probabilmente fece delle telefonate a casa Orlandi potesse conoscere Emanuela: “Io riterrei non impossibile anzi estremamente probabile che Accetti abbia conosciuto Emanuela Orlandi perché gravitava su piazza Navona e piazza delle Cinque Lune che era la zona in cui gravitava lo stesso Accetti, e lui fermava tutte le ragazze. Dal mio punto vista probabilmente ha depistato le indagini perché io ritengo che con probabilità che l’Americano’ si possa identificare in Accetti. Nel marzo 2013 venne da me. Le prime dichiarazioni di Accetti furono che era stato in Francia dove aveva incontrato Emanuela Orlandi in vita, questo incontro sarebbe avvenuto nel febbraio precedente. Accetti disse che il motivo per cui si era deciso a raccontare la vicenda era sia perché aveva incontrato Emanuela viva sia perché, con il cambio del Papa (Francesco ndr) poteva pensare a un cambio, a un’apertura della curia romana e voleva inserirsi con le sue verità in questa vicenda”. Ma chi è veramente Marco Accetti? Fotografo romano che dal 2013 ha iniziato a far parlare di sé dopo essersi autoaccusato del rapimento di Emanuela Orlandi. Come mai tanto scalpore? Come prova portò un flauto identico a quello della ragazza, studentessa di flauto traverso, che aveva con sé il giorno della scomparsa il 22 giugno 1983. Ricordiamo però che Accetti non è mai stato accusato di nulla, anzi alcune perizie sostengono che sia affetto da un disturbo narcisistico, motivo per cui avrebbe tentato di inserirsi nel caso per ottenere il suo momento di gloria e fama. Ma non finisce qui. Come dimenticare il suo curriculum criminale di tutto rispetto, che ha portato Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, a non credere ai suoi racconti definendolo un mitomane in cerca solo di un po' di visibilità.