Un’altra bomba social per Selvaggia Lucarelli. Dopo gli attacchi per la gestione della vicenda della ristoratrice morta nel Lodigiano, sui social piomba, proprio come una bomba, un’altra dichiarazione molto pesante. Si tratterebbe di una ragazza, Valentina Mazara, che ha realizzato un video su Instagram in cui racconta di essersi confidata con Selvaggia Lucarelli dopo esser stata vittima di uno stupro. Quello che Valentina sostiene nel video è che, a seguito della morte di una donna, per lei è arrivato il momento di raccontare la sua esperienza con Selvaggia, e che a suo avviso, la necessità di parlare è più importante dei suoi sentimenti e della sua protezione. Già, verrebbe da chiedersi: perché Valentina parla di “protezione”? Che cosa rischia parlando? Forse qualcosa ha a che fare con quanto racconta? “Nel 2008 sopravvivo a uno stupro di gruppo a Milano”: sono queste le parole sconvolgenti con cui esordisce la ragazza. Valentina scrisse alla Lucarelli su Messenger dopo il suo stupro in cerca di supporto: “Faccio un breve riassunto. Nel 2016 conosco il mio ex marito e nel 2017 mi trasferisco da lui a Roma chiudendo la mia attività in Sardegna. Non lavoravo, così lui chiede a un suo contatto di inserirmi come comparsa nei film. Dal nulla mi ritrovo sul set di “Poveri ma ricchissimi”. A quel punto, una volta sul set, un signore le si avvicinò più volte chiedendole informazioni personali e come fosse arrivata lì. Valentina, non conoscendolo e non avendo fatto nessun casting, pensò che quell’uomo fosse qualcuno a cui non andasse bene la sua presenza; informandosi con una collega, alla fine scoprì che quell’uomo era il regista. Quel regista, che tutti ricorderanno, si chiamava Fausto Brizzi. Come è noto, Brizzi è stato accusato di molestie sessuali da una decina di aspiranti attrici, ma solo tre di queste hanno sporto denuncia all’autorità giudiziaria, per presunti episodi avvenuti nel 2014, 2015 e 2017. “Io sono una delle tre donne che lo ha denunciato e l'unica ad averlo fatto entro i termini previsti”, denuncia Valentina. “L'ho fatto a volto coperto rischiando di avviare la causa da sola, per il terrore che avevano le altre donne” dice Valentina nel video. Purtroppo la ragazza, al momento della denuncia, non sapeva ancora che la Lucarelli fosse una cara amica di Brizzi. Essendo quindi all’oscuro di questo legame, avrebbe ingenuamente raccontato l'accaduto alla Lucarelli. Sempre secondo la versione di Valentina, a quel punto la Lucarelli avrebbe avuto le informazioni che lei le aveva dato nel 2008, scrivendone poi un articolo in cui la menzionava e parlava dello stupro subìto come “presunto”.
Lucarelli, lo ricordiamo, nel 2017 fu in prima linea nel difendere dall’assalto lanciato da Le Iene a Brizzi, parlando di “gogna” per il caso. Valentina, a quel punto, si sarebbe trovata costretta a richiedere al Fatebenefratelli di Milano, nove anni dopo, la cartella clinica del suo stupro, in modo tale da presentarla in udienza contro Brizzi. È proprio lì che le avrebbero detto, come ricorda nel video, che, avendo subìto uno stupro, che a quel punto non era più presunto, lei non fosse in grado di riconoscere una molestia. Valentina prosegue parlando della sofferenza psicologica: “Le ripercussioni psicologiche di una crudeltà così spietata le porto ancora addosso. Non ho mai ricevuto le scuse della Lucarelli per le sue illazioni, né private né pubbliche. Anzi ha continuato a definirmi una corteggiatrice di Brizzi” e che “lui si difese dicendo di volere una relazione con me nonostante fosse sposato”. Tutto questo, nota Valentina, “scrivendolo anche sulla pagina Facebook del Sindaco della mia città con annesse minacce di querela e un danno di immagine alla mia persona inquantificabile”. Ciò avrebbe scatenato l'odio anche dei suoi concittadini nei suoi confronti. È allora che lei avrebbe deciso di rivolgersi a degli avvocati, che le avrebbero consigliato di lasciare perdere e di non denunciarla, dicendole che la Lucarelli “camperebbe di queste cose” e che la sua ferocia in quel modo si sarebbe triplicata. Nel video la ragazza, evidentemente scossa, conclude dicendo: “Se non avessi avuto la priorità di una figlia piccola da crescere, non credo che avrei resistito a tutto questo. Perciò non riesco a tacere di fronte alla fame di scoop, che stavolta è costata la vita di una persona innocente a cui sarebbe opportuno restituire giustizia. Io sono una sopravvissuta alla violenza di genere e dedico queste parole a tutte le vittime che hanno dovuto affrontare da soli il proprio inferno a cui si è aggiunto quello di non essere state credute e difese”. Sono accuse pesanti quelle che Valentina Mazara sta facendo alla Lucarelli, accusandola di aver strumentalizzato la sua tragica vicenda per via di un’amicizia con Brizzi. Se tutto ciò fosse vero che cosa accadrebbe?
