Chiara Ferragni scivola di nuovo sul tema della beneficienza e lo fa tramite il proprio profilo Instagram. Una rapida storia in cui ha parlato della chiusura del procedimento che l’Antitrust aveva avviato nei suoi confronti per il caso delle uova di Pasqua realizzate insieme all’azienda Dolci Preziosi. Nel mirino dell’autorità garante della concorrenza e del mercato (l'Antitrust), anche le aziende dell'influencer, Tbs Crew srl e Fenice srl. Tra gli impegni presi dalla Ferragni, come ha detto nel video, “il primo consiste in un contributo economico volontario, che è una donazione e non, dunque, una sanzione, per un minimo di 1,2 milioni di euro in favore dell'impresa sociale I bambini delle fate. Le mie società ora si assumono l'impegno, a cui tengo in modo particolare, della separazione totale delle operazioni commerciali delle società dalle attività benefiche che comunque non smetteremo di fare". Tutto regolare? Sembra ci sia qualcosa di strano e, a sollevarlo, è l’avvocato Massimiliano Dona, che si occupa proprio di queste tematiche e della tutela dei consumatori e che già in passato si era espresso proprio sull'imprenditrice digitale.
Inequivocabili le dichiarazioni di Dona, che offrono uno spunto di riflessione fondamentale: “Torno sul caso di Chiara Ferragni perché negli ultimi giorni arrivano due notizie che forse sono collegate. La prima, che arriva ieri, è che Chiara Ferragni rinuncia all'appello sul famoso pandoro gate. Era stata condannata, con le sue società, a pagare circa un milione di euro di multa dall'autorità antitrust, aveva fatto ricorso al Tar e la notizia di ieri è che rinuncia a questa impugnazione. Proprio oggi, l'autorità antitrust, su un altro procedimento, quello che riguarda le uova di Pasqua, dice che con Chiara Ferragni si è trovato un accordo. Un accordo per quello che potremmo chiamare una specie di patteggiamento. Di fatto, le società di Chiara Ferragni si impegnano a fare delle cose tra cui versare un altro milione e duecentomila euro a un’importante realtà che assiste i bambini in cambio della chiusura dell'istruttoria. Di fatto, quindi, l'autorità antitrust non approfondirà la sua indagine e non arriverà a una condanna perché, per l'appunto, si è trovato questo accordo, che tecnicamente si chiamano gli impegni. Ma qual è il punto? Che questa soluzione serve a evitare una condanna che invece sarebbe stata molto utile non soltanto per segnare un precedente per casi analoghi, ma anche per consentire a tutte le persone concretamente danneggiate di agire a tutela dei propri diritti. Oggi ben venga la beneficenza nei confronti dei bambini bisognosi, ma si preclude questa possibilità a eventuali interessati. Ecco perché noi non siamo tanto d'accordo con questo strumento, che pure è legittimo che l'autorità antitrust adotti, ma che in qualche modo è una soluzione che spiega che pagando si può uscire dai guai. Non mi sembra il miglior messaggio che si possa dare su un tema così delicato”.