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Che polemiche sui migranti
ci aspettano dopo Io Capitano?
Leggetele in anteprima
sotto il post della produzione

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

5 settembre 2023

Che polemiche sui migranti ci aspettano dopo Io Capitano? Leggetele in anteprima sotto il post della produzione
Il 6 settembre è il giorno della presentazione a Venezia di Io Capitano di Matteo Garrone, uno dei film più attesi dell’intera edizione che vedrà il regista alla prova con il delicato tema dell’immigrazione. I protagonisti sono due giovani senegalesi, Seydou e Moussa, i quali cercano di raggiungere l’Europa passando per l’orrore dei centri di detenzione libici. Nel frattempo, in Italia sindaci e governo si scontrano: da una parte si rivendica la scarsità delle risorse mentre dall’altra si definisce surreale la polemica. I migranti nel mezzo. Nel frattempo, sulla pagina Instagram della casa di distribuzione 01 Distribution, il dibattito tocca il suo punto più basso

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

“Mai mettere in discussione il fatto che mediamente fanno 8, 10 figli a testa… certi popoli dovrebbero imparare a comportarsi da esseri umani e non come conigli in riproduzione”. Dice Falco sulla pagina Instagram della 01 Distribution, che si è occupata della distribuzione nelle sale. Per noi italiani le ragioni di chi intraprende la traversata del Mediterraneo sono difficili da comprendere. Guerra o povertà: la spinta a muoversi è sempre violenta. Perché affrontare quel viaggio così pericoloso se non per una questione di vita o di morte? La questione, però, sembra essere proprio la vita. Io Capitano di Matteo Garrone sarà presentato al Festival di Venezia il 6 settembre e arriverà nelle sale italiane il giorno dopo. Il film è girato tra Marocco, Senegal e Italia e, oltre ad Archimede, la casa di produzione fondata dallo stesso Garrone, hanno partecipato alla sua realizzazione anche Rai cinema, Tarantula e Pathé films. Al centro della narrazione ci sono due giovani di Dakar, Seydou e il cugino Moussa, neanche maggiorenni quando decidono di intraprendere il cammino verso l’Europa. Una terra in cui sognare qualcosa di diverso. Dario, ancora su Instagram, commenta con acume questa loro scelta: “Scappano dalla guerra ma guarda caso puntano sempre in Europa”. In un’intervista al The Guardian, Garrone ha detto che l’Africa subsahariana è spesso dimenticata dalle narrazioni correnti sul tema delle migrazioni. Una popolazione giovane abita quelle zone. Persone pronte a viaggiare per trovare un futuro diverso. A muoverle è la curiosità e non solo la fame: i due protagonisti, infatti, sono due musicisti che già si immaginano mentre firmano autografi dopo i loro concerti. Nonostante quest’orizzonte di speranza, il viaggio reale è costellato di violenza. Uno dei due ragazzi viene ingaggiato dagli scafisti libici: sarà lui a guidare l’imbarcazione in mare aperto, verso le coste italiane. Lui è il capitano. Il film trae spunto da testimonianze reali di persone che hanno davvero compiuto il viaggio attraverso l’Africa in direzione dell’Europa. I racconti dei sopravvissuti sono stati raccolti dallo stesso Garrone, Massimo Ceccherini (di nuovo collaboratore del regista dopo Pinocchio) e Andrea Tagliaferri. Un materiale organizzato in una sceneggiatura che si preoccupa di far emergere la verità della storia, carne viva di un’avventura che in molti casi si conclude in maniera drammatica. Un’odissea raccontata da coloro che ne prendono parte. L’unica epica possibile nel nostro presente. “Propaganda!”, vomita Luca. Prima ancora di vederlo, già si sparano sentenze. 

Uno dei commenti su Io Capitano che hanno innescato il dibattito su Instagram di 01 Distribution
Uno dei commenti su Io Capitano che hanno innescato il dibattito su Instagram

Quella appena trascorsa è stata un’estate (l’ennesima) in cui il tema dei migranti è stato al centro del dibattito. I sindaci hanno manifestato il loro disappunto nei confronti del governo: le risorse sono poche, le strutture inadeguate e la mediazione culturale non sufficiente. Comuni di destra e sinistra hanno sottolineato la necessità di coordinamento da parte dell’amministrazione centrale. Da giugno fino a metà agosto ci sono stati circa 700 sbarchi al giorno. Nei primi otto mesi del 2023 il numero totale degli sbarchi è stato lo stesso di tutto il 2022. Abbiamo superato già quota 100 mila. Siamo solo a settembre ma la quota di minori non accompagnati ha già superato il totale dell’intero 2021. Più del triplo rispetto ai posti disponibili nelle strutture del sistema di accoglienza italiano. I bambini morti, nel frattempo, sembrano essere 289 (dato di luglio). Gli annegati complessivi più di 2000, secondo stime probabilmente a ribasso. Una situazione che aumenterà in maniera decisa a causa della crisi climatica. Inutile ricordare i dati forniti dalla Banca mondiale: entro il 2050, 216 milioni di persone potrebbero essere costrette a lasciare il proprio paese. Per noi occidentali, che abbiamo preteso l’universalità dei diritti, questo dovrebbe essere inaccettabile. Ma è davvero così?

Il dibatitto su Io Capitano sulla pagina Instagram di 01 distribution
Il dibattito che si è aperto su Instagram nel post della produzione

Polvere lasciata sotto il tappeto. Una metafora che stride e che fa venire la nausea: stiamo parlando di persone non di pulizia della casa. Cifre, statistiche e previsioni. Stime che, nel migliore dei casi, prevedono meno sbarchi. Non importa se questi siano diminuiti a causa delle partenze ridotte o dei naufragi. Il cimitero del mediterraneo è gratis e ci risparmia le spese di smaltimento. Le istituzioni, non prendiamoci in giro, devono tener conto dei dati e non lasciarsi andare a retorici sentimentalismi che renderebbero ancora più grottesca l’azione europea. Ma cosa resta di tutto ciò a noi cittadini. Dove si nasconde l’umano? Ecco, allora, che parlare di arte e di cinema trova ancora un senso. Abbiamo ancora bisogno di vivere il dolore del nostro presente. Il cinema ci fornisce un’opportunità per guardare in faccia il mostro, mantenendo la giusta distanza per non esserne divorati. L’arte non guarisce le ferite. Un cinema che fornisce l’immagine di un mondo a lieto fine è falso. Una pagina che si definisce nella bio “per animi poetici” (così si definisce nella bio) commenta il trailer del film su Instagram: “Sembra che il cinema italiano sappia raccontare solo storie di immigrazione, come se non ci fosse nient’altro che vale la pena raccontare”. Ci sfugge l’elenco dei film che negli ultimi anni hanno riempito le sale parlando di questi temi. Io Capitano di Garrone ci fa capire, al contrario, che c’è bisogno di più cinema, di più arte. Perché lì possiamo scoprire l’umano. Uomini e donne vivi, in carne e ossa. Consapevoli delle statistiche, certo, ma consci del fatto che quei numeri respirano.

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