Il tutto inoltre è stato ripreso sul profilo Instagram dell’attivista Valeria Fonte, che sottolinea quanto troppe donne non vengano credute da nessuno, tantomeno dai tribunali. La logica è sempre quella della pubblica piazza in cui opinionisti e influencer dettano l’agenda. Il “Lodi-gate” e la sua tragica conclusione hanno aperto un ampio dibattito sul valore sociale dell’informazione. Risulta importante riflettere sulla narrazione e sui padroni della sua costruzione nei contesti divisivi, come i processi delicati quali quello che hanno coinvolto Brizzi o i casi di cronaca che toccano i valori della società. Come quello in cui Giovanna Pedretti si è trovata nel ruolo di vittima. Contro questa agenda si scaglia la Fonte, che riprendendo Valtina prosegue dicendo che la Lucarelli lamenta che ogni giorno ci sia qualcuno che se ne esce con qualcosa da dire su di lei. La vende come una corsa al carro del vincitore, che, secondo la sua personale opinione, sarebbe il suo. Tuttavia, per la Fonte, così non è. Questo fenomeno “ha un nome diverso. Si chiama ‘Me Too’. Ci sono innumerevoli donne o innumerevoli ristoratrici che lamentano (o non possono più lamentare) un trattamento a dir poco estraneo al codice deontologico del giornalismo. Alcune volte bisognerebbe capire che i potenti da smascherare non sono categorie già bastonate da tutte le parti. Soprattutto le survivor”. Valeria conclude dicendo che non sia rilevante se la storia di Valentina sia vera o meno, ma che: “È rilevante costruire una narrazione in cui alcune vittime sono più vere di altre, in cui raccontiamo a un milione di persone che in giro ci sono donne che rovinano la reputazione degli uomini e godiamo nel dire che una non è stata creduta da nessuno”. Forte indica nel modo di fare giornalismo della Lucarelli uno schema, il cui fine non è raccontare la verità, perché questa non esisterebbe, secondo la nota opinionista. Piuttosto, esistono LE verità e noi possiamo scegliere quali raccontare, per cui possiamo scegliere di non pubblicizzare una presunta finta denuncia e colpire verso l'alto e non verso il basso. La Lucarelli sul suo profilo Instagram, prendendo un fermo immagine del volto di Valentina, la ha apostrofata come personaggio assurdo sbucato fuori in questi giorni. Ma ha parlato di lei anche come persona bugiarda e pericolosa, come una persona che ha rischiato di mandare in galera più persone, arrecando dolore e provocando danni che difficilmente saranno riparabili. La Lucarelli, postando uno screen di un messaggio che le è arrivato privatamente, ha fatto sapere a tutti che denuncerà Valeria Fonte a causa delle sue storie su Instagram, in cui parlava, riferendosi alla Lucarelli, di istigazione al suicidio. Insomma, sui social è partita una guerra di tutti contro tutti, che si inserisce nel clima più generale di messa in discussione di coloro che, quotidianamente, dettano la linea del dibattito sui temi “pop”. Un novero ristretto di figure tra cui la Lucarelli spicca. E ora anche per Selvaggia è l’ora del crisis management: saprà gestire questo attacco? Ne seguiranno altri? Il rischio di un contrappasso sulla scia del caso-Ferragni da lei cavalcato non è da escludere. Ma, da garantisti, lo ribadiamo: fino a prova contraria vale, per tutti, la presunzione d’eccellenza. Anche per chi è abile a creare, molto spesso, tribunali social in cui ergersi ad accusa, giudice e procuratore al tempo stesso.