È tutto un gioco di potere? Oggi in Commissione d’inchiesta verrà ascoltato nuovamente l’ex magistrato Giancarlo Capaldo, che si è occupato a lungo del caso della scomparsa di Emanuela Orlandi prima dell’ultima archiviazione voluta dall’allora Procuratore Giuseppe Pignatone, che ora ricopre il ruolo di presidente del Tribunale Vaticano. Capaldo, durante la sua audizione, ha parlato del ruolo di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, nella sparizione della quindicenne cittadina vaticana: “Con la vicenda Orlandi secondo me c’entra Enrico De Pedis non la Banda della Magliana, è una vicenda personale di De Pedis. Non è che la Banda della Magliana volesse ricattare qualcuno come il Papa e il Vaticano, è un altro genere di attività che fu messa in campo. De Pedis ha avuto il ruolo di organizzare il prelevamento e il sequestro della ragazza e poi la restituzione della ragazza a una persona non identificata. Non sapeva neppure perché Emanuela Orlandi era stata sequestrata, ne ha partecipato alla gestione di eventuali trattative successive. È da vedere come colui che ha organizzato, sul piano materiale, un servizio di basso livello ma molto utile e particolare per qualcuno”. Un ruolo quindi, secondo Capaldo, di pura manovalanza.
Enrico De Pedis, nel racconto di Capaldo, torna anche più avanti. Il boss, ucciso nel 1990, fu sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare. Il magistrato ha raccontato più di una volta di quando incontrò il capo e il vicecapo della gendarmeria Domenico Giani e Costanzo Alessandrini, che gli chiesero collaborazione nell’aprire la tomba di De Pedis, che si trovava proprio nella Chiesa da dove scomparve Emanuela. Il motivo? Togliere la Santa Sede dall’imbarazzo di aver fatto seppellire un criminale all’interno di una Basilica: “il dottor Giani mi fece presente che non veniva di sua spontanea volontà ma perché era stato incaricato da padre Georg come segretario di Benedetto XVI e voleva segnalare che che il Vaticano era preoccupato da una serie di valutazioni che si facevano sulla stampa che coinvolgevano il Vaticano come ente poco collaborativo nella ricerca di Emanuela Orlandi e, in particolare, Giani mi chiese come se fosse una richiesta che lui transitava, diciamo così, da padre Georg, di aprire la tomba di De Pedis perché il Vaticano riteneva importante che fosse aperta dalla Procura di Roma. Io prospettai al dottor Giani che il motivo per cui sulla stampa c’era questo ampio dibattito se aprire o no, era perché coloro che volevano aprirla, volevano controllare se con la bara di De Pedis fosse sepolta anche la salma della Orlandi, io segnalai che la ritenevo una ipotesi assolutamente inverosimile posto che la Orlandi era sparita nel giugno dell’ 83 e De Pedis viene ucciso nel febbraio del ’90. Comunque sostanzialmente il Vaticano non voleva la responsabilità di adottare un provvedimento di traslazione della tomba, io segnalai che come aveva dato l’autorizzazione alla sepoltura poteva dare l’autorizzazione alla traslazione e riferii a Giani che non era per me una priorità nelle indagini aprire la tomba di De Pedis, e lo invitai a valutare che come magistratura italiana non avevamo mai avuto un reale aiuto nelle rogatorie inoltrate alla magistratura vaticana. Allora gli dico, lei mi chiede una collaborazione e io le chiedo una collaborazione, anche perché da varie fonti a noi risultava che il Vaticano fosse in possesso di un fascicolo su Emanuela Orlandi. Io dissi che non avevo difficoltà a una collaborazione nelle forme previste dalla legge sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la priorità per la procura di Roma, naturalmente, era comprendere la fine che poteva aver fatto la ragazza, se era viva, se era morta e se era morta dove poteva essere sepolta, e poiché ritenevo e ritengo ancora che c’è un mondo ristretto e selezionato in Vaticano, chiedevo a Giani che nel procedere comunemente nella ricerca della verità e anche eventualmente nella traslazione della salma, ci fosse una collaborazione a riguardo. Giani mi rispose che ne avrebbe parlato con mons. Georg, mi disse che avrebbe dovuto chiedere una autorizzazione per svolgere attività insieme e per il recupero del corpo e della salma se la ragazza fosse morta. Alcuni giorni dopo mi fece sapere che era d’accordo nel procedere così. Dopodiché invece non ho avuto più notizie". Padre Georg è lo stesso che ha più volte ribadito l’inesistenza di un fascicolo su Emanuela in Vaticano. Cosa accadrà oggi, nella seconda parte dell’audizione di Capaldo?