Chiara Ferragni parla per la prima volta dallo scandalo dei Pandori: si è detta felice che il governo abbia riempito un vuoto normativo. Il ddl Ferragni, dice, impedirà di cadere in errore, lasciando sottinteso che i prossimi benefattori non avranno come lei la sfortuna di subire la terribile gogna capitata a chi, come lei, voleva soltanto fare del bene. Dunque pace fatta tra le due donne più influenti d’Italia, Giorgia Meloni e Chiara Ferragni, dopo gli attacchi dal palco di Atreju e le polemiche conseguenti. Ma cosa dice davvero il nuovo decreto? Aggiunge davvero qualcosa alla legge che già esisteva? Perché Chiara Ferragni può dirsi non soddisfatta, ma addirittura felice di avere un decreto legge che, impopolarmente, porta il suo nome? Sul caso è intervenuto Massimiliano Dona, l'avvocato influencer e presidente dell'Associazione Nazionale dei consumatori, che ha dedicato un paio di filmati alla vicenda. Secondo Dona, la legge Ferragni è inutile per due motivi: da un lato è inutile, in quanto è ovvio che bisogna essere trasparenti quando si fa beneficenza, e inoltre perché la legge, rispetto a quella già esistente, rischia addirittura di ridurre le sanzioni da pagare in caso di mancata trasparenza. Per spiegarla facile facile, la legge impone a produttore e influencer di specificare esplicitamente, sia sui prodotti che nelle foto o nei reel promozionali, la somma che verrà versata, le modalità e la data di versamento, la percentuale del prezzo che andrà in beneficenza o comunque l'importo destinato a un'eventuale associazione. Mettere tutto nero su bianco, insomma. Fin qui tutto bene, anche se viene da chiedersi come fosse possibile non averci pensato prima. Meglio, viene da chiedersi se anche prima chi non mettesse tutto nero su bianco non stesse cercando di fare il furbetto. In effetti, la nuova legge non ha aggiunto molto da questo punto di vista, e ne è prova il fatto che Chiara Ferragni, per pratica commerciale scorretta, è stata multata dall’Antitrust e indagata dalla Procura della Repubblica. Le leggi c’erano, eccome. Per quanto riguarda le sanzioni, invece, la questione è saltata agli occhi di tutti, esperti del settore e non: la nuova legge prevede un massimo di 50mila euro, ma Ferragni ne ha dovuti pagare non pochi in più, un milione, con la legislazione precedente. Come ha osservato anche il Codacons, nemico storico dei Ferragnez, una sanzione massima da cinquantamila euro è del tutto inadeguata ai guadagni che l’operazione commerciale, nel caso in cui fosse scorretta, può fruttare.
Un passo da gambero, come ha dichiarato Massimiliano Dona. Il famoso vuoto normativo citato dalla Ferragni, quindi, è una finzione. La legge c’era, altrimenti lei stessa non avrebbe dovuto pagare nessuna multa. A questo punto viene da chiedersi come sia possibile che la sua prima dichiarazione pubblica in seguito allo scandalo sia stata proprio questa scempiaggine. Non aveva assoldato un team di professionisti per riabilitare la sua presenza in pubblico? Visti i suggerimenti che riceve, sarebbe meglio lasciar perdere. Dichiarare che il governo avrebbe riempito un vuoto legislativo, quando come si è visto invece il vuoto non c’era, equivale ad ammettere di essersi infilata nell’unico buco che la legge aveva lasciato aperto, agendo in maniera oscura e, alla fine dei conti, truffaldina. Dal punto di vista della comunicazione, il peggio arriva nel proseguo della dichiarazione. L'imprenditrice digitale più famosa d'Italia dice che quanto è accaduto le ha fatto capire quanto sia fondamentale avere regole chiare per la beneficenza, se abbinata alle attività commerciali. Il ddl, aggiunge, impedirà di cadere in errore, e inoltre consentirà, a chi vorrà fare beneficenza, di non astenersi dal farlo per paura di incappare nella sua stessa situazione. Mi assolvo dai miei peccati, sembra voler dire la Ferragni. Non l'ho fatto apposta, le regole non erano chiare. È colpa della legge, mica mia. Io ero in buona fede. Mi sono pensata libera, forse un po' troppo. Ho sbagliato, è vero, ma sono contenta perché ho imparato che bisognava regolamentare i benefattori. Se l'ho fatto, è perché si poteva fare. Peccato che, dal momento in cui Selvaggia Lucarelli ha aperto il pandoro, ci si è accorti che in realtà non si poteva fare, e la legge già esistente abbia prescritto sanzioni maggiori alla Ferragni di quanto non gli sarebbe toccato di pagare con le novità introdotte dal ddl beneficenza. D’altronde è stata proprio lei, Chiara Ferragni, a sostenere che la beneficenza si fa e si dice, anche se, a conti fatti, chi gli consiglia le cose da dire in questo momento non le sta facendo del bene. Dare la colpa alle regole ricorda quelli che parcheggiano al posto delle persone con disabilità per poi dire che non avevano visto il cartello. Il cartello c'era, ci sarebbe bastato che la Ferragni non avesse fatto finta di non averlo visto. Chi, poi, le consiglia di continuare a non guardarlo, è ancora più ostinatamente disonesto. Altro che vuoto normativo; in tutta questa vicenda ce n’è soltanto uno di vuoto, ed è oramai incolmabile: il vuoto morale. E l’horror vacui non passerà, nemmeno mangiando tonnellate di pandoro.