La vicenda di Giovanna Pedretti, cinquantanove anni, proprietaria insieme al marito di una pizzeria, le Vignole, di Sant’Angelo Lodigiano (provincia di Lodi) vicino a Milano, è troppo nota per entrare nei dettagli. Lo facciamo brevemente unicamente per discutere il punto che ci interessa e cioè la veridicità o meno di una certa recensione postata su Google da cui poi è nato tutto. Giovanna Pedretti si è suicidata il 14 gennaio 2024 nel fiume Lambro. Soffriva di crisi nervose. Ed era molto seguita dal suo medico di base. Prima però aveva cercato di tagliarsi le vene in macchina, da sola. Piccoli tagli, comunque. Avrebbe potuto procurarsene di ben altri se solo avesse voluto usare i portentosi coltelli che aveva in cucina. Qualche giorno prima era stata attaccata sui social per una presunta falsa recensione che avrebbe sfruttato la tematica della discriminazione dei gay e dei disabili per fare pubblicità al suo locale. L’accusa proveniva da Lorenzo Biagiarelli, il compagno di Selvaggia Lucarelli. In seguito al suicidio, entrambi sono stati soggetti a pesanti attacchi, tanto da dover sospendere le pubblicazioni sul suo profilo su X. Lo chef ha affermato che lo screenshot era stato modificato nella “topologia” e soprattutto nei font che “non sono quelli di Google”. Ma nel merito della recensione la situazione è abbastanza ingarbugliata come spesso avviene in questi casi. Concentriamoci quindi sull’episodio contestato, facendo un po’ di fact-checking, visto che “quelli famosi” su certi casi si tirano indietro. Chissà perché. La Pedretti era stata chiamata dai carabinieri proprio per chiarire la questione. La recensione su Google fotografata (perché adesso non compare più) e pubblicata sulla pagina Facebook della pizzeria riguardava in realtà un fatto avvenuto lo scorso aprile 2023. Recensione di un suo cliente che aveva lodato la pizza ma si era lamentato del fatto che l’avesse dovuta consumare insieme a dei gay ed un disabile, il che lo aveva infastidito. Giovanna aveva replicato saggiamente che nel suo locale non erano accettate discriminazioni ed aveva invitato il cliente a non tornarci più. La cosa era finita lì ma appunto tre giorni prima del suicidio, detta recensione e conseguente replica, era stata ripubblicata di nuovo dalla Pedretti in forma di screenshot e quindi non in originale. Questa volta l’esito è stato clamoroso perché pompato dai media il post è diventato subito virale. I social l’hanno santificata ma dopo l’intervento di Biagiarelli-Lucarelli il flusso si era invertito ed era stata sommersa dalle critiche.
Sic transit gloria web. Dai carabinieri –come dicevamo- era stata ascoltata come potenziale vittima dell’odio sui social ed aveva detto loro di aver ripostato il tutto perché aveva avuto di nuovo una visita da quel cliente e si era spaventata. I militi le avevano quindi chiesto se avesse qualche idea di chi potesse essere questo misterioso personaggio ma la donna aveva risposto di non averne proprio alcuna idea in preda ad una agitazione psicomotoria. I carabinieri le hanno chiesto un identikit ma lei non ha fornito il minimo indizio. Tuttavia il locale è piccolo, come del resto il paese (13.000 abitanti), ed è strano che non sia stato possibile riconoscere un cliente. Forse era di fuori ma proprio per questo dovrebbe rimanere impresso. In questo contesto si è inserito il post di Biagiarelli che ha contestato su basi tecniche che il post della Pedretti fosse originale. Questa vicenda ricorda stranamente quella di Gino Cecchettin. Da un suo presunto account erano partiti post sessisti e volgari, ma lui non ha mai smentito pubblicamente l’insinuazione. Un semplice “sì” oppure un altrettanto semplice “no” sarebbero bastati. In fondo l’abc del giornalismo insieme alle cinque W. E così è accaduto anche per le analisi sulla paternità del feto di Vanessa Ballan. Che fine aveva fatto l’analisi del feto annunciata e poi scomparsa nel nulla? Dopo il nostro articolo stranamente la risposta è stata finalmente data: era del compagno e non dell’ex amante e questo si è rivelato un fatto estremamente importante per l’inchiesta in corso ed ha forse anche fornito un movente, alla faccia di chi diceva di non impicciarsi di questi fatti. E anche nel caso Pedretti possiamo fare una domanda banale: si è chiesto a Google di chi è l’account? Sappiamo che c’è una indagine in corso e questo richiede naturalmente molta cautela ma la domanda è legittima se non doverosa per un giornalista. A che punto stanno quindi le indagini per appurare di chi è l’account? In un caso così eclatante immaginiamo che la Procura che indaga per istigazione al suicidio abbia fatto formale richiesta a Google per risolvere il dilemma che sarà comunque importante per appurare la verità. Nel frattempo l’avvocato della famiglia Pedretti ha assoldato un perito informatico per dirimere la intricata vicenda. Speriamo che questo articolo abbia dunque lo stesso effetto di quello sulla Ballan e i giornalisti tornino a fare i giornalisti.