Se pensate che l'argomento sia esclusivo appannaggio del femminismo cambiate pure articolo. Non leggete, andate avanti. In realtà il discorso è piuttosto articolato, perché si basa sulla volontà delle donne di avere o no dei figli. E sulla società che, ancora nel 2023, inculca a chi nasce di sesso femminile, che questi figli li "deve" avere, e che se non li fa debba sentirsi, in un certo qual modo mancante. Ora, questo pensiero, nelle credenze comuni, è sempre stato attribuito alla destra, ad un certo conservatorismo che vede la donna “angelo del focolare” e moglie e madre perfetta. Una roba del genere ce l'aspettiamo da una Costanza Miriano, insomma (il suo “Sposati e sii sottomessa” è quasi un cult del patriarcato), che ha sempre difeso la famiglia tradizionale. E invece, udite udite, chi ha dato un colpo al cuore alle donne autodeterminate, a qualche femminista o a chi semplicemente cerca di combattere tutti i giorni contro una mentalità fin troppo stantia? Michela Marzano!
Ecco, in soldoni, cosa dice la filosofa in un articolo su La Stampa
In quello che appare come uno sfogo, un'apertura intima verso chi la segue, Marzano scrive su La Stampa (e in un suo post su Instagram):
“Niente, non ce la faccio. Non ce la faccio proprio a fare la pace con la mia assenza di maternità. E anche quando penso che ormai va bene, sono tranquilla, ho fatto altro, sono madre in altri modi […] In realtà, basta un nulla e vado in crisi. Un’amica pubblica la foto del pancione, un’altra mi telefona per dirmi che ci siamo, dopo il maschietto arriva pure la femminuccia!, un’altra ancora mi mostra orgogliosa il video del figlio che gioca a pallone, e io crollo”.
“Cosa? Ma è proprio lei?” si è chiesta più di una persona (me compresa) che la segue e sa quale lotta lei porti avanti per i diritti femminili, non ultimo quello di scegliere o meno di essere madre, senza sensi di colpa. Dispiace dirlo, ma in queste parole c'è come una sorta di interiorizzazione (involontaria) del pensiero patriarcale. Che ti fa sentire “monca”, “sbagliata” se non hai figliato. Quasi come se intuisse queste obiezioni, Marzano poi specifica:
“Ma come? Starà senz’altro pensando qualcuno. Ancora con questa storia che una donna senza figli sarebbe necessariamente incompleta, insoddisfatta, imperfetta e infelice? Che cosa c’entra un figlio con la completezza o la felicità? Perché ci si dovrebbe illudere di colmare quel vuoto che caratterizza ognuno di noi – visto che se c’è una cosa che ci caratterizza tutte e tutti è proprio quello che non “siamo” e quello che non “abbiamo” indipendentemente da ciò che si “ha” e da ciò che si “è”? Per carità, tutto giusto, tutto vero. Lungi da me generalizzare la mia personale mancanza”.
E però no, non funziona così. Tu non sei semplicemente “Michela”, sei una donna che ha voce nel dibattito pubblico in qualità di filosofa sulle questioni femminili. Affermare una cosa del genere, seppur all'interno di uno sfogo, fa venire meno tutto il tuo impegno!
Il lavaggio del cervello ce lo fanno quando ci regalano il primo bambolotto (a due anni!)
In quell'interessantissimo libro/pamphlet che è “Contro i figli” della cilena Lina Meruane (uscito nel 2014 ma ristampato nel 2019), viene proprio detto chiaramente che un essere funesto si aggira arrogante nei meandri delle coscienze delle donne: il messaggero della procreazione. Se ci pensiamo bene, la genitorialità è un concetto che viene inculcato nelle menti delle piccole già dai primi anni di vita: il bambolotto con la sua carrozzina in dotazione, il kit di accudimento. E così vedi bambine di tre anni, con ancora il latte sulla bocca, che cambiano i pannollini ai bebé in plastica! Da lì al pubblico dominio del suo apparato riproduttivo è un attimo. Arriveranno (inevitabili) le domande sul “Perché non hai fatto figli?”, “Ancora niente bambini?”, “E come mai?”. Ma perché devo spiegarlo al mondo? E, soprattutto, perché devo sentirmi in colpa per il solo fatto di avere un utero che non ha generato prole? Intanto però il tarlo si è insinuato: la società sta facendo credere alla donna che non ha (ancora) avuto figli, o non ne vuole affatto, di essere difettosa, mancante. Allora si sentirà come si sente adesso Michela Marzano: sinceramente afflitta, in un senso di colpa che no, non dovrebbe essere palesato da parte di chi combatte proprio questi comportamenti. Altrimenti continueranno a volerci far sentire come quelle che hanno perso il treno, che sono arrivate tardi in stazione perché magari non funzionava l'obliteratrice, e che hanno addirittura inciampato per non perderlo, quel treno. Ma non c'è nessun treno da prendere. Ci sono solo scelte. Con cui poi, in un senso o nell'altro, bisogna fare i conti. I sensi di colpa non c'entrano. Michela Marzano dovrebbe saperlo.